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Dopo la vigna di Leonardo da Vinci, riportata a nuova vita per l’Expo di Milano, l’“analista sensoriale” Luca Maroni vuole far rinascere la Roma caput vini, tramite un’“arca di Noè” ampelografica con oltre 154 vitigni autoctoni italiani

A metà fra una testimonianza tangibile e concreta della enorme varietà ampelografica della fu Enotria e una banca dati vivente del patrimonio genetico e culturale contenuto in oltre 154 varietà di vitigni, il progetto avviato concretamente da Luca Maroni, padre dell’“Annuario dei Migliori Vini Italiani”, in collaborazione con l’Università “La Sapienza” di Roma, ha decisamente tutte le carte in regola per rappresentare un unicum mondiale, oltre a un rinverdimento sostanziale del rapporto storico che l’Urbe ha sempre avuto con la vite e con il vino. E il prossimo autunno, con l’impianto delle viti, questo vero e proprio “vigneto Italia” compierà i suoi primi passi all’interno dell’Orto Botanico della Capitale, con l’utilizzo di tecniche della biodinamica, e quindi a impatto zero, e con il sistema di potatura più antico, ovvero ad alberello.

Il progetto voluto da Maroni - romano di nascita e crescita - colma innanzitutto una lacuna evidente per un Paese che, come l’Italia, può vantare un rapporto con la vite che risale a ben prima dell’avvento della cristianità, e chi si è declinato in maniere sempre irripetibili nei mille territori del vino della fu Enotria. Ma, altrettanto notevolmente, mira a unire il vissuto storico con il presente urbano della Capitale, e col futuro di un concetto di viticoltura che abbia solo esternalità positive a livello ambientale. “Il Vigneto Italia è una cosa che tutti ci invidiano al mondo”, racconta Maroni a WineNews, “una cosa di cui andare orgogliosi e fieri, e il mio sogno era quello di entrare in una vigna e camminare fra tutti i vitigni autoctoni italiani”. Sogno che, tramite la sua condivisione, si sta concretizzando nei meravigliosi dodici ettari dell’Orto Botanico romano - “uno dei giardini più belli di Roma e del mondo”, puntualizza Maroni - grazie al supporto del Consiglio di Amministrazione dell’Orto, che è gestito dall’Università “La Sapienza” e che ha subito approvato l’idea all’unanimità. “Proprio ieri abbiamo fatto le buche per gli impianti, e stiamo individuando i portinnesti, e grazie al supporto di quel vanto agronomico nell’Italia e nel mondo che è la Vivai Cooperativi Rauscedo, che fornisce gratuitamente barbatelle e vitigni, il prossimo autunno questo vigneto sarà realtà”.

La selezione delle 154 varietà si è basata sul criterio della rappresentatività, essendo solo un sottoinsieme del macrocosmo ampelografico italiano: ““Vigneto Italia” è un campo dove tutte le Regioni possono sentirsi rappresentate, quindi il criterio su cui ci siamo basati è quello delle varietà che già oggi danno vita a vini commerciati in tutto il mondo. Io che ho già recuperato la vigna di Leonardo nel pieno centro di Milano”, puntualizza poi Maroni, “penso che una delle testimonianze più belle della quotidianità, della familiarità, della vite e del vino, sia proprio quella di rivalutare i grandi vigneti del centro storico, e ci tengo a dire che la conduzione del vigneto sarà interamente biodinamica. Portare tante piante vive nel centro di Roma, e nutrirle nella maniera più naturale possibile, piantandole con la tecnica ad alberello, e cureremo anche la parte estetica, in modo che la valenza del progetto non sia solo sostanziale ma formale. Dobbiamo essere orgogliosi del nostro patrimonio vitato, riportare il vino al centro dell’orgoglio culturale e nutrizionistico del nostro paese, e spero che quest’attrazione contribuisca a comunicare a tutti i visitatori, stranieri quanto italiani, la ricchezza del nostro patrimonio vitato: l’Italia è la capitale mondiale del vino, e quindi Roma Caput Vini”.

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