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Non è più solo un problema italiano: gli sconti aggressivi praticati sugli Champagne in tutta Europa stanno causando preoccupazione tra i produttori e danneggiano la reputazione della denominazione. Anche Oltralpe difficile trovare una soluzione

Quello delle super-promozioni e/o vendite al ribasso del vino, che non di rado è al centro delle critiche e dei commenti degli addetti ai lavori del Belpaese enoico, è un fenomeno che colpisce praticamente tutte le denominazioni più importanti d’Italia. Ma questa volta il problema non colpisce una nostra denominazione, ma investe direttamente il centro della produzione vinicola di lusso francese: la Champagne.
Il sito www.wine-searcher.com, in un’inchiesta appena pubblicata, si pone una semplice e perentoria domanda “la reputazione e il prestigio della Champagne sono minacciati dal suo interno? Una domanda non banale, ma anzi necessaria, visto che alcuni marchi della blasonatissima regione viticola ad un passo da Parigi stanno praticando in tutta Europa forti sconti, che spesso non coprono neppure i costi di produzione.
Negli ultimi mesi ci sono state diverse promozioni di Champagne con prezzi a bottiglia di 10,00 euro/10,00 sterline (10,60 dollari). Anche se si potrebbe sostenere che le promozioni degli spumati sono normali durante il periodo che va da Natale fino a San Valentino, i prezzi proposti, spiega “Wine-Searcher”, non riflettono né il valore di produzione, né quello di un prodotto di lusso.
Il costo di produzione di una bottiglia di Champagne è di 9 euro, escluse tasse e queste super-promozioni, evidentemente, suggeriscono che qualcuno stia vendendo in perdita. Dalla Champagne si punta il dito contro i supermercati, che venderebbero in perdita per attirare nuovi clienti. Jean-Marie Barillère, presidente dell’Union des Maison de Champagne, spiega: “le grandi catene di distribuzione nel Regno Unito, Germania e Francia investono nello Champagne come strumento di marketing, perché una clamorosa promozione su un prodotto di lusso farà aumentare certamente le vendite complessive”.
Se questa spiegazione potrebbe avere un senso, l’Unione europea vieta chiaramente la sottoquotazione dei prezzi e le vendite in perdita. La conclusione inevitabile, quindi, è che la catena di distribuzione in qualche modo ha ottenuto Champagne allo stesso prezzo o a meno, di quanto lo vende. Le grandi catene di distribuzione, d’altronde, non possono acquistare vino sfuso in Champagne e confezionarlo nei propri Paesi di appartenenza. Il disciplinare di produzione dello Champagne, infatti, specifica che può essere prodotto solo all’interno della denominazione, da uve coltivate nella Champagne. Inoltre, il metodo di produzione prevede l’invecchiamento e anch’esso deve avvenire all’interno della denominazione. Questo significa che lo Champagne in promozione arriva dalla Champagne, ed è stato quindi venduto ad un prezzo ben al di sotto del suo costo di produzione medio.

La maggior parte dello Champagne in promozione è stato comprato “sur latte”, cioè come Champagne sfuso. Questi vini hanno completato la loro rifermentazione e l’invecchiamento, ma non sono generalmente sboccati. Come accade spesso, il prezzo di una massa di vino Champagne è notevolmente inferiore; i venditori che stanno in questo mercato o sono produttori con problemi di flusso di cassa o commercianti locali che hanno come loro modello di business la parte bassa del mercato. Il commercio “sur latte” dei vini di prima pressatura (“cuvée”) è lasciato ai prodotti più importanti, mentre quello di seconda pressatura (“taille”) serve per produrre Champagne a buon mercato, che generalmente viene venduto dopo il periodo di invecchiamento minimo.
Per Maximilien Danré, enologo presso l’istituto Oenologia, questo commercio di partite “cuvée” e “taille” non è necessariamente un male. “Molte Maison preferiscono non usare vini “taille” nel loro Champagne - spiega - che vendono, sostituendo queste partite con vini “cuvée” per ottenere Champagne di migliore qualità”. D’altra parte, Danré ammette che lo Champagne ottenuta unicamente da partite “taille” può essere di dubbia qualità.
I bassi prezzi a cui questi Champagne sono venduti danneggiano però l’immagine e il fascino del marchio Champagne. Per il presidente del sindacato dei viticoltori della Champagne, Maxime Toubart, “la forza dello Champagne è che è una bevanda che si consuma in occasioni speciali, a causa del suo prezzo relativamente alto ed è sempre stato una rarità di cui fare tesoro. L’abbassamento eccessivo del suo prezzo mette in pericolo questa peculiarità, trasformando lo Champagne in una semplice merce”.
Quale la soluzione allora? Le maison vogliono mantenere la possibilità di scambiare vini “taille” per vini “cuvée” ed i coltivatori e le cooperative vogliono rimanere dentro i confini di sicurezza garantiti dal sistema “sur latte”. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di eliminare il “Marque d’Acheteur” (MA) e “Négociant Distributore” (ND) categorie di produttori, che sono responsabili, nella maggior parte dei casi, di queste vendite di Champagne al ribasso. Tuttavia, questa operazione avrebbe un impatto significativo sul delicato equilibrio tra i vigneto e le Maison. Benoit Tarlant, enologo di Champagne Tarlant ritiene che la rimozione delle categorie “Marque d’Acheteur” (MA) e “Négociant Distributore” (ND) sarebbe soltanto un modo per forzare i coltivatori a vendere le loro uve ai grandi gruppi e quindi perdere la loro indipendenza. “Dobbiamo stare attenti a non cadere nello medesimo scenario del Cognac - afferma - dove le vendite sono completamente dominati da tre o quattro marchi, i cui nomi sono diventati più importanti del nome Cognac”.
Storicamente lo Champagne è stato sempre simbolo di grandi Maison, ma oggi, per la prima volta, si affacciano sul mercato con buona autorevolezza anche piccoli Vigneron e cooperative. Segno che la denominazione sta crescendo in qualità e che non dovrebbe permettere un prezzo di entrata medio inferiore ai 16-18 euro a bottiglia. Per Charles Philipponnat, direttore generale della maison “le tipologie che sono cresciute di anno in anno sono state quelle premium, gli Champagne non-vintage venduti tra i 30 e i 40 euro a bottiglia. Le tipologie che hanno perso terreno sui mercati sono quelle degli Champagne cheap, perché il cliente è sempre più alla ricerca di una qualità crescente”. Una osservazione che trova d’accordo anche Cédric Moussé di Champagne Moussé e Raphaël Bérèche di Champagne Bérèche, due piccoli vigneron che hanno trovato il loro spazio sul mercato proprio investendo sulla qualità.

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