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Gualtiero Marchesi e l’omaggio ai capolavori dell’arte: dalla tela al piatto, da Sky Arte al ristorante Marchesi alla Scala, il maestro della cucina italiana interpreta Cézanne, Pollock, Fontana e Chagall per la “Milano Art Week” (fino al 30 aprile)

Dalla tela al piatto, da Sky Arte al ristorante Marchesi alla Scala a Milano, il maestro della cucina italiana Gualtiero Marchesi interpreta Cézanne, Pollock, Hsiao Chin, Manzoni, Fontana, Malévich, Chagall, Sava e Velasco in un menu che è la sintesi perfetta di come anche l’alta cucina possa essere arte pura. Lo fa, in occasione della “Milano Art Week” (fino al 2 aprile) per la Miart 2017, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano organizzata da Fiera Milano, presentando in carta, fino al 30 aprile (www.marchesi.it), i 9 piatti dedicati ad alcuni dei più famosi artisti al mondo ed ai loro capolavori, già protagonisti della recente trasmissione su Sky Arte “Piatti e cocktail d’arte”.
L’omaggio a Paul Cézanne è una “Dadolata di salmone con le sue uova, salsa di yogurt e punte d’asparagi”, in cui un festone floreale emerge dal piatto: il salmone appena scottato, le punte di asparago, una salsa allo yogurt per dare acidità, le uova di salmone per salare. Il “Dripping di pesce” è invece un omaggio a Jackson Pollock e alla sua tecnica dello sgocciolamento del colore: il fondo di maionese leggera, il bianco dei calamaretti e delle vongole, accanto al rosso della passata di pomodoro, al nero, ottenuto unendo alla maionese il nero di seppia e al verde della maionese alla clorofilla di prezzemolo. Solo nel momento in cui si inizia ad assaggiare il dripping, distruggendone la composizione, si ricrea fino in fondo la suggestione di un quadro alla Pollock. “Oriente e Occidente: riso al curry, code di gamberi saltate” è il piatto dedicato a Hsiao Chin, e prende spunto e si ispira ad un suo quadro del 1959 di Hsiao Chin, in cui alla macchia centrale corrispondono quattro pennellate ai lati del foglio. Poi ci sono le “Achromes di branzino”, l’omaggio all’amico Piero Manzoni e alle sue “Achromes alla francese” o, come anche le chiamava, “superfici acrome”, una declinazione infinita del bianco, uno spazio totale con minime increspature, il cui concetto è applicato ai filetti di branzino o di salmone, tagliati obliquamente e disposti uno dopo l’altro. “Il rosso e il nero” non può che ricondurre a Lucio Fontana: un’onda rossa copre tre quarti del piatto e s’infrange in basso contro una riva di lava (la salsa al pomodoro leggermente piccante, fredda, tipo gazpacho, opposta ad alcuni pezzi di coda di rospo, cotti nel nero di seppia), in un piatto freddo e tiepido, rosso e nero, liquido e tenero. La “Costoletta di vitello alla milanese del 2000 secondo Gualtiero Marchesi” è invece un omaggio a Kazimir Malévich, tagliata in cubetti, con accanto l’osso sparpagliato a reggere la composizione e al tempo stesso invitandosi a farsi spolpare. Per Marc Chagall il maestro ha creato “Tre gusti per un dolce”, numero emblematico che sta per infinite possibilità o golosità. Lo “Zabaione leggero al Marsala, spaghetti di riso fritti” è ispirato, anche nei colori tufacei, da una scultura di Salvatore Sava. Infine all’origine dell’omaggio a Velasco, “Pera cotta al vino rosso, crema inglese e croccanti di zucchero in due colori”, c’è una lunga sequela di vele dipinte dall’artista.

“Gli artisti sono stati clienti e amici di una Milano giovanile - ricorda Marchesi - già nel locale dei miei genitori passavano regolarmente Monicelli, Fontana, Visconti, Testori. E sicuramente la conoscenza di Calvi, Manzoni, Baj, Tadini, Spoldi, Hsiao Chin, Del Pezzo, D’Orazio, Scalvini e tanti altri, ha contribuito a formare il mio personale immaginario. Ripensando al piacere che mi dava la musica e al lavoro del cuoco, mi sono reso conto che il nesso che li accomuna riguarda la durata, dal momento che un brano e un piatto vivono solo attraverso la loro esecuzione. Una grandezza, ma anche, se vogliamo, un limite. Da questa considerazione e per ritrovarne l’aspetto materico, è scattata l’idea di rendere omaggio ai quadri di alcuni pittori, quelli che più amo. Non li definirei degli esercizi estetici, ma il tentativo di mostrare che la cucina è uno dei linguaggi possibili e che, in certi casi, ha la forza e le prerogative del linguaggio artistico”.

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