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Vale 17,3 miliardi di sterline il potere di negoziazione del Regno Unito, maggior commerciante di vino al mondo: ecco le proposte della Wsta al Governo per affrontare la Brexit. Focus: l’allarme per il rischio inflazione nei prezzi del Prosecco

Assicurarsi che il flusso commerciale verso e fuori dalla Gran Bretagna non venga interrotto dalla Brexit, mantenere e rafforzare la fiducia del consumatore nella sicurezza e autenticità dei vini presenti sul mercato inglese incoraggiando allo stesso tempo l’innovazione, garantire il continuo successo e la crescita sostenuta del vino inglese. Questi i principali obiettivi che la Wsta - Wine & Trade Association, si è posta nel documento di richieste e proposte inviato al Governo, per identificare e accogliere al meglio le sfide che la Brexit sottoporrà al commercio inglese di vino e spirits (http://www.wsta.co.uk/).
La Wsta rappresenta più di 300 aziende fra produttori, importatori, esportatori, trasportatori e venditori di vino e spirits nel Regno Unito, che contribuiscono al mercato inglese per più di 45 miliardi di sterline in attività economica, 21 miliardi in vendita e creando direttamente e indirettamente quasi 600.000 posti di lavoro. La Gran Bretagna è inoltre il maggior commerciante di vino al mondo, si legge nel documento: più grande importatrice di vino pro capite al mondo (per un valore di 2,8 miliardi di sterline, con l’Italia, la Francia e l’Australia come principali partner commerciali), è allo stesso tempo il maggiore esportatore europeo di spirits, per un valore di 440 milioni di sterline. Forte di questi numeri la Wsta chiede con decisione al Defra - Ministero per l’Ambiente, il Cibo e gli Affari Agricoli - di poter passare ai fatti e permetterle di condurre le negoziazioni, in modo da spianare la strada al governo a siglare i miglior possibili accordi con l’Unione Europea e paesi terzi.
L’intenzione della Wsta è quella di difendere tutti gli enormi progressi fatti con l’Unione Europea, sia di garanzia ai consumatori sia di semplificazione per i produttori, senza rinunciare allo stesso tempo alle enormi opportunità di maggiore libertà di azione che offre la Brexit.
Da una parte si vuole quindi restare un partner commerciale privilegiato del Mercato Unico, salvaguardando l’accesso all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Emcs) e sostenendo lo scambio per e dal continente di merci liberi da quote e dazi. E si vogliono altresì difendere tutti gli accordi presi in materia di sicurezza e autenticità alimentare “from farm to fork” (dalla fattoria alla forchetta) e in materia di standard e regolamentazioni produttive, a garanzia sia del consumatore inglese che di quello estero, come anche dei produttori di vino stessi. Ma allo stesso tempo si cercherà di allentare le restrizioni legislative che l’appartenenza all’Unione Europea imponeva: accordi commerciali autonomi con paesi terzi, revisioni delle denominazioni d’origine, partecipazione al World Wine Trade Group, nuovi sistemi integrati di controllo antifrode, sburocratizzazione e deregolamentazione del comparto per evitare distorsioni di mercato e favorire l’innovazione.
Il comparto del vino inglese dagli ultimi anni risulta in continua crescita: con un raddoppio della superficie vitata dal 2009 e il raddoppio della produzione prevista fra il 2015 e il 2020, la viticoltura dell’isola è uno dei pochi settori agricoli a mostrare un tale potenziale: questo successo fa crescere l’economia rurale, crea posti di lavoro qualificati e alimenta il turismo.
Secondo la Wsta, per non interferire con questo potenziale sarà importante consentire di piantare nuovi vigneti, garantire l’accesso al paese di attrezzature e prodotti enologici e agronomici liberi da dazi e la possibilità di poter far entrare nel paese personale professionalmente qualificato. Allo stesso tempo però la coltivazione della vite e la vinificazione dovranno continuare ad essere considerati pratiche agricole per accedere a quei sussidi agricoli comunitari di cui dovrà farsi carico il governo inglese dopo la Brexit.

Focus - Wsta, allarme prezzi Prosecco in Uk
La Wine & Spirits Trade Association, la principale associazione di categoria del settore wine & spirits britannico, ha pubblicato un annuncio che potrebbe impensierire il vino italiano oltremanica: il costo di ogni bottiglia di vino importato dall’Ue nel Regno Unito - come combinato disposto dell’inflazione, della svalutazione della sterlina, dell’aumento delle accise e dell’incertezza causata dalla Brexit - potrebbe aumentare in media di 53 pence, ovvero quasi il 10%.
Inoltre, per il Prosecco l’aumento sarebbe di 59 pence (+9%), mentre per lo Champagne l’aumento sarebbe del 5%, o una sterlina. La stima è la seconda del genere che la Wsta pubblica da inizio 2017, ed è ben più fosca della prima, dato che precedentemente l’aumento era quantificato in 30 centesimi a bottiglia: l’associazione ha, quindi, chiesto al Governo, a meno di un mese dalla pubblicazione del budget annuale, di abbassare le accise del 2%, visto che sono già le più alte d’Europa (il 55% del costo medio di ogni bottiglia, che è pari a 2,08 sterline per i fermi e di 2,67 per gli spumanti).
Una misura che farebbe bene al mercato britannico degli alcolici, ma che nulla toglie al palpabile clima di incertezza che si addensa giorno dopo giorno nel Regno Unito.

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