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La Docg Ghemme compie vent’anni, e festeggia il passaggio da doc a docg di uno dei vini più antichi d’Italia, conosciuto dai tempi dei Romani, che proprio nella fu “pagus Agamium” coltivavano vigne modello

Nebbiolo, più Vespolina e Uva Rara, in appena 56 ettari di zona di produzione, con un disciplinare che prevede una resa massima di 80 quintali per ettaro e un invecchiamento minimo di tre anni; ecco, in sintesi estrema, il Ghemme, vino tipico del comune piemontese e della provincia di Novara che quest’anno spegne 20 candeline sulla sua denominazione di origine controllata e garantita.
Il decreto con il quale la Doc, assegnata nel 1969, è passata a Docg risale al 1997, ma la storia del Ghemme risale quantomeno ai tempi dei Romani, che proprio a “pagus Agamium”, località che ha finito col dargli il nome, erano noti coltivare veri e propri vigneti modello, con una sorta di “disciplinare” ante litteram che stabiliva i parametri e le tecniche di ogni fase del processo produttivo, dall’impianto delle viti alla coltivazione e fino all’invecchiamento.

Un vino che Mario Soldati definiva “eccellente” e “di prim’ordine”, “un Gattinara più scuro, più violento. Meno trasparente, meno liquoroso, meno raffinato: ma forse più genuino”:
e per festeggiarne i 20 anni, il Consorzio di tutela dei Nebbioli dell’Alto Piemonte (www.consnebbiolialtop.it) organizzerà una giornata di celebrazioni, il 15 febbraio, a Roma, nelle sale del Ministero delle Politiche Agricole.

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