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Classico, versatile, di lusso, piace soprattutto agli uomini under 40: l’Amarone visto dagli Usa (ricerca WineMonitor-Consorzio Valpolicella), dove ha tirato la crescita 2016 dei vini del Veneto in uno dei principali mercati esteri

Italia
Classico, versatile, di lusso, piace soprattutto agli uomini under 40: l’Amarone visto dagli Usa nella ricerca WineMonitor - Consorzio Valpolicella

L’Amarone della Valpolicella, uno dei più importanti vini d’Italia è considerato un vino classico, versatile e di lusso: il profilo del suo consumatore medio è maschio, under 40 e newyorkese: emerge dal convegno, organizzato dal Consorzio di Tutela dei Vini della Valpolicella, e intitolato “Mercati e Tutela della Denominazione”  (relatori: Denis Pantini di Nomisma, Paolo Veronesi di Società Italiana Brevetti, Gianluca Billo di Nomen Italia, Olga Bussinello, direttore Consorzio), a Pescantina, finalizzato ad approfondire il panorama dei vini della Valpolicella nel mercato statunitense, oltre ad analizzare il tema della tutela e del nome delle denominazioni. 
Il primo dato è che Verona è la prima provincia italiana per export di vino: da sola copre il 41% dell’export della Regione Veneto (2 miliardi di euro) e il 36% dell’intera Penisola. Si tratta di un risultato che deriva dalla crescita nell’export dei vini rossi Dop della regione, aumentato di oltre il 2% rispetto allo stesso anno precedente e, in tale ambito di quelli della Valpolicella che nello stesso periodo hanno consolidato il loro trend di sviluppo.
Secondo i dati dell’Osservatorio permanente sui vini della Valpolicella, curato da Wine Monitor Nomisma, l’estero rappresenta una componente fondamentale soprattutto per il mercato dell’Amarone, essendo la propensione all’export pari a circa il 65% del prodotto imbottigliato, con Germania, Usa, Svizzera come principali paesi di destinazione (congiuntamente, questi tre mercati assorbono circa il 40% dell’export). Seguono Uk, Canada e Svezia. Ancora piuttosto marginale, ma comunque in costante crescita, è l’export verso i paesi extra europei, in particolare quelli asiatici: in Cina e in Giappone, il “Grande Rosso” ha visto crescere a doppia cifra il suo export sul 2015 e la Russia, che, dopo un periodo di calo, ha mostrato una volontà e propensione a tornare un Paese importante per le esportazioni dei vini della Valpolicella. Sempre dall’Osservatorio emerge come nel 2016 l’export (in valore) delle imprese produttrici di Amarone sia cresciuto complessivamente del 3% rispetto all’anno precedente, con aumenti rilevanti nel Regno Unito e in Svezia.
Lo stesso per il Valpolicella Ripasso: nel 2016 ha visto il 75% della produzione di questa Dop destinata all’estero. Svizzera (26%), Canada (18%), Germania (11%) rappresentano i principali Paesi di destinazione, che insieme rappresentano circa il 55% delle bottiglie esportate. Seguono Regno Unito (7%), e Stati Uniti (4%). Complessivamente, l’export di tale vino nel 2016 è cresciuto a valori di quasi il 4%.

Anche per il mercato nazionale, il 2016 ha mostrato segnali di crescita nelle vendite dei vini della Valpolicella. Secondo i dati Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale), nell’anno appena trascorso le vendite di Valpolicella sono cresciute del 9% rispetto al 2015, del 23% quelle del Ripasso e del 19% quelle relative all’Amarone.
“Focalizzandoci sui Rossi della Doc del Veneto, possiamo inoltre notare come questi siano cresciuti nel 2016 negli Stati Uniti del 6% rispetto all’annata precedente” - ha evidenziato Denis Pantini - e la survey realizzata da Wine Monitor per il Consorzio di Tutela sui consumatori americani ha messo in luce una forte predilezione verso questi vini soprattutto da parte dei Millennials che, come risaputo, incidono per oltre il 40% nei consumi di vino negli Usa”.
“Svolgiamo molte iniziative a tutela dei nostri marchi Amarone, Valpolicella, Ripasso, Recioto nonostante siano stati registrati dalla Camera di Commercio di Verona - ha infine concluso il presidente del Consorzio, Christian Marchesini - e da cinque anni chiediamo alla Camera di trasferirceli. Ci troviamo in talune situazioni per cui se volessimo tutelare i nostri produttori, corriamo il rischio di vederci rigettare l’eventuale azione legale perché non legittimari del marchio”.

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