02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

“L’Amarone è il vino più Barocco d’Italia: è tutto quello che è leggermente troppo, ma è un troppo che a noi non basta mai”: così Philippe Daverio, ad Anteprima Amarone. “Le agricolture redditizie come quella del vino hanno salvato il paesaggio”

“L’Amarone non è veneto, è italiano. Come il Barolo non è piemontese, ma italiano, come il Chianti non è toscano, ma italiano. Italiano nel senso che l’Italia è intimamente barocca, vive da sempre all’insegna del “chi più ne ha e più ne metta”, e questo vale per l’architettura come per la burocrazia. Ecco, l’Amarone in questo senso è forse uno dei vini più barocchi d’Italia, è tutto quello che è leggermente troppo, perchè è un troppo che a noi non basta mai”. Parole in libertà pronunciate da Philippe Daverio, celebre critico d’arte e sempre più assiduo frequentatore del mondo del vino, sul palco di Anteprima Amarone 2013, evento firmato dal Consorzio Vini Valpolicella, di scena a Verona, dal 28 al 30 gennaio, con 78 aziende che presentano l’annata 2013 ed una selezione di annate storiche (www.anteprimaamarone.it), insieme al giornalista Andrea Scanzi. Daverio che, stuzzicato dal giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, provoca: “mio padre e mio nonno sono italiani, io sono nato in Alsazia, e sono fermamente europeista. Ma vorrei un’Europa diversa da quella di oggi, e che potremmo rifondare partendo da un articolo molto a tema: l’Europa è la penisola occidentale dell’Asia, fondata sul vino”.
Una provocazione, a cui ne segue un’altra. “Avevo proposto di trovare per l’Italia un Ministro dei Beni Culturali che arrivasse dal mondo del vino, che avesse dimostrato di saper concretizzare il rapporto tra creatività, prodotto e progetto, che poi è la stessa triade alla base della cultura. E in fondo il vino italiano questo l’ha fatto”. Perchè, lascia intendere Daverio, è stato creato dall’intuizione dell’uomo, poi è stato vissuto come prodotto e alimento, e poi è diventato simbolo di un progetto culturale. Anche redditizio, economicamente. “E questo aspetto è fondamentale, perchè tutte le agricolture che danno reddito economico importante hanno salvato l’Italia dallo scempio dell’edilizia che ha devastato interi territori. Ecco, in Valpolicella come in altri territori, la redditività del vino è stata fondamentale perchè i produttori rimanessero e investissero preservando il nostro bel paesaggio e scommettessero sulla bellezza”.
Certo, tutto questo, come si ripete spesso nel mondo del vino, va raccontato meglio. “È fondamentale. Secondo me ci sono dei settori in cui l’Italia è imbattibile nel mondo, e uno di questi è il cibo, in cui il vino, in pochi anni, ha giocato un ruolo importantissimo, guidando la crescita e la scommessa sulla qualità. Cosa che altri settori dell’agricoltura non hanno capito: se sono disposto a pagare di più per una buona bottiglia di vino, sono disposto a farlo anche per uno spaghetto fatto con un grano migliore. Ma questo la filiera cerealicola, che è in crisi da anni, non lo ha capito, o forse sta iniziando a capirlo solo ora. Ma, al di là di questo, il vino italiano deve imparare a raccontarsi, soprattutto in mercati nuovi che di vino sanno pochissimo, come la Cina. In questo senso, voi produttori di vino dovete essere un po dei nuovi evangelisti del bello e del buono che producete”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli