02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il vino italiano e le prospettive nel mondo, e le tante sfide aperte in Ue sul fronte politico, Ocm su tutti: a Prowein, numeri ed analisi di Unione Italiana Vini, con Antonio Rallo, ed Herbert Dorfmann, presidente Intergruppo Vino al Parlamento Ue

Italia
Antonio Rallo

Una situazione complessivamente positiva e di crescita quella del vino italiano nel mondo, ma che non consente di eccedere in facili entusiasmi, perchè in Usa si teme che la politica di Trump possa inserire nuovi dazi, in Uk c’è da capire se e come impatterà la Brexit e in Cina si continua ad investire tanto ma in numeri sono ancora bassi seppur in crescita. Ma, in generale, si guarda con positività al futuro, consapevoli che tanto è stato fatto ma tanto c’è da fare. È l’estrema sintesi dell’incontro “Italian wine: figures and outlook. Usa, China, Germany, Brexit: market risks and opportunities”, organizzata da Unione Italiana Vini a ProWein 2017.
“Il sistema del vino italiano si presenta in buona salute, dinamico e reattivo. A confermarlo sono anche i recenti dati dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini relativi all’export 2016 - ha spiegato il Presidente di Unione Italiana Vini Antonio Rallo - che parlano di 5,6 miliardi di euro con un incremento del 4,3% sul 2015, come dicono i dati dell’Osservatorio sul Vino di Uiv, Istat e Ismea (https://goo.gl/yhBNez). Risultati positivi che devono servire da ulteriore stimolo per migliorare le nostre performance, soprattutto in Paesi chiave come Usa, Uk, Cina: in questi Stati per crescere con successo, serve sempre di più fare sistema, definire nuove strategie e nuovi progetti di promozione e comunicazione. Solo così potremo sviluppare attività realmente efficaci nel valorizzare sia i nostri vini sia i territori ricchi e variegati che l’Italia esprime e che, purtroppo, sono ancora poco conosciuti all’estero”.
E inoltre, nel mondo, si deve investire tanto, anche perchè le cose, in generale, non sono floridissime: “il 2016 è stato une degli anni più difficili in assoluto per gli scambi mondiali - ha detto Brunella Saccone Manager Wine and Beverage Division dell’Ita-Italian Trade Agency/Ice) - per via di tutte le incertezze politiche che ci sono in tanti Paesi, e perchè quelli emergenti non sono cresciuti così tanto come si credeva”.
E infatti, commenta Rallo,“sul mercato Usa aleggia l’incertezza dovuta alla nuova presidenza Trump. Non vorremmo, infatti, che nonostante l’accordo Ue del 2006 per la disciplina degli scambi, gli Usa si orientassero verso una sorta di moderno protezionismo, facendo fare un salto indietro nel tempo alle politiche commerciali internazionali in essere. Cosa ancor più grave se si pensa che gli Stati Uniti si confermano il primo mercato per il nostro vino. Secondo elaborazioni dell’Osservatorio del Vino su dati Istat, le importazioni di vino italiano in Usa hanno chiuso il 2016 con una progressione del 5,5% in valore superando 1,35 miliardi di euro (per 3,3 milioni di ettolitri). Sono soprattutto le bollicine ad aver determinato questo passo in avanti. La domanda a stelle e strisce degli spumanti italiani è cresciuta del 31% in valore e del 24% in volume. Numeri soddisfacenti che però non corrispondono a un’adeguata valorizzazione sul piano economico del prodotto. Il nostro duplice obiettivo sarà incrementare l’export contestualmente al valore pagato per bottiglia. Per ottenere questo risultato - aggiunge Antonio Rallo - si rivela indispensabile una campagna di comunicazione istituzionale che racconti il sistema vino nel suo complesso, fornendo chiavi di lettura per esaltarne le peculiarità e le sfaccettature che rendono il nostro vino mai banale. In tal senso, stiamo lavorando insieme a Ice per scrivere il piano promozionale sul vino negli Usa che prevede un investimento di 20 milioni di euro per i prossimi tre anni”.
Tra gli altri grandi Paesi su cui c’è grande incertezza, spiega ancora Rallo, c’è il Regno Unito. “È il terzo mercato per il vino italiano - ricorda il presidente di Unione Italiana Vini - e vale 764 milioni di euro (+2,3%). È anche il primo mercato di esportazione per i nostri vini spumanti con 1 milione di ettolitri nel 2016, per un valore di oltre 365 milioni (+33%). È fondamentale, pertanto, capire come Brexit impatterà sulla politica di scambi commerciali nel settore. Il nostro auspicio è che sia possibile raggiungere un accordo bilaterale soddisfacente per il comparto “Vini e Spirits”. Risulterà indispensabile che siano mantenuti e riconosciuti i regolamenti Ue, nonché la protezione delle indicazioni geografiche e i diritti di proprietà intellettuale. Fondamentale, inoltre, che l’import del nostro vino e le procedure di circolazione siano semplificati e non vessati da tariffe che ne danneggerebbero la competitività. Un dato che potrà avere un peso specifico rilevante nelle trattative - puntualizza il Presidente Rallo - credo sia quello relativo all’export di Spirits UK in Europa, che vale ben 2,1 miliardi di Euro. Forse uno spunto che gli amici del Regno Unito potranno cogliere per trovare un accordo in tempi stretti. Noi siamo pronti a fare la nostra parte insieme ai colleghi europei del Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev)”.
Altro mercato strategico per il futuro, dove fino ad oggi sono stati tantissimi gli investimenti, e dove si cresce nonostante in numeri assoluti restino ancora relativamente piccoli, c’è la Cina - prosegue Rallo - che si conferma un Paese dalle grandi opportunità per il comparto vitivinicolo italiano, poiché registra nel mondo tassi di incremento tra i più alti, sia dei consumi sia delle importazioni. Nel 2016 cresciamo in valore del 13,8% (101 milioni di euro) e in volume dell’11,4% (299.000 ettolitri). È un trend che dobbiamo consolidare, rafforzando l’impegno promozionale del nostro Paese con azioni sistemiche che vedano insieme imprese e Istituzioni. Grazie ad azioni congiunte tra Ice e le aziende, contiamo di raggiungere nel medio termine risultati di assoluta soddisfazione”.
Solida certezza si conferma, invece, “la Germania, Paese che ci ospita in questi giorni e che è il secondo mercato d’interesse per il nostro export, torna a crescere sensibilmente rispetto al 2015, con un +1,7 in valore (977 milioni di euro) e un +0,5 in volume (5,56 milioni di ettolitri) - spiega il Presidente Rallo. Merita un particolare rilievo soprattutto per la domanda di vino italiano biologico: è il Paese al primo posto tra gli importatori con una quota del 38%. A netta distanza seguono gli Stati Uniti, la Svizzera, la Svezia, il Canada e la Gran Bretagna. La Germania rappresenta il primo importatore mondiale di vino biologico con un volume annuale pari a oltre 30 milioni di bottiglie, principalmente provenienti dall’Italia e dalla Spagna”.
Se questo è il quadro economico complessivo, con l’export di vino italiano che cresce in tutti in più importanti Paesi, e con l’Italia che è leader assoluta in mercati come Usa e Germania, però, si deve guardare al futuro con molta attenzione, anche sul fronte Ue, che “non è solo un mercato che rappresenta i 2/3 della produzione, del consumo e delle esportazioni di vino nel mondo”, ha ricordato l’onorevole Herbert Dorfmann, Presidente Intergruppo Vino al Parlamento Europeo, aggiungendo che “per il settore agroalimentare queste sono settimane calde. A fine 2016, con la proposta di Regolamento Omnibus da parte della Commissione europea, è infatti ufficialmente partito il processo di revisione intermedio della Politica Agricola Comune (Pac) 2014-2020. A tal proposito sono pronto a dialogare con il comparto vitivinicolo per valutare e condividere eventuali suggerimenti. La Commissione Europea ha pubblicato un report in merito all’etichettatura di ingredienti e calorie per gli alcolici. All’interno del Regolamento 1169/2011, in particolare, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di analizzare quali potessero essere le possibilità per il settore. Sono molto soddisfatto della decisione di dare la concreta possibilità al settore di autoregolamentarsi nell’attesa di trovare soluzioni condivisibili entro un anno. Sono estremamente fiducioso al riguardo e credo che questa possa essere un’ottima opportunità per il settore”.
Anche se, ricorda Dorfmann, ci sono da considerare tanti rapporti con i Paesi obiettivo.
“Sul fronte Usa, di certo c’è un forte squilibrio tra quanto vino viene esportato dall’Europa e quanto vine importato in Ue dall’Unione, e questo potrebbe essere un appiglio per l’amministrazione Trump per proporre nuovi dazi, anche se in realtà non credo che l’industria vitivinicola degli Stati Uniti non abbia interesse a spingere in questo senso, perchè le importazioni di vino dall’Europa in America non danneggiano la produzione nazionale.
Sul fronte Brexit, la prossima settimana il Primo Ministro May dovrà iniziare a portare le proposte in sede Ue, e sarà interessante vedere cosa succederà. Certo se arrivassero nuovi dazi sarebbe un problema, ma in quel caso l’Ue potrebbe rispondere tassando di più le esportazioni di alcolici dal Regno Unito verso l’Europa, una contropartita importante, quindi non credo ci saranno grandi problemi.
Ma ci sono anche tante novità positive: dalla ratifica del Ceta con il Canada, che è un mercato importante. E soprattutto, è un accordo in cui c’è un riconosciemento decisivo del sistema delle Indicazioni Geografiche, che potrebbe essere un precedente importante, un modello da seguire per altri Paesi e altri accordi extraeuropei. E poi c’è in dirittura di arrivo l’accordo con il Vietnam, che è un piccolo mercato che però ha potenzialità importanti, c’è quello con il Giappone a cui lavoriamo da tempo.
Certo è che dobbiamo muoverci, perchè gli altri non stanno a guardare: penso agli accordi tra Australia e Cile con la Cina, grazie ai quali le performance di questi Paesi in Asia sono cresciute moltissimo”.
Ma Dorfmann, intervistato da WineNews, ha parlato anche di Ocm e di come l’Europa vede il caos degli ultimi mesi sulla misura promozione in Italia: “l’Ocm è uno strumento importantissimo, di cui l’Italia ha beneficiato molto nei primi anni di applicazione. Il vino, peraltro, insieme all’ortofrutta, è un settore che ha ancora un regolamento a parte rispetto all’Ocm complessiva, e lavoriamo perchè continui ad essere così. Certo è che quando si va a parlare di distribuzione dei fondi, serve credibilità, e quello che sta succedendo in Italia negli ultimi mesi non fa bene al settore. Speriamo che le cose si risolvano rapidamente, perchè sarebbe un peccato sciupare le opportunità che l’Ocm presenta per i produttori”.

Federico Pizzinelli

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024