02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Senatore Dario Stefàno, su autorizzazioni di impianto: “rivedere con urgenza la norma che consente alle aziende di spostare le autorizzazioni da una Regione ad un’altra anche solo con affitti, si mina il patrimonio regionale”

Italia
Il senatore Dario Stefàno, oggi, nel “Gruppo Misto” ed ex coordinatore degli assessori all’Agricoltura delle Regioni

Il vino italiano è un mondo bellissimo ma complesso, se non complicato. Una condizione che, gioco forza, si traduce anche nella legislazione in materia. Che, nonostante dichiarazioni di concordia di massima su principi generali, all’atto pratico poi, scontenta ora questo o ora quello. Gli ultimi tempi parlano chiaro: dal Testo Unico del Vino al registro telematico di cantina, prima da molti agognati, e poi al momento della loro concretizzazione pesantemente criticati da alcuni, per non parlare delle ormai famigerate questioni sull’Ocm Vino promozione. E non poteva mancare, in questo contesto generale, il tema delle autorizzazioni di impianto. Dopo un mezzo flop della campagna 2016, la prima del nuovo regime passato dai diritti di impianto alle autorizzazioni, con richieste arrivate per 10 volte il plafond disponibile (oltre 60.000 ettari sui poco più di 6.000 a disposizione dell’Italia, stessa quota che ci sarà nel 2017, ovvero l’1% del vigneto complessivo, il tetto massimo fissato dal nuovo regolamento Ue, ndr), la filiera aveva richiesto al Ministero una revisione del decreto nazionale per fissare priorità e criteri premianti per le aziende vitivinicole, visto che la maggior parte delle richieste, nel 2016, è arrivata da realtà di altri settori agricoli.
E sebbene qualcosa nel decreto nazionale sia stato recepito (priorità alla piccole e medie aziende, anche se le dimensioni premianti le stabiliscono le Regioni, conduzione biologica e finalità sociali di realtà come onlus), alcuni aspetti, come il fatto che l’accesso ai bandi regionali sia poi rimasto di fatto aperto ad ogni tipologia di impresa agricola, ha fatto storcere il naso a molti, come Unione Italiana Vini, che non ha risparmiato critiche al Ministero (https://goo.gl/xUuGIw).
Ma dopo il malcontento di una parte del mondo dell’impresa, ora arrivano anche quelle della politica. E su un aspetto non secondario, ovvero la possibilità, prevista per legge, di trasferire i diritti di impianto di nuovi vigneti da una Regione all’altra, da parte di una stessa azienda. Una possibilità già prevista nel 2016 e che rimane nel 2017, ma che, secondo il Senatore Dario Stefàno, oggi nel “Gruppo Misto” ed ex coordinatore degli Assessori all’Agricoltura delle Regioni, “mina il patrimonio produttivo regionale”.

Per questo lo stesso Stefano, che è anche capogruppo in Commissione Agricoltura al Senato, in una interrogazione al Ministro Martina, ha chiesto al Ministero di “modificare con urgenza la normativa sul reimpianto della vite affinché le autorizzazioni vengano utilizzate sì dalla stessa azienda ma con applicazione presso lo stesso territorio della Regione di origine della richiesta. Altrimenti rischiamo una drammatica riduzione del potenziale vitivinicolo delle Regioni da cui si estirpa la coltura”.
Una iniziativa, quella del senatore pugliese, che “nasce dall’esigenza di tutelare il patrimonio viticolo delle singole Regioni - spiega a WineNews - che è soggetto da un po’ di anni ad una costante azione speculativa di impoverimento, a favore di territori più ricchi. Non c’è dubbio - dice Stefano - che in tutta una serie di Regioni del Mezzogiorno ci sia stata una azione di speculazione da parte di operatori di altri territori, che via via li hanno trasferiti in altre zone d’Italia. Mi riferisco in particolare alla Puglia, che conosco benissimo, ma anche ad altre realtà, soprattutto del Meridione”.

Per Stefàno si tratta di una questione fondamentale e che va affrontata con la massima urgenza. Anche perchè se da un lato è vero che esiste, per i vini a denominazione (Doc e Docg), “l’argine” a questo fenomeno degli albi regionali, che per le più importanti ad oggi sono in maggioranza chiusi e non prevedono la possibilità di piantare nuovi vigneti a denominazione, questo discorso non vale per altre Dop, e in generale per i vini Igt o per il vino senza indicazione geografica.

E, quindi, secondo Stefàno, è forte il rischio che un’azienda decida, avendone la possibilità legale, di spostare un diritto per nuovi impianti da una Regione all’altra, depauperando il patrimonio viticolo di quelle a minor valore aggiunto per investire in quelle più ricche e nelle produzioni che tirano di più, creando però un danno ambientale e sociale di non poco conto.
“Il decreto ministeriale che traduce il regolamento comunitario sul sistema per gli impianti viticoli - continua Stefàno - stabilisce che le autorizzazioni per i reimpianti sono concesse ai produttori che estirpano una superficie vitata e che presentano una richiesta alle Regioni competenti. Tali autorizzazioni sono utilizzabili, da norma, dalla stessa azienda che ha proceduto all’estirpazione e corrispondono ad una superficie equivalente alla superficie estirpata in coltura pura”. E di conseguenza, spiega Stefàno, sta accadendo che “facendo ricorso a una semplice stipula di contratto d’affitto di una superficie vitata, sempre previa autorizzazione del proprietario, è possibile ottenere il rilascio di un’autorizzazione al reimpianto che, a quel punto, viene effettuato presso un’altra superficie della stessa azienda ma situata fuori dai confini regionali di origine. Di fatto, è come se si trasferisse la superficie vitata in un’altra regione con la conseguente riduzione del potenziale produttivo nei territori che subiscono questa procedura. Una un situazione che di certo sta contribuendo ad un inasprimento della crisi economica e occupazionale per alcune zone a vocazione vitivinicola”.
“L’interrogazione al Ministero io l’ho presentata la settimana scorsa, ma non ho registrato risposte e reazioni. Mi auguro che qualcosa si muova in tempi brevi, e non che ci vogliano 2-3 anni, come accaduto per molte altre cose. Anche perchè - sottolinea a WineNews - a differenza di altri aspetti come l’1% massimo di superficie vitata che può essere aumentata, che dipende all’Europa, questa è una norma che al contrario può e deve essere risolta a livello nazionale. E il Parlamento ha il dovere di tutelare tutti i territori e le Regioni d’Italia, non di avvantaggiare quelli più ricchi”.
Un aspetto e un rischio, quello della concentrazione del patrimonio vitato in meno territori che sembra lontano in un panorama come quello italiano, ma che già anche il professor Attilio Scienza, uno dei massimi esperti di viticoltura ed enologia al mondo, aveva messo sotto i riflettori, in una intervista a WineNews ad inizio 2017 (https://goo.gl/WMLCVQ): “sta accadendo e accadrà sempre più marcatamente un processo di polarizzazione della nostra viticoltura e da noi accadrà quello che già è successo in Francia, dove Bordeaux, Champagne e Borgogna, rappresentano l’intero patrimonio viticolo transalpino. In Italia, infatti, per molte ragioni, si riconosce - diceva Scienza - il primato di Toscana, Piemonte e Veneto, a discapito, per esempio, della ricchezza viticolturale del Sud Italia che, peraltro, non riesce a stare al passo”.

Il che, mescolato ad un altro fenomeno evidente nei numeri e sottolineato dallo stesso Scienza, ovvero “la concentrazione delle aziende vinicole”, con i gruppi più grandi e solidi che, quando possono comprano vigneti e cantine in territori di pregio, che pur ha un aspetto positivo, ovvero la possibile uscita dell’Italia del vino dal suo storico “nanismo” aziendale””, può comportare, secondo alcuni, un depauperamento importante, e probabilmente irreversibile, in certe zone del Belpaese. Sicuramente meno note e ricche di altre, ma dove la viticoltura contribuisce comunque in maniera importante al mantenimento dell’integrità ambientale e paesaggistica, nonché economica e sociale di tanti territori che stanno fuori dalla luce dei riflettori. Una opportunità per alcuni, un problema per altri, ma sicuramente una tematica su cui riflettere.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli