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Se la Storia con la “S” si intreccia con quella del vino, il passato torna a rivivere: alla Reggia di Caserta rivedrà la luce antica vigna borbonica, su due ettari nel Bosco di San Silvestro. Online avviso d’interesse. Focus: esempi di storia & vino

Italia
La Reggia di Caserta, Pompei ed il Tempio di Selinunte

La vite e il vino hanno accompagnato da sempre la storia della nostra Penisola, a partire da quando Roma ed il suo Impero erano il centro del mondo allora conosciuto, ma anche in epoca più recente, come il XVIII secolo, quando una delle città più influenti politicamente di tutto il bacino del Mediterraneo era Napoli, capitale dell’omonimo Regno guidato dai Borbone. Fu proprio il Re di Napoli Carlo di Borbone, nel 1752, ad ordinare la costruzione di una Reggia che potesse competere con quella di Versailles, a Caserta, ancora oggi la residenza reale più grande del mondo, ed uno dei gioielli dell’enorme patrimonio storico e artistico del Belpaese. Dove tornerà a vivere l’antica vigna borbonica, all’interno del Bosco di San Silvestro. La Direzione della Reggia, infatti, insieme al Ministero dei Beni Culturali, ha manifestato l’intenzione di concedere in gestione due ettari del Bosco di San Silvestro, e ha già pubblicato sul proprio sito (www.reggiadicaserta.beniculturali.it) l’avviso, rivolto a tutti gli imprenditori del settore, non solo italiani, ma di tutta Europa, per raccogliere le manifestazioni di interesse. Il canone di concessione, che sarà deciso alla stesura del concorso vero e proprio, è stimabile in 2.000 euro mensili, oltre alle royalties sulla vendita del vino che, a distanza di secoli, tornerà ad essere prodotto alla Reggia di Caserta, proprio come accadeva in epoca Borbonica.
Ma non è la prima volta che la Storia con la “S” si intreccia a quella del vino, attraverso cui il passato torna a rivivere, specie quello più glorioso, raccontato dalla grandezza delle opere giunte sino a noi proprio dall’Epoca Romana, tra cui spicca la città di Pompei, letteralmente cancellata dall’eruzione del 79 d. C., e riportata alla luce solo a partire dal 1748. Oggi, è il secondo sito italiano per numero di visitatori, e tra ville, case, edifici pubblici, edifici ludici, templi e necropoli, dal 1994, anche la vigna è tornata a vivere, grazie al progetto voluto fortemente da Antonio Mastroberardino, allora a capo della griffe simbolo dell’Irpinia enoica, e dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei, perché il vino, come hanno rivelato numerosi indagine archeologiche, aveva un ruolo importantissimo, simbolico, economico, culturale e sociale, proprio come oggi, tanto che la vite era coltivata anche all’interno all’interno della cinta muraria della città di Pompei, nei giardini e negli orti che ornavano le case, ma soprattutto nei quartieri periferici nei pressi dell’Anfiteatro. Così, è nato il “Villa dei Misteri”, vino prodotto dalle uve coltivate dentro le Domus di Pompei, proprio come succedeva 2.000 anni fa, e che deve il suo nome, “Villa dei Misteri”, a una delle Domus più belle dell’intero complesso archeologico (www.mastroberardino.com).

Rimanendo in tema archeologico, c’è un posto in cui il vigneto non è mai scomparso: il Parco Archeologico più grande d’Europa, quello di Selinunte e Cave di Cusa, che si estende su 310 ettari nella parte occidentale della Sicilia, fa da sfondo al vigneto più grande d’Europa, quello di Cantine Settesoli, che, con l’Assessorato Regionale Beni Culturali ed identità siciliana, si è impegnata a raccogliere 500.000 euro per sostenere in maniera efficace e duratura il Parco Archeologico.
Oltre alla donazione di 20.000 euro fatta direttamente dalla cantina, le attività di fundraising che coinvolgono i consumatori sono molteplici: sugli scaffali della gdo, per ogni bottiglia Settesoli venduta, verranno devoluti 10 centesimi al Parco. Inoltre è nato un website ad hoc (www.settesolisostieneselinunte.it) su cui acquistare la confezione speciale da 2 bottiglie che devolve un euro al Parco. Perché allora come oggi, da Pompei a Selinunte, passando per la Reggia di Caserta, il vino fa parte della nostra storia, e non può che continuare, o tornare, a farne parte.

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