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Un mercato aggressivo, complesso e in recessione dal 2015, che riscopre i suoi vini, ma si entusiasma ancora per il Belpaese. A WineNews, la Germania ed il vino nelle parole degli importatori Weinkontor Freund, Harald Bremer Wein e GES Sorrentino

Italia
La Germania ed il vino nelle parole degli importatori Weinkontor Freund, Harald Bremer Wein e GES Sorrentino

La Germania è il mercato più aggressivo d’Europa, di sicuro il più sensibile alle dinamiche di prezzo: per riuscire a vendere una bottiglia sopra ad 1,29 euro ci vogliono professionalità e competenza, ma anche la capacità di offrire un’esperienza da vivere. È questo che permette ai grandi vini di Toscana, Piemonte e Veneto di mantenere una buona posizione di mercato, e alle etichette emergenti del Sud Italia di conquistare il palato tedesco. Un mercato che continua a preferire il vino italiano fra l’offerta estera: il Belpaese è, infatti, leader sia per valori che per volumi esportati anche nel 2016, nonostante il calo significativo dei consumi di vino fra la popolazione tedesca: tra gennaio e settembre dell’anno scorso, infatti, gli acquisti teutonici si sono fermati a 1,08 miliardi di litri (-5,4%) per 1,73 miliardi di euro (-3,5%), sulla scia di una tendenza al ribasso iniziata già nel 2015, quando la Germania importò, complessivamente (imbottigliato, sparkling e sfuso) 1,511 milioni di ettolitri di vino, per una spesa complessiva di 2,47 miliardi di euro, ed un prezzo medio che varia dagli 0,55 euro al litro dello sfuso ai 5,67 euro al litro delle bollicine, passando per i 2,86 euro al litro dell’imbottigliato.
Un mercato a dir poco complesso, tanto quanto importante per il mondo del vino italiano, raccontato a WineNews da tre degli importatori più importanti in Germania, protagonisti, tra qualche giorno, di una delle più attese fiere di settore, ProWein, a Düsseldorf, dal 19 al 21 marzo (www.prowein.it): Dirk Röhrig, amministratore delegato di Weinkontor Freund, uno degli importatori di punta del Paese, con un portafoglio di aziende tricolori che va da Cavit a Cusumano, passando per Col d’Orcia, Brigitta Jünke-Bremer di Harald L. Bremer, storico importatore dal 1975 di vino italiano di qualità come Pieropan, Mastrojanni, Pio Cesare, Bruno Giacosa, Boscarelli e Ca’ del Bosco, e Hans-Christian Dobroschke (Ges-Sorrentino), importatore dell’anno nel 2016 secondo il magazine tedesco “Meininger”, distribuisce griffe come Allegrini, Fontanfredda, Donnafugata, Biondi Santi e Berlucchi
“I consumatori tedeschi, e il mercato tedesco nel suo complesso, sono molto sensibili al prezzo. Quello tedesco - racconta Dirk Röhrig (www.weinkontor-freund.de) - è uno dei mercati più aggressivi d’Europa: solo da noi è possibile comprare generi alimentari a prezzi così convenienti fra tanti supermercati e discount. Ed è da qui che passa il 94% del consumo di vino, per un prezzo medio di appena 1,29 euro a bottiglia. Il restante 6% è coperto dalla rivendita specializzata che tratta una fascia di prezzo fra i 5 e i 9,95 euro. Tutte le bottiglie al di sopra dei 10 euro - continua Röhrig - fanno fatica a vendersi e se ne occupano principalmente le piattaforme online: è qui che il consumatore può risparmiare percentuali maggiori. Credo però fortemente che la rivendita specializzata non scomparirà: è semplicemente in atto una sorta di pulizia del mercato, che farà sopravvivere alla fine solamente chi si muove con professionalità ed è in grado di offrire ai clienti un’esperienza speciale al momento dell’acquisto.
Cambiano gli attori del mercato enoico, ma anche i gusti dei consumatori: “è aumentata considerevolmente l’importanza del vino tedesco, soprattutto fra i bianchi: d’altronde, la Germania è ormai rilevante anche come produttore. È una fortuna per i vignaioli italiani, spagnoli, francesi - riflette Röhrig - che ancora così tanti consumatori tedeschi bevano il vino straniero. In Italia, Spagna o Francia si stappano principalmente bottiglie del proprio Paese… perché non dovrebbe accadere lo stesso anche da noi? Gli anni d’oro dello Chardonnay e del Pinot Grigio italiano sono passati e prevedo un simile andamento anche per il Prosecco. È invece cresciuta molto la richiesta di vini meridionali, come il Primitivo e il Nero d’Avola, ma anche dell’Abruzzo con le sue appassionanti varietà, come il Pecorino. Le regioni tradizionalmente importanti come la Toscana e il Friuli hanno confermato la loro posizione”.
“I consumatori tedeschi apprezzano molto i vini con residuo zuccherino, ottenuti con una quota parziale di uve appassite. La “tipologia Amarone” è una storia di successo che viene oggi emulata da molti produttori, tanto che un amabile Dornfelder (35g di residuo zuccherino) è il vino più venduto per volume all’interno di quel 94% che copre la Gdo. Diversa è la situazione nella rivenditoria specializzata dove vincono i vini secchi principalmente comprati dagli uomini. Per quanto riguarda il settore biologico - conclude Röhrig – è un tema solo per la Gdo: ormai non è più un fetta speciale di mercato, perché anche il vino bio è diventato un prodotto di massa. I consumatori, sempre nell’ottica del risparmio, lo comprano soprattutto negli innumerevoli supermercati bio nati di recente, che offrono più di 400 etichette diverse di vini biologici ad un prezzo di poco superiore al prezzo medio di 1,29 euro a bottiglia”.
Brigitta Jünke-Bremer (www.bremerwein.de) è invece portatrice di una prospettiva tutta concentrata sulla rivenditoria specializzata in vino di qualità italiano: “In generale l’immagine del vino italiano è migliorata molto negli ultimi 20 anni, sempre tenendo conto che la maggior parte del vino in Germania si compra al discount. Quindi, se anche il consumatore medio tedesco decide in base al prezzo, i nostri clienti sicuramente preferiscono la qualità. Credo che al nord venga consumata più birra che vino, ma le zone di produzione vinicola, come immagino anche le grandi città, sono più affini al vino, anche italiano”.
Anche Bremer Wein conferma il successo di vini provenienti dal Sud Italia fra i consumatori tedeschi: “notiamo una diffusa predilezione per vini rotondi e vellutati - spiega Brigitta Jünke-Bremer - come il Primitivo, molto apprezzato non solo da noi. Ma continuano ad avere successo anche il Prosecco, come pure i classici Barolo, Brunello e Chianti Classico. Differenze di genere? Le donne bevono Prosecco e gli uomini Barolo? Non vorrei promuovere questi cliché perché la questione è decisamente più complessa. Come detto prima, noi ci limitiamo a constatare che il Primitivo incontra sempre di più il gusto dei consumatori. I nostri clienti cercano la qualità, uomo o donna che sia. Anche oltre la certificazione bio, che viene certamente comprata, ma non risulta essere la caratteristica più importante che deve avere il vino italiano”.
“Bisogna investire nei servizi in ogni direzione, sia al produttore che al cliente” è invece la strategia chiave per Hans Christian Dobroschke (www.ges-sorrentino.de), soddisfatto di un anno che si è, se non altro, dimostrato costante. “Bisogna creare un servizio che sia il più individuale possibile, ritagliato sulla persona, soprattutto se parliamo dei grandi classici toscani e piemontesi. Certo, ci accorgiamo quando un Consorzio come quello del Brunello dichiara due annate di fila a 5 stelle: la quantità di richieste aumenta. Ma è il Sud Italia che, da qualche anno, sta muovendo grandi numeri: il Primitivo, ad esempio, è più un marchio che un vitigno ormai - sostiene Dobroschke - e ora con la bella stagione ne aumenterà ancora la richiesta grazie alla sua versione rosata”.

Come importatore con diverse agenzie distribuite sul territorio che servono esclusivamente la gastronomia e la rivenditoria specializzata, Dobroschke non ha la sensazione che l’aumento di consumo di vino tedesco incida sul consumo di quello italiano “Le quote di mercato sono stabili, come il generale consumo di alcool, anche se entrambe in leggero calo. Al loro interno però il settore dedicato al biologico sta crescendo con costanza. Nel nostro caso non ha un ruolo molto importante perché teniamo poco più che una trentina di etichette sulle 700 che rivendiamo, ma la richiesta aumenta, soprattutto nei negozi dedicati. C’è da dire che al suo interno crescono le aziende che non certificano la conduzione biologica e questo rende ancora più importante il nostro ruolo e il fatto che i nostri agenti siano competenti e aggiornati in materia”.

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