Nel 2016 sono aumentate del 35% le richieste di aziende vitivinicole di certificazione a “VeganOk”, marchio di autocertificazione riconosciuto dall’Associazione Vegani Italiani (www.veganok.com), così come sono aumentate le richieste per le etichette di vini vegani, privi cioè di stabilizzanti e chiarificatori di origine animale. Manca però una regolamentazione nazionale ed europea, nonostante i chiari segnali di crescita del settore. Le aziende vitivinicole certificate “VeganOk” sono per la maggior parte in Toscana (28% delle aziende del territorio), seguita da Abruzzo (20%) e Piemonte (17%).
Le denominazioni di appartenenza delle etichette certificate, si legge sul Rapporto “In vino vegan”, sono 54% Igt, 17% Doc/Dop e 1% Docg. E il 45% circa delle etichette che riportano la scritta vegan, posseggono un’altra certificazione o un riferimento a metodi naturali o biodinamici. Lo standard più diffuso è sicuramente quello biologico, con il 26% circa delle etichette di vino vegan certificato anche bio.
Nei vini vegani, come detto, è proibito l’utilizzo dell’albumina, della colla di pesce, della caseina e delle gelatine animali. Ma è un divieto che si estende anche alla fase del packaging del prodotto, per cui niente colle animali per impacchettare le bottiglie; ma anche gli abbinamenti con carne di selvaggina non può essere consigliato sulle etichette.
“Si parla - spiega Paola Cane, curatrice del Rapporto “In vino vegan” - di un centinaio di cantine. E’ un mercato ancora di nicchia, ma l’aumento delle domande di certificazione è un significativo indice di un cambiamento che si sta verificando in Italia. Nell’industria alimentare i cambiamenti si sono già registrati nelle linee produttive, il comparto enologico è più lento nel cogliere una istanza salutistica forte ma anche nel vino il cambiamento riguarda un po’ tutto il settore, da Nord a Sud. In termini di listini i prezzi al consumatore sono in linea, mentre la differenza c’è per le bottiglie bio e da viticoltura biodinamica”.
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