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Il cammino dell’Asti “secco” alle battute finali, il 10 marzo il parere conclusivo del Comitato nazionale vini, ma la querelle con il Prosecco non si spegne. Bosticco, direttore del Consorzio Asti Docg, a WineNews: “lavorato seguendo le regole”

Il cammino verso la nascita di una tipologia di Asti Docg “secco” è arrivato quasi alla fine, il disciplinare delle nuove bollicine piemontesi ha incassato il via libera della commissione tecnica del Ministero delle Politiche Agricole, ed il 10 marzo potrebbe essere il giorno dell’ufficialità, con il parere conclusivo del Comitato nazionale vini. Ma già si prevedono nuove puntate della querelle destinata, se non a sconvolgere, quantomeno a creare più di un malumore nel mondo del vino italiano, perché la convivenza con il sistema del Prosecco, cui andrà gioco forza a fare concorrenza la nuova categoria di Asti “secco”, si preannuncia tutt’altro che semplice. Stefano Zanette, presidente della società Sistema Prosecco, che rappresenta i tre Consorzi di tutela del Prosecco (Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, Prosecco Doc e Asolo Montello Docg), è sul piede di guerra da settimane: al centro della questione, la tutela di un marchio e di un nome implicitamente, e non potrebbe essere altrimenti, evocati dalla nuova categoria di Asti.
Da parte piemontese, però, i toni sono decisamente distesi. “Rispettiamo ed apprezziamo profondamente una realtà consortile importante come quella del Prosecco - ha spiegato, a WineNews, il direttore del Consorzio Asti Docg, Giorgio Bosticco - da parte nostra non c’è alcuna volontà di creare complicazioni, lavoriamo con lo spirito di fare l’interesse del vino italiano di qualità, in Italia e nel mondo. Dobbiamo differenziare e distinguere chiaramente una denominazione dall’altra: noi facciamo Asti in Piemonte, da Moscato, loro fanno Prosecco, da uve Glera. Al tempo stesso - continua Bosticco - per noi è importante non fare confusione tra Asti dolce e Asti secco. Il nostro disciplinare non creerà nessun tipo di evocazione: abbiamo fatto tutto quello che, a livello di regolamentazione comunitaria e di normativa italiana, è consentito per la modifica di un disciplinare di produzione, né più né meno”.

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