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“Terre di Toscana”, l’occasione giusta per scoprire le etichette che raramente finiscono sotto i riflettori: i dieci assaggi di WineNews, rappresentativi di una Toscana diversa, tra territori in ascesa e tecniche e stili produttivi innovativi

Tra operatori, giornalisti, buyer e wine lovers, e nella nuova formula da due giorni a tre giorni, l’Una Hotel Versilia di Lido di Camaiore (Lucca) è tornato ad ospitare “Terre di Toscana”, la rassegna della testata online “Acquabuona.it”, che ha riunito 130 vignaioli toscani, con oltre 600 etichette (e una giornata dedicate alle vecchie annate), dal Brunello di Montalcino al Chianti Classico, dal Nobile di Montepulciano alla Vernaccia di San Gimignano, ma anche i grandi rossi di Bolgheri, la Maremma dei Morellino di Scansano, il Montecucco, la Val di Cornia, la Val d’Orcia, Cortona, i Colli Fiorentini, le Colline lucchesi, pisane e massesi, fino ai vini insoliti e sorprendenti da Mugello, Casentino e Versilia, per un’edizione impreziosita anche da una selezione di Champagne. Diventata ormai una delle degustazioni di spicco del panorama toscano, è prima di tutto l’occasione per scoprire etichette meno sotto la luce dei riflettori di altre, ma rappresentative di volta in volta di un territorio, di un modo di fare vino, o, più semplicemente, buonissime da bere nella loro semplicità.
Tra i tanti che avrebbero meritato menzione, questi per noi i vini da scoprire, in rigoroso ordine alfabetico: Stefano Amerighi, Cortona Syrah Apice 2014: probabilmente la massima interpretazione del vitigno in Italia, al momento. Il vino ha bisogno ancora di bottiglia, ma il naso, dopo l’iniziale riduzione, racconta di mora e mirtillo dalla maturità adamantina, mirabilmente fuse con mineralità e speziatura a formare un quadro articolato e intrigante. Idem al palato, pieno, vibrante, saporito, pieno ma non stancante. Inevitabile il richiamo ad esempi d’Oltralpe, ma non c’entrano niente, questo è il sapore di Cortona. E anche altri produttori locali lavorano in quella direzione, al momento. Boscarelli, Nobile di Montepulciano Il Nocio 2013: lo citiamo perché non era ancora presente all’Anteprima nella città poliziana, e perché il fuoriclasse di Boscarelli a un primo approccio ci pare in una delle versioni migliori di sempre, tra consueta imponente materia fruttata, e trama di tannino fitta e salda, innervate da un’acidità che distende il vino al palato per una beva sorprendentemente semplice per un vino di questo volume. Tenuta del Buonamico, Montecarlo Bianco Etichetta Bianca 2016: rinverdisce la locale tradizione di bianchi beverini e profumati, troppo spesso macchiata da rese per ettaro allegre, vinificazioni poco precise, ecc. Consueto composito uvaggio di ben 5 vitigni, ovvero Malvasia Bianca-Trebbiano Toscano-Sauvignon Blanc-Pinot Bianco-Semillon. Convivono, sia al naso sia al palato, richiami floreali e riconoscimenti di pera e di pesca, con uno sviluppo coerente ed equilibrato. Antonio Camillo, Maremma Toscana Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta 2015: un vino che sempre accende i riflettori sulla Maremma e sul suo potenziale nel produrre vini non solo potenti, ma anche aggraziati. In particolare questo millesimo mi sembra coniughi perfettamente l’immediatezza fruttata del vitigno, ma anche il suo carattere balsamico, minerale e l’acidità deliziosamente nervosa.
Colle Santa Mustiola, Toscana Sangiovese Poggio ai Chiari 2008: lo splendido risultato della dedizione e delle puntigliose sperimentazioni di Fabio Cenni. Da una vigna piantata a 10.00 ceppi/ettaro su 28 cloni diversi, naso che è un vero Bignami della varietà, con ciliegia e prugna matura, cenni terrosi, balsamici, ematici, e un palato che tutto riprende con puntualità, setoso e aggraziato. La Fralluca, Val di Cornia Vermentino Filemone 2015: quello che il Vermentino della Costa Etrusca dovrebbe e potrebbe essere, e tragicamente spesso non è: intenso, minerale, agrumato, con una spina dorsale di acidità e sapidità al gusto che sorregge e prolunga le componenti aromatiche. Col tempo continua a migliorare. L’Erta di Radda, Toscana Rosso Com’Era 2014: Diego Finocchi è maestro nello sfruttare il potenziale delle vecchie vigne, anche in un’annata non facile come il 2014. Qui, con uvaggio che comprende le uve bianche “come si usava” si inventa un vino dal naso esplosivo di fragola e lampone, con una beva irresistibile che riprende l’espressione fruttata; e non è che sia diluito, anzi. Podere Bellosguardo, Toscana Rosso Pied Franc 2013: una chicca. Sulle balze dell’alto Casentino, da una vigna centenaria, a piede franco (appunto), Sangiovese 80% con un saldo di Syrah, si ricavano soltanto nemmeno 200 Magnum di un raro nettare, tanto accattivante al naso per un fruttato di ciliegia e fragola solo apparentemente semplice screziato da una nobile balsamicità; quanto deliziosamente carezzevole in bocca, con un tannino filigranato che trasporta il frutto e la spezia verso un lunghissimo finale. Anche il Syrah 2014, da una vigna più “normale”, ha dolcezza ed eleganza. Podere Ristella, Toscana Syrah Giovenco 2014: encomiabile interpretazione del vitigno nel segno dell’eleganza e dell’immediatezza di beva, ben al di là degli eccessi di stramaturazione ed estrazione con cui è stato spesso mortificato, tanto più in Maremma. Impeccabile nettezza di frutto, buona lunghezza, ritorno del carattere varietale sul finale. Verosimilmente l’impressione generale di eleganza non è scevra dell’influsso del territorio di produzione (Montemassi). Sangervasio, Colli Etruria Centrale Vinsanto Recinaio 2005: si conferma uno dei vini dolci toscani con la maggiore concentrazione, ma anche con il profilo aromatico più personale, screziando una dolcezza di miele, caramello e frutta sciroppata con un’inconfondibile nota di salvia ed erbe aromatiche; corrispondenza aromatica al gusto, acidità che comunque riesce a bilanciare la componente dolce e persistenza semplicemente non misurabile. Presentato anche un Occhio di Pernice 2006 appena messo in bottiglia, dal palato già impressionante.
Riccardo Margheri

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