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Diritti di impianto, il decreto del Ministero delle Politiche Agricole premia le pmi e l’agricoltura bio, ma i correttivi non convincono. Antonio Rallo (presidente Uiv): “nessuna tutela ai viticoltori, penalizzato chi vuole e dovrebbe crescere”

Italia
Il decreto delle Politiche Agricole non convince Unione Italian Vini. Il presidente Rallo: penalizzato chi vuol crescere

Il primo anno del regime di autorizzazioni agli impianti viticoli ha lasciato una certa insoddisfazione nel mondo dell’imprenditoria enoica, tanto che la prossima campagna vivrà regole diverse (rimane ovviamente invariata la percentuale dell’1% sull’attuale superficie vitata come limite alle autorizzazioni concesse, pari a 6.622 ettari, ndr), delineate dal decreto legge di fine gennaio del Ministero delle Politiche Agricole, che ha stabilito criteri parzialmente diversi, riassumibili in tre categorie. Prima di tutto, la dimensione aziendale: le piccole e medie aziende avranno un punteggio maggiore in graduatoria, anche se saranno le Regioni a stabilire il limite massimo di estensione (in Trentino il limite è rappresentato da 7 ettari, in Sicilia da 50 ettari, ndr). Quindi, la conduzione biologica: le aziende green saranno avvantaggiate, ma il “peso” di tale vantaggio (tra gli 0,09 della Puglia e gli 0,3 punti della Sardegna) lo decideranno, comunque, le singole Regioni. Infine, c’è un riconoscimento anche per quelle aziende che operano senza scopo di lucro, con fini sociali o che hanno ricevuto terreni confiscati per reati di terrorismo e criminalità. Qualcosa è cambiato, anche se il tetto di autorizzazioni da distribuire alle aziende che rientrano in queste categorie è del 50% del totale, un aspetto che di certo non tutela chi, nel mondo del vino, opera da decenni e con dimensioni decisamente maggiori. L’accesso ai bandi regionali, inoltre, è rimasto aperto ad ogni tipologia di impresa agricola, e la tutela delle piccole e medie imprese è vista forse come spropositata dai big, che nutrono legittime ambizioni di crescita: sono forse questi gli aspetti che convincono meno la Uiv - Unione Italiana Vini, una delle più importanti organizzazioni del settore.
“Abbiamo condiviso e sostenuto fin dall’inizio l’idea di una normativa che governasse il meccanismo di assegnazione delle nuove autorizzazioni orientando il sistema pro rata verso la crescita della viticoltura specializzata - ha dichiarato il presidente Uiv - Unione Italiana Vini, Antonio Rallo - ed a favore di aziende in grado di sostenere la competitività del vino italiano. Da subito ci siamo messi a disposizione del Ministero per scrivere insieme questo meccanismo regolatore, avviando un dialogo serrato nel corso del quale riscontravamo un generale accoglimento della nostra impostazione. Il plafond annuo a disposizione per l’ampliamento del potenziale viticolo italiano è limitato e va utilizzato bene. Ma nel corso della trattativa le nobili, e comuni, intenzioni iniziali subivano l’influenza crescente di una impostazione politica a nostro avviso venata di demagogia. E l’obiettivo originario è stato piegato ad un compromesso - direi all’“italiana” - sul tema delle piccole imprese che temiamo non sarà in grado di offrire risposte soddisfacenti né all’una né all’altra esigenza. Condividiamo il criterio a favore della crescita dimensionale delle piccole e medie aziende, purché specializzate a vigneto. Si doveva parlare non di Sau (Superficie Agricola Utilizzabile) - continua il presidente Uiv - ma di superficie vitata, mantenendo la soglia minima di accesso alla richiesta di nuove autorizzazioni ad almeno un ettaro e obbligando le Regioni a definire i territori vocati alla viticoltura, in modo da impedire la corsa alla trasformazione dei seminativi in vigneti. Poi, la riserva alle pmi viticole, come era stato ipotizzato inizialmente, non doveva superare il 25% del plafond nazionale, così da non penalizzare le imprese specializzate di piccole, medie e grandi dimensioni che trainano l’economia del vino italiano. Infine, l’assegnazione garantita a tutti i richiedenti ammessi al bando di una superficie pari a 1.000 mq, del tutto insignificante, confligge con il nuovo criterio di priorità che l’Amministrazione ha voluto inserire nel decreto rispetto alla crescita dimensionale delle imprese. Questo provvedimento - conclude Antonio Rallo - non favorirà la crescita dimensionale delle imprese specializzate e non supporterà, come avremmo voluto, lo sviluppo produttivo di quei vini e quelle aziende che, incontrando il successo sui mercati, hanno necessità di ampliare il potenziale di produzione”.
Sulla stessa linea le critiche del vice presidente Unione Italiana Vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, che lamenta come le linee guida del decreto ministeriale contengano una contraddizione: “si dice sempre che soffriamo di nanismo, che le imprese italiane devono crescere di dimensione, e poi con questi meccanismi si privilegiano le microrealtà ma disattendendo le esigenze delle aziende più strutturate, che si trovano a competere nel mondo con dei colossi. Demonizzare le grandi aziende - spiega Lamberto Frescobaldi - è un nonsenso che trovo applicato solo in Italia, quando invece si dimentica di dire che le grandi aziende sono quelle che svolgono un importante lavoro di polmone all’interno del territorio, a vantaggio anche e proprio delle piccole imprese, e in secondo luogo sono le uniche in grado di dare impiego oltre al settore strettamente viticolo ed enologico, avendo esigenze avanzate di comunicazione, marketing, contabilità e finanza. L’effetto della penalizzazione delle nostre aziende più strutturate e conosciute lo si vede oggi più che mai: siamo diventati terreno di conquista da parte delle imprese estere. Premesso questo, ciò che dovrebbe essere corretto nel decreto è il calcolo della superficie, che oggi nei criteri di priorità prende in conto quella aziendale totale e non quella esclusivamente vitata. In secondo luogo, una programmazione territoriale più puntuale si sarebbe potuta fare e sarebbe auspicabile per il futuro: credo che il sistema debba tentare di privilegiare quei distretti che possono ancora dimensionarsi, dotandosi ovviamente di regole e di un attento monitoraggio, mettendo in primo piano zone dove c’è più richiesta e in stand-by altre che oggi sono a conti fatti in ombra nelle richieste dei mercati. Terzo - conclude il vice presidente Uiv, Frescobaldi - ma non meno importante, è il sistema sanzionatorio: nel primo anno era ancora timido, e questo ha favorito le speculazioni, mentre le sanzioni pecuniarie e amministrative introdotte con il Testo Unico dovrebbero fare da deterrente ulteriore per coloro che ricevono autorizzazioni e poi non piantano”.

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