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Cina, il 2017 dell’import di vino inizia in chiaro scuro: nel primo trimestre 2017, secondo dati doganali, i volumi crescono del 5,6%, ma in valore il calo è del -3,6%. Dopo il boom del 2016, i magazzini sono pieni, ed i prezzi scendono ...

Il 2017 della Cina inizia in chiaro scuro: nel periodo gennaio-marzo, come raccontano i dati ufficiali delle dogane, resi pubblici da “Decanter China” (www.decanterchina.com), le importazioni di vino imbottigliate sono continuate a crescere, ma solo in volume (+5,6%), mentre in valore hanno mostrato un calo del -3,6%, con un conseguente calo del prezzo medio. Una tendenza che segna una frenata dopo un 2016 vissuto a tutta velocità: nel primo trimestre dell’anno scorso, infatti, la crescita sullo stesso periodo 2015 fu addirittura del 31% in volume e del 47% in valore su base annua. E che riguarda, in un modo o nell’altro, tutti, anche l’Australia, le cui esportazioni nel 2016 sono cresciute del 40%, mentre in questo primo scorcio dell’anno, nonostante un +14,9% in volume sul primo trimestre 2016, in valore perde l’8,6%, il che vuol dire che le importazioni cinesi guardano a vini decisamente meno cari. E non va meglio alla Francia: ad una crescita delle spedizioni, in volume, del 10%, fa da contraltare un calo in valore dell’8,8%.
Una tendenza, certo, ma non una regola. Nel caso delle importazioni dagli Usa, infatti, la dinamica è contraria: volumi giù del 14,2%, valori su addirittura del 63%. Mentre in termini di topologia sono le bollicine a fare meglio di qualsiasi altro, crescendo sia in volume (+21,5%) che in valore (+35,7%). “La crescita degli ultimi due anni - commenta a “Decanter China” Alberto Fernandez, managing partner di Torres China - è da ricercarsi essenzialmente in due fattori: l’aumento del numero di importatori ed un enorme aumento delle spedizioni da parte delle società di logistica. I nuovi importatori, infatti, hanno prima di tutto bisogno di stoccare il vino, e le compagnie di logistica offrono a questo boom il servizio giusto di import diretto per grossisti, piattaforme di e-commerce, imprese, ristoranti e bar. Il business del vino - continua Fernandes - non ha alcuna barriera in Cina, chiunque può diventare importatore e molte grandi corporazioni, sia private che partecipate dallo Stato, sono nel vino”. Questi nuovi player, in quest’ultimo periodo, hanno riempito i magazzini, sperando nella crescita dei consumi. Che c’è stata, “ma non allo stesso ritmo con cui sono cresciute le importazioni”, aggiunge il professor Li Demei, una delle massime autorità di Cina in materia enoica.
“Molti investitori - dice Li Demei - hanno cercato di guadagnare quote di mercato facendo leva sui prezzi bassi, che possono spuntare solo garantendo enormi volumi d’acquisto. Questo ha creato una sorta di ingolfamento nei canali distributivi, creando un rallentamento delle importazioni. Le risposte commerciali alle iniziative come quella di Alibaba di settembre, inoltre suggeriscono che se i grandi brand hanno una certa facilità nel piazzare i loro vini, i marchi meno noti trovano difficoltà a raggiungere i consumatori: l’e-commerce, comunque, non può essere la soluzione a tutto, specie perché il basso prezzo online - continua Demei - non garantisce la qualità del produttore e non c’è garanzia neanche sul servizio stesso al momento dell’acquisto online, un boom che rischia di non durare se i consumatori continuano a dover fare i conti con cattive esperienze. È importante considerare le cifre relative alle vendite, oltre a quelle che riguardano l’import, quando si analizza il mercato cinese: anche se molti produttori d’Oltreoceano hanno venduto una quantità enorme di vino in Cina negli anni scorsi - conclude il professor Demei - sembra che le vendite non siano andate di pari passo. Dobbiamo essere consapevoli che il consumo instabile può nuocere al futuro sviluppo del mercato”.

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