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La complessità è la ricchezza del vino italiano, ma per crescere nel mondo serve una semplificazione, ed un ripensamento delle strategie di posizionamento: il messaggio di Wine Management Lab Bocconi (con Uiv, Federvini, Ice, Assoenologi, Ismea)

Comunicare il vino italiano all’estero in modo più semplice: raccontandone la grande ricchezza, che sono i territori culturali, accompagnandoli però dal brand Italia (che è il terzo più noto al mondo) e basando la gamma non su troppe fasce di prezzo, bensì su tre fasce di occasioni di consumo. Questa, in sintesi, la ricetta presentata dal Wine Management Lab nella tavola rotonda “La via italiana per la leadership internazionale. La prospettiva del vino”, organizzata alla Sda Bocconi, a Milano, dove gli esperti del Lab - Armando Cirrincione e Roberta De Sanctis - hanno anche anticipato le prime evidenze di due ricerche, che saranno poi presentate in tre workshop (di scena a giugno e settembre 2017 e febbraio 2018).
Innanzitutto vediamo il contesto in cui ci muoviamo. Il consumo di vino nel mondo è in crescita e cresce la domanda di vini premium, diminuisce quella di vini popular. I nuovi consumatori sui mercati internazionali non conoscono il vino, ma ne sono attratti. Dai nuovi consumatori il vino è consumato sempre più in occasioni di elevata visibilità sociale. Il vino nel mondo è sempre più un fenomeno di tendenza: da generica e tradizionale bevanda funzionale al pasto, il vino diventa prodotto “fine”, ossia ricco di significati simbolici.

Per tracciare la strada del vino italiano verso i mercati esteri e rafforzarne la leadership, Wine Management Lab ha condotto due ricerche: una sul “Posizionamento del vino italiano sui mercati internazionali” è stata condotta assieme all’Ice in 21 Paesi (tra cui gli Usa, il Giappone, il Brasile, la Russia e la Cina), intervistando 170 operatori, mentre la seconda “Orientamenti strategici dei produttori italiani di vino” ha preso come campione 340 aziende di vino fermo e 160 aziende di vino sparkling (tuttora in corso).
Sul tema del posizionamento del vino italiano sui mercati internazionali, la prima domanda da porsi è come viene raccontato il vino italiano dagli operatori del mondo. E le categorie più utilizzate sono varietà e bio-diversità (100%), autenticità, tradizione, passione (90%); associazione con il cibo italiano (70%); lifestyle italiano con eleganza, gusto, creatività, dolce vita, leggerezza (80%); buon rapporto qualità prezzo (100%). Il Prosecco è il vino italiano più citato dagli operatori, perché maggiormente in linea con le caratteristiche dei nuovi consumatori e perché facile al palato, veicola pienamente il lifestyle italiano (eleganza, creatività, gusto, gioia di vivere, leggerezza). E come viene percepito il vino italiano, rispetto a quello francese e a quelli dei new comers (California, Cile, Australia)? Dalla ricerca emerge che la qualità del vino italiano ormai è fuori discussione ed a volte risulta anche superiore al vino francese. Per vendite a volume siamo i primi al mondo, ma a valore e come immagine siamo i secondi. In pratica, non riusciamo a trasformare la qualità in un prezzo adeguato.
“Il problema del vino italiano è che è difficile da comunicare, perché ci sono troppe cose da raccontare”, ha spiegato Cirrincione. “Ecco perché il vino italiano deve scegliere la sua identità distintiva e capire su quali elementi puntare la narrazione. La grande varietà dei vini italiani disorienta sia il (nuovo) consumatore internazionale, che dell’Italia conosce pochissimi vini e pochi territori, sia il trade, che preferirebbe una semplificazione. Il trade stesso confonde le Regioni con le denominazioni o con i nomi dei vitigni”.
Alcuni vini sono riconosciuti e citati da tutti gli operatori (Barolo, Chianti, Prosecco), ma il resto è estremamente frammentato.
Che cosa suggeriscono gli operatori internazionali? Il vino è una componente essenziale del lifestyle italiano e più di altri prodotti alimentari ha un potenziale portato simbolico in grado di posizionarlo come riferimento primario delle associazioni con l’universo “Italia”: la cultura, l’arte, il territorio, la creatività, la dolce vita, l’eleganza, la leggerezza, la passione. ll vino deve fare sistema con gli altri ambasciatori della qualità italiana. E, guardando al futuro, dunque, le priorità strategiche dei produttori italiani di vino sono e saranno sempre più nei prossimi anni la crescita, ma difendendo la marginalità, e la conquista di mercati esteri. Le leve con cui intendono perseguire queste strategie sono il posizionamento premium, il branding e una maggiore influenza sulla distribuzione. Gli strumenti su cui costruire il posizionamento dei brand sono risultati essere l’autenticità e il territorio. “I territori sono la parola chiave che emerge da entrambe le ricerche”, dice Cirrincione.
Ma dalla ricerca è emersa anche la criticità della distribuzione. Sull’estero perdiamo il controllo, perché facciamo largo uso di importatori e puntiamo su un ingresso in numerosi mercati contemporaneamente. Le scelte distributive suggeriscono azioni sulla gamma: e il tema è come conciliare la razionalizzazione della gamma con la stratificazione su sei livelli di prezzo (da popular a icon). Per il Wine Management Lab la varietà e la tipicità dei vini italiani, il legame con il territorio culturale e le sue specificità, l’attenzione all’autenticità, sono un elementi strategico nella vision dei produttori italiani. L’Italia può trasferire attributi simbolici rilevanti al proprio vino proprio perché alcuni tratti caratteristici dell’Italia sono “fine” nella percezione dei consumatori. In questo senso - secondo Cirrincione - val la pena comunicare il vino italiano associandolo al brand Italia che è noto, e non soltanto alla tipicità del territorio”. Inoltre, sarebbe forse più opportuno abbandonare la segmentazione dei vini basata sul prezzo, con ben sei fasce da value a icon, per abbracciarne una nuova, più semplice ed efficace perché basata sulle esperienze dei consumatori, che a seconda delle occasioni di consumo, suddividendola in “drink”, “fine” e “special”.
Alla tavola rotonda hanno partecipato anche Barbara Renoldi di Assoenologi, Isabella Marinucci, responsabile Area Vini di Federvini, Antonio Rallo, amministratore delegato di Donnafugata e presidente Unione Italiana Vini, Michele Scannavini, presidente Italian Trade Promotion Agency e Fabio del Bravo di Ismea. Michele Scannavini (Ice) ha sottolineato la difficoltà di raccontare la varietà del vino italiano: “in Cina il problema è la conoscenza dell’Italia stessa, non tanto quella del vino e del territorio. Abbiamo fatto una ricerca. Dei consumatori cinesi, il 90% non ha saputo dare un attributo al vino italiano: una marca, una Regione. Il 45% sceglie il vino sulla base della nazione di provenienza. Il tema fondamentale è dare un valore al vino italiano partendo dalle caratteristiche dell’Italia. Una cosa più profonda di questa è sbagliata. Negli Usa vino italiano è leader con 32% del mercato, ma il prezzo medio è la metà di quella francese. Avere un vantaggio nel rapporto qualità prezzo sia un bene. Il tema non è tanto aumentare il prezzo. Dobbiamo puntare sul modello Italia del bello e ben fatto rispetto al modello del lusso francese. È un approccio del made in Italy che funziona”.
È d’accordo anche Fabio del Bravo (Ismea): “le oltre 500 varietà italiane sono una ricchezza difficile da comunicare già in Italia, figuriamoci nei Paesi del Far East. Già avere consapevolezza di questa difficoltà e vedere come superarla è un tema importante. Pensiamo agli Usa primo consumatore mondiale di vino, previsto in crescita grazie a chi ancora non lo consuma più che dall’aumento della quantità di chi già lo beve. Ma sono nuovi consumatori poco colti”.
Secondo Barbara Renoldi (Assoenologi), “il vino italiano porta con sé tutta la ricchezza dei nostri territori. Bere vino non è una gratificazione fisica, ma culturale e bisogna insistere nell’inserire nel vino storie e racconti, così si farà arrivare il giusto messaggio”. Per Isabella Marinucci (Federvini), “l’Italia si deve e si sta separando dal confronto con la Francia. Ma prima di fare il passo verso un aumento del prezzo bisogna creare la percezione del prodotto. Il prodotto c’è, ma bisogna fare attenzione a proiettare il vino italiano su una percezione luxury. Io direi di continuare su questa strada”. Antonio Rallo ha sottolineato l’importanza di aver creato la Doc Sicilia, che dà la possibilità ai vini dei piccoli territori di sfruttare un brand noto. Ma, come presidente di Unione Italiana Vini, ha allargato il discorso al panorama nazionale: “il vino italiano è sempre più percepito come sintesi di stile, cultura, qualità. È un trend che però dobbiamo consolidare rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese all’estero. Fare sistema per valorizzare sui mercati internazionali le sfaccettature della nostra produzione e dei territori di origine - ha detto Rallo - è la strada da percorrere se vogliamo conquistare un posizionamento migliore nei Paesi focus del nostro export. Varietà, diversità e ricchezza dei nostri territori, sono un patrimonio da proteggere e da promuovere che bisogna comunicare con molta attenzione. L’eccessiva frammentazione della proposta italiana di vini, infatti, rischia di creare confusione nel consumatore: la qualità espressa da ciascuno di essi, può pertanto risultare più difficile da comprendere. In questo contesto, Ice gioca un ruolo fondamentale grazie alle proprie competenze specifiche in strategie di marketing e comunicazione: attraverso azioni congiunte tra Ice e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione. È necessario mettere a punto una strategia per creare maggiori sinergie tra gli investimenti del pubblico e del privato, tema sul quale il consiglio di Unione Italiana Vini (Uiv) si è espresso in maniera chiara anche nei lavori del “Tavolo del Vino” al Ministero dello Sviluppo Economico nelle scorse settimane. Alle istituzioni pubbliche spetta l’onere di finanziare attività di formazione e comunicazione del sistema “vino italiano”, alle imprese la responsabilità della promozione dei singoli brand. Solo così - conclude Antonio Rallo - potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora spesso poco conosciuti all’estero”.
Fausta Chiesa

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