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Sicilia en Primeur 2017 - Sicilia “continente” enoico per eccellenza che vive nell’unità delle sue differenze e in cui i contrasti sono sempre pronti a generare una eccellenza distintiva. E il vino è, senza dubbio, una tra quelle

La Sicilia è un meraviglioso “continente enoico”, che ha dentro molteplici stili produttivi ma soprattutto un’incredibile varietà biotica. E questo mosaico fatto di innumerevoli tessere è tenuto insieme dalla bellezza di un paesaggio modellato dalla storia e dalla natura. Dove tra differenze e contrasti, è sempre in “agguato” l’eccellenza distintiva di particolari elementi.

Ecco il messaggio del convegno “Sicilia, paesaggio senza tempo”, a Sicilia en Primeur 2017 (28-29 aprile, Radice Pura Resort di Giarre), l’evento di Assovini Sicilia per presentare la nuova annata 2016.

“La vera grande forza della Sicilia è quella di avere caratteristiche pedoclimatiche estremamente variegate - ha spiegato Francesco Ferreri, presidente Assovini Sicilia - che le permettono di non avere una sola espressione vinicola, ma di essere paragonabile a un vero e proprio continente vitivinicolo. Una sorta di Trinacria enologica che è in grado di offrire vini con caratteristiche completamente differenti. Dai vini di Pantelleria, frutto di una viticoltura eroica e di un clima africano, a quelli dell’Etna dove i vigneti si trovano anche oltre i 1.000 metri di altezza, fino a quelli - conclude Ferreri - del Sud-Est come i vini di Noto, di Vittoria o di Erice che sfruttano peculiarità climatiche ancora diverse”.

Ma questa incredibile peculiarità siciliana viene da lontano e si nutre di contrasti e contraddizioni come seppe ben fotografare Goethe definendo la Trinacria un “deserto di fecondità”. “La Sicilia è da sempre mare e vigneti come già ci diceva Omero nell’Odissea - Giuseppe Barbera, professore di colture arboree all’Università di Palermo - e Teocrito si spingeva ancora più in là descrivendo che nell’isola non c’è bisogno di coltivare, perché grano, orzo e uva nascono inseminate. Anche i toponimi sono intrisi di storia del vino, basti pensare che, per esempio, Taormina era l’antico nome di un vigneto. La “Conca d’Oro” del Catanese, fatta di acqua, vite e arance, è stata una specie di folgorazione per gli Arabi che venivano dal deserto. In questo senso - continua il professore - anche colture alloctone come il fico d’India sono state come inglobate dalla Sicilia che le ha rese parte del suo paesaggio caratteristico. Insomma - conclude Barbera - il paesaggio siciliano è stato modellato dalla storia e dalla natura che qui ha trovato particolari condizioni favorevoli e poi è stato in grado di evolversi e armonizzare anche biodiversità provenienti da alti luoghi”.

Una capacità singolare che ha dato vita ad una incredibile convivenza di elementi apparentemente distanti, basti pensare all’agave che cresce accanto all’abate o, per guardare all’antropizzazione, il cemento che convive con la pietra antica. Elementi contrastanti, insomma, sempre in grado di produrre un “novum”.

Tornando al vino un “novum” è appena entrato a regime: è la Doc Sicilia, uno strumento di aggregazione per le aziende e di salvaguardia per i clienti finali, in grado anche di governare questa straordinaria varietà vitivinoicola. “La Sicilia, con 100.000 ettari vitati, è il primo vigneto per estensione dell’Italia - ha affermato Antonio Rallo, presidente del Consorzio Doc Sicilia e dell’Unione Italiana Vini (Uiv) - rappresenta il 2% della produzione mondiale di vino e la sua estensione coltivate a vite è doppia di quella della Nuova Zelanda. Ecco che la Doc Sicilia diventa uno strumento fondamentale di governo per una realtà così importante, tra l’altro, proponendo immediatamente il binomio vino-isola, un’unità che vive nelle sue differenze”.

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