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Crisi eno-diplomatica tra Canada e Cina: dopo 14 mesi agli arresti, le autorità cinesi processeranno i proprietari della cantina Lulu Island con l’imputazione di “contrabbando”, per aver dichiarato valori troppo bassi alla dogana del Paese asiatico

“Eldorado” a fasi alterne, se non addirittura futuro mercato di riferimento della produzione enoica globale: i tassi di crescita economici della Cina hanno portato negli ultimi anni molti ad indicare il futuro del nettare di Bacco, italiano e non, come indissolubilmente legato alle performance del mercato asiatico. Ma al di là della veridicità o meno di questo assunto, rimane un dato di fatto, e cioè che si ha pur sempre a che fare con un Paese nel quale non vige lo stato di diritto, a partito unico e nel quale i media sono diretta emanazione del Partito. E a ricordarlo arriva, ultima in ordine di tempo, la più recente evoluzione di un caso giudiziario che sta mettendo seriamente sotto pressione i rapporti tra Canada e Cina.
Nel corso del marzo 2016 John Chang e Allison Lu, i due coniugi proprietari della cantina della British Columbia Lulu Island Winery (la più grande della regione), furono infatti arrestati dalle autorità cinesi, con l’accusa di contrabbando, avendo dichiarato alla dogana valori molto inferiori al reale per quanto riguardava le importazioni di propri vini nel Paese. Il primo dei due si trova in carcere, e in attesa di giudizio, da quattordici mesi, mentre sua moglie è a piede libero da gennaio, anche se è stata privata del passaporto, e quindi della possibilità legale di lasciare la Cina. Lulu Island non è un nome qualsiasi nel panorama delle importazioni enoiche canadesi oltre la Muraglia: secondo la propria pubblicistica aziendale, la cantina produceva il 20% di tutto il vino esportato in Cina dal Paese nordamericano, e quindi è possibile vedere nel trattamento draconiano inferto ai due non giovani proprietari una sorta di rilancio diplomatico per mettere sotto pressione la politica canadese.
Cosa che, prevedibilmente, sta succedendo: il trattamento riservato ai due, che rischiano una pena dai dieci anni di carcere all’ergastolo in un sistema “giudiziario” nel quale le condanne penali sfiorano il 100% dei casi, è infatti all’ordine del giorno nello scontro politico tra il governo Trudeau e l’opposizione conservatrice. Inoltre, secondo quanto dichiarato in un briefing paper dagli avvocati della famiglia Chang, il vero motivo per il quale ai due sarebbe stato riservato un simile trattamento risiederebbe nel fatto che, a differenza di quanto fatto da altri produttori di vino accusati del medesimo reato, Lulu Island ha professato la propria innocenza e rifiutato il pagamento di sanzioni pecuniarie. Sanzioni che è forse esagerato, ma di certo plausibile, vedere come una sorta di pizzo istituzionalizzato, o quantomeno come un obbligo di acquiescenza a priori ai diktat di un regime totalitario.
Il processo dei coniugi Chang dovrebbe cominciare nei prossimi giorni, sempre che di processo sia possibile parlare seriamente: nel frattempo l’azienda è guidata dalla figlia di 23 anni Amy, ma a quanto pare i tempi della politica, sia interna del Canada che internazionale, sembrano ben poco adatti a salvare i due produttori canadesi da un destino tutt’altro che semplice.

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