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Visite in cantina e degustazioni fiscalizzate come “reddito agrario”, semplificazioni e “non inutili complicazioni”: il testo unico dell’enoturismo è in Senato, e già partono le richieste di modifica delle organizzazioni di categoria, da Fivi a Mtv

Nell’era dei “testi unici”, dopo quello sul vino approvato nel 2016, la discussione in parlamento sta entrando nel vivo anche per quello sull’enoturismo, settore cresciuto enormemente in Italia, ma che ora, chiedono gli operatori, ha bisogno di essere regolamentato meglio e semplificato. Se ne è parlato nei giorni scorsi in Senato, dove il testo è approdato su invito del relatore, il senatore Dario Stefàno, secondo cui si parla di “una grande opportunità occupazionale per i nostri giovani e occasione di sviluppo per i nostri territori che stanno diventando destinazioni ambite per il turismo enogastronomico mondiale. Dobbiamo puntare a snellire la burocrazia e continuare a combattere per avere regolamenti comunitari più vicini alle esigenze dei produttori ed alle ambizioni delle realtà locali”. Ed è proprio questo che chiedono le organizzazioni di categoria.
Come la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti guidata da Matilde Poggi, che “chiede una semplificazione del nuovo disegno di legge sull’enoturismo. Una materia fondamentale, che necessita di essere normata, ma senza inutili complicazioni”. Diversi i punti su cui Fivi chiede delle modifiche, ma soprattutto delle semplificazioni. “Noi vignaioli facciamo già enoturismo da anni nelle nostre cantine - dichiara la Poggi - abbiamo solo bisogno che venga normato l’aspetto fiscale. Chiediamo quindi che i corrispettivi relativi alle attività di visita e degustazione rientrino nel reddito agrario”.
La Fivi, inoltre, propone inoltre che l’enoturismo sia riconosciuto come attività agricola e che non sia ricompreso tra le attività agrituristiche, come previsto dal disegno di legge.
E da parte dell’associazione ci sono perplessità anche sull’obbligo di partecipare a corsi di aggiornamento per avviare l’attività. La richiesta Fivi è che i corsi siano facoltativi e che per l’avvio di un’attività di enoturismo in cantina sia sufficiente presentare una Scia ed essere in possesso dell’autorizzazione sanitaria.
Anche la discrezionalità lasciata dal disegno di legge alle regioni non trova d’accordo Fivi, in quanto possibile fonte di disparità fra le diverse zone d’Italia, come già avviene per gli agriturismi. “Molto meglio pensare a norme minime condivise con tutte le Regioni”.
Fra i lati positivi della legge invece, per i vignaioli, il fatto che l’attività di enoturismo sia riservata alle sole aziende che al loro interno coprono tutte le fasi di produzione, dalla vigna alla bottiglia, tagliando fuori di fatto le aziende commerciali e valorizzando chi lavora sul territorio.
Per il Movimento Turismo del Vino guidato da Carlo Pietrasanta, il ddl contiene già molti pregi, ma su quale serve da subito “risolvere alcuni nodi critici. Quello principale è la comparazione con l’attività agrituristica, che prevede invece un complesso di attività molto più articolate: l’enoturista deve essere semplicemente messo nelle condizioni di poter svolgere - a pagamento - le attività di degustazione dei vini accompagnati da prodotti tipici del territorio regionale e le visite al patrimonio aziendale, nel rispetto di sicurezza e norme igienico-sanitarie. Ad oggi infatti non è ancora possibile svolgere legalmente queste attività”.
Insomma, il dibattito è aperto e, come spesso accade ultimamente nel mondo del vino, ci sono diverse visioni contrastanti da mettere a sistema e far convivere, per quanto possibile. Senza contare la prevedibile opposizione a certe richieste, come quella di far rientrare le degustazioni a pagamento sotto il reddito agrario, da parti di quelle attività come enoteche e wine bare e così via che, invece, devono pagare le tasse con il regime del commercio che, da questo punto di vista, è assai meno conveniente.

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