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Castello Banfi lancia “Sanguis Jovis”, centro di ricerca e formazione sul Sangiovese. Un modello multidisciplinare unico in Italia, aperto a tutto il territorio di Montalcino e a chiunque lavorisul vitigno rosso più coltivato in Italia

Italia

Da Vinitaly Banfi lancia “Sanguis Jovis”, centro di ricerca e formazione sul Sangiovese. Un modello multidisciplinare unico in Italia, aperto a tutto il territorio di Montalcino e a chiunque lavori sul vitigno rosso più coltivato in Italia. L’obbiettivo del progetto, coordinato dal professor Attilio Scienza, è quello di accrescere e diffondere la cultura del Sangiovese, per contribuire a dare a Montalcino un ulteriore fattore di posizionamento distintivo nel mondo del vino, sia a livello internazionale che nazionale.

L’obbiettivo è quello di accrescere e diffondere la cultura di questo vitigno, per contribuire a dare a Montalcino un ulteriore, e innovativo, fattore di posizionamento distintivo nel mondo del vino, sia a livello internazionale che nazionale. Presidente di “Sanguis Jovis” è il professor Attilio Scienza, professore di enologia all’Università di Milano, direttore scientifico il professor Alberto Mattiacci della Sapienza di Roma, entrambi membri del Comitato Scientifico della Fondazione Banfi, presieduta da Rodolfo Maralli.

“L’attività di sperimentazione di Banfi viene da lontano - spiega il professor Scienza - ciò che è un po’ mancata è stata la comunicazione. Questa iniziativa è quindi importante, come importante è il suo protagonista. Il Sangiovese è un vitigno che ha viaggiato. In Francia, per la precisione in Corsica, si chiama Nelluccio ed è usato per i rosati. Le sue origini sono campano-calabre e come tutti i grandi vitigni ha lasciato figli nelle migliori zone: in Puglia il Sussumaniello, in Calabria il Gaglioppo, nell’Etna il Nerello. Si tratta di un vitigno difficile - continua Scienza - incapace di dare buoni risultati fuori dal suo habitat più vocato. Gli esperimenti in Australia e in California hanno fatto dato risultati piuttosto deludenti. Solo in Toscana riesce a dare il meglio di se stesso. In altre parole - afferma il docente dell’Università di Milano - il suo comportamento è opposto a quello, per esempio, del Cabernet che ormai non ha più identità territoriale in Francia, perché riesce ad esprimersi in modo molto buono anche in molte altre parti del mondo. Insomma - conclude Scienza - il Sangiovese ha le sue radici in Toscana e lì resteranno”.

“È un progetto multidisciplinare - spiega il professor Mattiacci - un contenitore capace di mettere a contatto giovani laureati con figure operative del mondo del vino e con ricercatori, per costruire un lavoro mirato che produrrà contenuti editoriali (diffusi dal sito www.fondazionebanfi.it) e una “Summer School” dal titolo “Sangiovese 4.0, innovazione scientifica e culturale per il Sangiovese nel mondo”, che partirà il prossimo settembre. Si tratta, in accordo con la cultura imprenditoriale americana, di una “restituzione al territorio” per permettere a tutte le imprese di Montalcino di crescere ulteriormente”.

Il programma del centro si muoverà su tre linee di attività complementari che sono la ricerca scientifica, con l’ideazione e la conduzione di progetti sperimentali; l’alta formazione, con corsi e seminari finalizzati a formare una nuova cultura del vino, indirizzati sia a giovani neolaureati che a persone già impiegate nel settore; la comunicazione della conoscenza, attraverso materiali divulgativi.

“I progetti della Fondazione sono rimasti un po’ dormienti - spiega il Presidente della Fondazione Banfi Rodolfo Maralli - e “Sanguis Jovinis” rappresenta non soltanto un rilancio della Fondazione ma del territorio di Montalcino. Montalcino è famoso nel mondo per merito di un vitigno il Sangiovese, che però non è poi così conosciuto. Noi vogliamo ricucire questo gap e abbiamo messo su un pole di studiosi con la Fondazione a fare un po’ da strumento legislativo per portare in porto questo progetto, sperando anche di attrarre finanziamenti pubblici, comunitari, privati, perché è un progetto in cui crediamo molto. E crediamo molto nella formazione di nuove generazioni di tecnici, studiosi, e manager - conclude Maralli - per un territorio come quello di Montalcino e magari crei un effetto domino anche per le altre zone ad alta vocazione viticola dell’Italia”.

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