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Sorpresa, il 2017 vedrà la riscossa dell’economia russa, provata dalla crisi del 2015, ma per il vino italiano non sarà facile tornare a correre, perché Mosca vuole tornare ai fasti del passato, finanziando 85.000 ettari di nuovi impianti

Italia
La Russia punta alla indipendenza enoica

Sorpresa, il 2017 vedrà il ritorno in territorio positivo dell’economia russa, a dir poco provata dalla crisi del 2015, ma per il mercato del vino non sarà facile riconquistare le quote perse, perché Mosca ha tutta l’intenzione di tornare ai fasti del passato, quando il Paese era praticamente autarchico, e la vite copriva una superficie complessiva di 275.000 ettari. Oggi i numeri raccontano altro, sono solo 85.000 gli ettari vitati nella Federazione Russa, ma qualcosa, in questo breve lasso di tempo, è cambiato, come racconta da Vinitaly il vice ministro delle Politiche Agricole russo, Ilya Shestakov. “la svolta, per il settore enoico, è arrivata nell’agosto 2015 - spiega Shestakov - quando la competenza sul vino è passata dal Ministero degli Alcolici a quello dell’Agricoltura, che ha portato ad un piano di sostegno governativo capace di far crescere di 5 volte i finanziamenti pubblici, con un progetto a lungo termine di cui si iniziano già a vedere i primi risultati. Nel 1984, uno dei più prosperi, la superficie vitata era di 275.000 ettari, oggi sono appena 85.000 ettari: secondo il programma del Ministero nel 2025 dovremmo raddoppiarla. Per farlo, quindi, dobbiamo impiantare 10.000 ettari l’anno, ma abbiamo la potenzialità per impiantare la vite in altri 200.000 ettari”.

I trend, del resto, sono cambiati enormemente: negli ultimi 20 anni il consumo dei superalcolici si è dimezzato, e quello del vino è più che raddoppiato (+230%). Il consumatore di oggi, quando si parla di vino importato, beve soprattutto italiano, davanti a Francia, Spagna, Cile e Georgia. “Ma è importante focalizzarsi sulle dinamiche di prezzo - riprende il vice Ministro dell’Agricoltura di Mosca - ben diverse rispetto all’Italia: una bottiglia che esce dall’azienda a 5 euro arriva sullo scaffale a 19 euro (in Italia, mediamente, a 7 euro), ma i vini sopra i 18 euro rappresentano una quota di mercato appena del 4%. Una bottiglia di prezzo medio, in Russia diventa quindi una nicchia per pochi. La fascia 5-13 euro è invece la più sostanziosa, si parla quindi di vini davvero di basso prezzo”.

E questa non è di certo una buona notizia per il vino italiano che, al contrario, proprio sulla crescita del prezzo medio nei mercati esteri sta spendendo gran parte delle proprie energie. Argomento che non pare scaldare il vice Ministro Shestakov, che anzi punta al coinvolgimento delle aziende italiane nel piano di rinascita enologica russa, supportato anche da un esempio pratico. “Un investimento da 1 milione di euro in Russia - racconta - per costruire una cantina e 20 ettari di vigneto, si ripaga totalmente in 14 anni, permettendoci di produrre vini da meno di 8 euro destinati al consumo di massa (la popolazione russa è di 140 milioni di abitanti, ndr). Oggi la situazione è difficile, con la svalutazione del rublo e le sanzioni internazionali, ma nel 2017 siamo pronti a tornare a crescere”.

Focus - Dalla crisi alla rinascita: l’economia della Russia tra il 2015 ed il 2017

Il 2015 è stato un anno terribile per l’economia russa, con il Pil crollato al -3,7%, ma anche il 2016 ha chiuso in territorio negativo (-0,2%), mentre nel 2017 è prevista la ripresa, tra il +1,5 ed il +2%. Questo influenza il prezzo del petrolio come l’andamento del rublo rispetto alle altre valute, tanto che nel 2015 l’inflazione record è stata del +15,5%, scesa nel 2016 al +5,4%, e scendono anche gli stipendi, che torneranno a crescere solo quest’anno dopo due di calo. Questo vuol dire un calo degli acquisti del 10% nel 2015 e del 5,2% nel 2016. Il trend è quello ovviamente di non spendere, con il 75% dei russi che, in questi ultimi due anni, ha deciso di risparmiare su tutto, dalla spesa al ristorante, dai vestiti alla tecnologia. Tutti hanno la percezione (85%) di vivere un momento recessivo. Anche l’ottimismo per il 2017 non è alle stelle: solo il 12% del vino consumato nel 2016 è importato, contro il 25% del 2013, e questo si riflette su tutte le fasce di prezzo, anche se la dinamica riguarda ogni tipologia di prodotto dei wine & spirits, con il vino che oggi rappresenta il 19% in valore di tutti gli alcolici venduti ed il 24% in volume.

In questo panorama, la quota italiana è comunque importante: i vini tricolore rappresentano il 13% in valore ed il 9% in volume dei vini di fascia bassa, dove la produzione nazionale, con una quota in valore del 31%, la fa da padrone. Sulla fascia premium, invece, il Belpaese è leader del mercato, con il 33% dei valori ed il 31% dei volumi. Nel 2015, come detto, qualsiasi categoria di alcolici ha subito un tracollo delle importazioni, ma il vino italiano ha pagato un prezzo altissimo, con un calo del -29% nei vini fermi e del -39% nelle bollicine in valore. Nel 2016 la situazione è tornata sotto controllo, ed il 2017 dovrebbe essere l’anno della svolta, a meno che la rivoluzione autarchica non tarpi le ali della ripresa.

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