02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il vino nel mondo e il mondo nei territori, il digitale, l’economia delle emozioni: il futuro del Brunello di Montalcino (e del vino italiano) per Zachariassen (Vivino), Pantini (Wine Monitor), Marcello Masi (Linea Verde) e Giuseppe De Filippi (Tg5)

Mercati del mondo da conquistare ancora di più di quanto già fatto, appassionati dei quattro angoli di un pianeta sempre più “stretto” ed accessibile a molti grazie alla “low cost revolution” dei trasporti da portare nei territori, frontiere relativamente nuove da esplorare e da comprendere, per sfruttarne tutte le potenzialità, come quelle del digitale, che oltre che opportunità di business è strumento ormai fondamentale per capire i cambiamenti e, se possibile, anticiparli, compreso quello che da anni sta interessando la grande critica tradizionale del vino, che continua ad avere un ruolo importante, ma alla quale, soprattutto i giovani, preferiscono altro per farsi un’opinione: passa da qui il futuro del Brunello di Montalcino, uno dei più grandi rossi d’Italia, come del resto quello di tutta la produzione enoica di qualità del Belpaese. Ecco, in estrema sintesi, le riflessioni del convegno “La grande sfida del Brunello: i mercati del futuro”, oggi a Montalcino, nelle celebrazioni dei 50 anni dalla fondazione del Consorzio del Brunello, moderato da Luciano Ferraro del “Corriere della Sera”, che ha visto sul palco Heinie Zachariassen fondatore della App Vivino (23 milioini di utenti nel mondo, 2 in Italia, che consente di scannerizzare, condividere, valutare e ora anche comperare con pochi click oltre 200.000 diverse etichette di vino), Denis Pantini di Wine Monitor - Nomisma, Marcello Masi, già direttore del Tg2 e conduttore di “Linea Verde” e de “I Signori del Vino”, e Giuseppe De Filippi, vice direttore del Tg5.

Per i vini italiani, spiegano tutti, sono molte le prospettive di crescita, soprattutto sui mercati esteri, in particolar modo intercettando i Millennials, cioè quei consumatori che hanno una fascia d’età compresa tra 18 e 35 anni. Secondo i dati di Wine Monitor presentati oggi, sono loro i maggiori bevitori di vino rosso negli USA (62%) e tra i principali in Canada (66%). Tra i rossi che in questi due paesi i Millennials hanno acquistato o consumato nell’ultimo anno spicca il Brunello (26% in Canada e 18% in USa), insieme alle altre grandi denominazioni nazionali quali il Barolo, il Chianti e l’Amarone. “Abbiamo analizzato anche il posizionamento del Brunello nel canale dell’e-commerce, interessante soprattutto all’estero - commenta Denis Pantini - anche qui il peso dei Millennials è fondamentale ma, per i primi tre mercati esteri di consumo di vino (Usa, Uk e Germania), i grandi rossi italiani, Brunello compreso, soffrono di un posizionamento di prezzo inferiore rispetto ai vini francesi, oltre che di una presenza in termini di referenze più ridotta. Si può certamente ancora lavorare in questa direzione. In Italia, invece il prezzo medio di una bottiglia di Brunello comprata via e-commerce è sui 34 euro, anche se a spendere di più sono gli over 65, a 39 euro, e proprio i Millennials”.

Un vino, il Brunello, ha sottolineato ancora Pantini, che in Italia si vende praticamente tutto nella ristorazione: “è presente nelle carte dell’86% dei ristoranti stellati, da un nostro sondaggio, mentre solo il 4,8% dell’intera produzione viene venduta nella Gdo che, invece, veicola oltre il 68% di tutto il vino italiano”.

Stando alle diverse ricerche realizzate da Wine Monitor, per il futuro vanno tenuti in considerazione anche altri aspetti che esulano dalla sola “denominazione” e che attengono principalmente i Millennials americani, per i quali nella scelta del vino contano soprattutto il “brand” e il packaging piuttosto che la tipologia e il vitigno del vino.

“A nostro avviso - conclude Pantini - la vera sfida per il Brunello è da cercare in Cina, per la quale tutti gli istituti di ricerca internazionali sono concordi nel stimare prospettive di crescita dei consumi di vino rosso che nei prossimi anni potrebbero quasi raddoppiare. Si tratta di una sfida ardua, in un contesto monopolizzato dai francesi e dove il fattore prezzo è ancora discriminante negli acquisti di vino. Ma siamo sicuri che il Brunello ha tutte le carte in regola per cogliere e vincere questa sfida, ancora una volta”.

Un’altra interessante sfida, che proietta il mondo dell’enologia nel futuro, come detto, è quella del digitale, come ha ricordato il fondatore di Vivino, Heini Zachariassen. “Vivino stimola la comunità di wine lovers a conoscere e apprezzare vini meravigliosi da tutto il mondo - ha detto - e lo fa attraverso la tecnologia e contenuti informativi ed educativi che aiutano gli amanti del vino a tutti i livelli ad acquisire consapevolezza sul contenuto del loro prossimo bicchiere”. Ma una dei punti di forza della App, tutte, è anche quello di raccogliere i “Big Data” dai propri utenti. E, per esempio, sul Brunello, dai dati di Vivino emerge che se ne consuma molto di più in inverno (dicembre) che in estate (Giugno), e che il consumo si concentra soprattutto nelle grandi città come Roma, Milano e Napoli, e ovviamente in Toscana, a Montalcino e non solo. Ed emerge anche, per esempio, che le etichette di Brunello di Montalcino più “scannerizzate” dagli utenti di Vivino, alias “The World’s Most Popular Brunello Wines”, sono firmate, nell’ordine, da Banfi, Frescobaldi, Fattoria dei Barbi, Biondi Santi, Castel Giocondo, Cantine Leonardo, Cecchi, Piccini e Il Grappolo.

“Quando penso all’eccellenza nella produzione vinicola, penso immediatamente all’Italia – ha aggiunto il fondatore di Vivino - e all’incredibile contributo al settore da parte dei produttori del Brunello. Così come le aziende di Montalcino guardano al futuro, allo stesso modo la comunità di Vivino segue i loro prossimi passi. Dopotutto, è l’opinione del consumatore quello che fa il futuro del vino”. Una opinione, che, spiega ancora Zachariassen, se nel passato si è formata soprattutto grazie ai giudizi della grande critica internazionale di personaggi come Robert Parker con il suo “The Wine Advocate”, o di riviste come “Wine Spectator”, che pure continuano ad avere un ruolo fondamentale, tra i giovani, oggi, si forma sempre di più proprio sulla rete, dove si guarda soprattutto alla condivisione e ai giudizi assegnati da coetanei, amici e parenti. “E sorprendentemente, abbiamo notato che i giudizi espressi dai nostri utenti (oltre 500.000 al giorno) con il nostro sistema di rating da 1 a 5 stelle, alla fine, soprattutto per i vini considerati di maggiore qualità, sono sostanzialmente in linea con quelli della critica tradizionale e riconosciuta”. Quello che la tecnologia e un’App come Vivino consentono, però è anche di acquistare vino con pochi click su uno smartphone. “Possibilità che abbiamo già attivato in diversi mercati, e che da fine 2017 lanceremo anche in Italia”, ha detto ancora Zachariassen.
Ma, al di là di numeri, quello che conta, e fa pensare che il bicchiere del vino italiano sia molto più che “mezzo pieno”, ha commentato Marcello Masi, “è che il Brunello come tanti altri territori del vino italiano, dall’Etna a Valdobbiadene, possono vendere emozioni, l’unica cosa che si riesce a vendere in questa epoca, sui giornali, nei negozi sul web. Emozione che non è solo uno stato d’animo, ma è economia al 100%, fatta di territorio e uomini, e qui, come in tante zone d’Italia, ci sono uomini straordinari e territori straordinari. Risorse che vanno messe a sistema con condivisione, con lo stare insieme, perchè insieme si può cresce all’infinito, mantenendo la qualità e superando in facilità tutti i Paesi del mondo, per la grande varietà di territori che in Italia abbiamo.
Io ho girato tutte le regioni italiani in 7 mesi, e nel settore agricolo e del ho trovato un entusiasmo incredibile. Tutto questo va sostenuto, perchè l’enogastronomia è l’unico settore che può avere successo in Italia. Ma la politica non l’ha ancora capito, e punta ancora su altri settori”. Da qui passa il futuro dunque, come, del resto, per lo sviluppo dell’enoturismo, come ha ricordato il vicedirettore del “Tg5” Giuseppe De Filippi. “È un aspetto sempre più fondamentale. Come, del resto, sarebbe imporante che anche noi della stampa guardassimo a questo settore con più interesse, e con meno pigrizia. Perchè nel mondo del vino c’è tanta voglia di novità, ci sono tanti progetti interessanti, e dobbiamo raccontarli di più, invece che fare sempre gli stessi servizi sugli stessi argomenti”.
“Come sugli chef - aggiunge Masi - che ormai sono stati infilati ed utilizzati in ogni dove, ma di cui la gente, secondo me, inizia anche un po’ a stufarsi. Mente se si racconta la cultura del vino, e soprattutto le storie di persone che lavorando in agricoltura, che fa parte della nostra cultura ancestrale, ce l’hanno fatta, l’interesse c’è, e le persone ci seguono”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli