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Morto Gerard Colin, enologo francese pioniere del vino cinese che, con Domaines Barons de Rothschild Lafite, “ha portato Bordeaux in Cina”. Nelle parole del presidente Riccardo Cotarella il cordoglio di Assoenologi

“Con la morte del wine-maker francese perdiamo l’“uomo che ha portato Rotschild in Cina. Una scelta rivoluzionaria, visionaria, anticonformista. Tuttavia, in molti non lo apprezzarono per questo, si gridò allo scandalo. Ma oggi quelle bottiglie di Lafite-Rotschild hanno fatto il boom in Cina, consolidando in un nuovo mercato come quello della Grande Muraglia l’idea che il vino imperdibile sia francese. Colin è stato dunque un pioniere, avrebbe potuto regalarci altre emozioni”. Così il presidente Assoenologi, Riccardo Cotarella, che esprime il cordoglio degli enologi italiani per la morte di Gerard Colin.
Gerard Colin ha studiato enologia all’Università di Bordeaux e ha lavorato sia per Château Teyssier a St-Emilion sia per Château Clarke a Listrac, prima di diventare consulente e produttore di vino. Nella sua prima visita in Cina, nei primi anni Novanta, ha incontrato CK Chan, il proprietario di Grace vineyards, diventandone consulente nel 2001. Qui ha portato la sua esperienza bordolese, impiantando Cabernet Sauvignon e Merlot. Pioniere del buon vino in Cina è stato uno dei primi ad acquisire riconoscimenti di qualità per vini prodotti in Cina. Nel 2006, Domaines Barons de Rothschild Lafite, ha creato un’azienda vitivinicola in Cina ed ha assunto Gérard Colin come direttore del progetto di Domaines Barons de Rothschild Citic Wine Estate. Dalla scelta del terroir e dei vitigni, Gérard Colin ha contribuito a creare interesse crescente sui vini di Lafite in Cina. Dopo aver lasciato la Domaines Barons de Rothschild Citic Wine Estate, Colin ha impiantato un proprio vigneto nella provincia di Xinjiang lungo la via della seta, e dal 2014 stava lavorando ad un progetto di enoturismo nella provincia di Shandong.

Per l’esportazione della produzione del vino in Cina l’esperienza dell’Italia e della Francia sono molto diverse, oggi e in prospettiva. Come Assoenologi, ha precisato il presidente “abbiamo diverse collaborazioni e ospitiamo aspiranti enotecnici negli stage. Ma soprattutto esportiamo la nostra cultura enologica in un grande Paese che si sta avvicinando con passi da gigante al consumo di vino e in misura minora alla produzione. L’Italia in Cina - ha detto Cotarella - ha un problema e una fortuna: deve recuperare il gap della Francia che è percepita dai cinesi come leader ma, contrariamente a quanto rischiano i vigneron d’oltralpe, i nostri vitigni non si adattano a territori diversi. Chi ha piantato Nebbiolo o Sangiovese in Cina ha ottenuto solo scimmiottature, perché da noi è molto più forte il legame tra vitigni e territorio. Noi possiamo piantare vitigni francesi, e chi lo ha fatto ad esempio a Bolgheri ha avuto uno straordinario successo, ma per fortuna le nostre uve non sono “migranti”. Per questo - ha concluso Cotarella - guardo con fiducia al mercato cinese perché i consumatori la prima volta il vino lo bevono, poi lo apprezzano, e dopo ne scoprono le diverse espressioni e amano la ricchezza di biodiversità. Proprio come è successo negli Usa, prima bevevano solo Lambrusco, oggi conoscono regioni produttive e territori Doc come e meglio di noi”.

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