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La culla accademica dell’enologia californiana, la UC Davis, si fa più ecosostenibile: dopo il programma di riduzione del consumo energetico l’ateneo che forma i futuri winemaker del “Golden State” punta all’indipendenza idrica usando acqua piovana

L’ecosostenibilità della produzione di vino è, evidentemente, un tema globale che si propone ad ogni latitudine e in ogni contesto: e, da questo punto di vista, l’esempio della California è paradigmatico, dato che il “Golden State” è, oltre che il cuore dell’industria hi-tech del mondo, anche lo Stato americano che più di ogni altro dipende dall’agricoltura ad alto valore aggiunto, con il settore che contribuisce per quasi 43 miliardi di Dollari al bilancio statale, e che genera un indotto di quasi 100 miliardi a livello federale.
Non sorprende, quindi, che sempre più attori della filiera del vino californiano stiano rivolgendosi a soluzioni “green” per ridurre l’impatto ambientale della produzione enoica, a partire dall’ateneo che forma i futuri enologi dello Stato - ovvero quella UC Davis che, proprio all’inizio di quest’anno, ha ricevuto un permesso ufficiale per poter vendere alle cantine partner il vino prodotto dai suoi studenti, spesso sotto il limite di età imposto dalla legge per poter produrre alcolici. L’ateneo ha infatti appena aggiunto un altro programma di riduzione del suo impatto ambientale a quello che mira all’indipendenza energetica della “cantina universitaria”, per così dire, ovvero l’uso di acqua piovana per ridurre il consumo di quella che nello Stato è una risorsa sempre più scarsa da almeno cinque anni.

Nello specifico, l’ateneo californiano ha appena siglato una partnership con la società Winesecrets e col colosso General Electric per impiantare nelle strutture del dipartimento di Enologia un sistema di osmosi inversa, che, in tandem con un sistema di analisi chimica e di filtraggio, consente l’uso di acqua non proveniente dalle riserve statali - e che, perdipiù, risulta essere più facile da purificare rispetto a quella convenzionale, con un consistente (e doppio) risparmio di risorse
. Secondo Jill Brigham, della UC Davis, “il progetto pilota ci consente di trattare 26.500 litri d’acqua ogni giorno”: una quantità già imponente per sé, e che non solo permette di destinare l’acqua risparmiata ad altri usi pubblici, ma che assicura alla produzione una fonte di materia prima più pura e, generalmente parlando, di migliore qualità rispetto a quella convenzionale. Un classico scenario “win-win”, insomma, dove i vantaggi per un attore si traducono in altrettanti per la collettività, l’ambiente e, ultima ma non certo ultima, per la qualità del prodotto finito; e, considerato quanto la UC Davis sia influente nella formazione dei futuri professionisti del vino californiano, dentro e fuori la Napa, anche un interessante esempio di come l’accademia può cambiare la forma mentis dei protagonisti globali del vino di domani.

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