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Dova va l’enoturismo mondiale? Dal peso dell’esperienza enogastronomica in viaggio alla ricerca della tradizione, passando per il peso della vendita diretta: le tendenze emerse dalla “The Business of Wine & Food Tourism Conference”

Italia
Le tendenze dell’enoturismo emerse dalla “The Business of Wine & Food Tourism Conference”

L’enogastronomia è diventata la chiave con cui il viaggiatore impara a conoscere il mondo, e questo vale soprattutto per i più giovani, che non hanno paura dell’incertezza né della minaccia globale del terrorismo, ed anzi cercano la maggior connessione possibile con i Paesi che decidono di visitare. È una tendenza che vale per tutti ed ovunque, e che riguarda da vicino il mondo del vino, come emerso dalla “The Business of Wine and Food Tourism Conference” (http://wineandfood.co.za), di scena nelle scorse settimane, per la prima volta in Sudafrica, Paese emergente nel panorama enoico, capace di coniugare in maniera equilibrata la chiusura e l’inaccessibilità di tante cantine della Vecchia Europa e la stravaganza turistica, a volte eccessiva, della Napa Valley, come racconta il magazine enoico tedesco “Meininger” (www.meininger.de). “La gastronomia - ha spiegato Mariëtte du Toit-Helmbold, Ceo di Destinate, agenzia di marketing turistico sudafricana - è un aspetto fondamentale per i Millennials in vacanza: quasi il 60% di loro viaggia con gli amici, e vogliono essere in grado di prendere decisioni veloci e spontanee, hanno curiosità, specie per ciò che bevono e mangiano, vogliono sapere come viene prodotto il loro vino preferito, è la prima volta che ci troviamo di fronte viaggiatori tanto consapevoli e curiosi”.
E che il turismo sia sempre più esperienziale lo dimostra, ad esempio, “il successo di Airbnb - continua Toit-Helmbold - perché chi viaggia vuole immergersi nella vita locale, nella storia: in questo, il Sudafrica parte svantaggiato, la nostra non è una grande storia, ma è interessante, e ciò che è interessante vende. E vale anche per turismo del vino: da noi ci sono pochissime barriere, la gente può avvicinarsi all’industria enoica in piena libertà, e l’enoturismo si è dimostrato un vero e proprio generatore di posti di lavoro: il nostro obiettivo è quello di fare del Sudafrica il punto di riferimento mondiale del settore”. Ma cosa è successo al turista, nel corso degli anni, in Sudafrcia come nel resto del mondo? “Una volta - racconta l’esperto di business enoico Jonathan Steyn - la gente comprava qualcosa di tangibile, un prodotto fatto e finito, poi ha rivolto la propria attenzione verso l’esperienza della messa in scena, come quella che si trova nei grandi parchi di divertimento, pensiamo a Disneyland, oggi, invece, vuole un’esperienza reale, come quella che si vive in cantina”. Senza considerare, continua Steyn, “un’altra tendenza importante: la nostalgia per il passato, che ci spinge a guardare in modo romantico alle tradizioni, alla semplicità, alla natura”.
Ecco allora che il concetto di enoturismo non riguarda più solo le regioni del vino, ma anche la città. “Perché - riprende Steyn - negli ultimi 100 anni il mondo ha vissuto un’enorme urbanizzazione, e allora sarebbe interessante un concept pensato appunto per la città: un wine bar che restituisca la visione di un grande territorio del vino e che sia, in un certo senso, la porta d’accesso al wine tourism vero e proprio, dove riconnettersi con la natura e con un mondo genuino, lontano dalla mercificazione e dalla globalizzazione”. Anche se, in verità, come ha ricordato il consulente internazionale Peter McAtamney, “per le cantine di Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Stati Uniti, la metà delle entrate arriva dalla vendita diretta, ed il merito è proprio dell’enoturismo, che ha riportato la gente nelle aziende: l’88% degli acquisti, infatti, è la degna conclusione di una visita guidata. Un’esperienza importante, sulla quale investire: è importante che i wine lovers entrino in cantina, più che fare promozione sui social, anche perché chi arriva in azienda è pronto a spendere molto di più di quanto si pensi, sia per una degustazione guidata che per una cassa di vino”.
Il passo successivo, a questo punto “è quello di fare rete con i tour operator, gli alberghi ed i ristoranti, per creare e vendere questo tipo di esperienza e portare l’eccellenza alla porta della cantina: la chiave - ha concluso McAtamney - è creare un’esperienza originale per emergere in un mercato enormemente competitivo, così da fidelizzare il consumatore”. Un punto, importante, su cui il dibattito è particolarmente vivo, è quello sulle degustazioni in cantina: gratuite o a pagamento? Secondo il professor Robin Back, del Rosen College of Hospitality Management della University of Central Florida, “negli Stati Uniti, quando al consumatore viene proposta una degustazione gratuita, è più disposto a spendere, secondo il principio della recirpocità. Ma non vale sempre, nelle cantine di livello, infatti, quando la degustazione è gratuita il wine lover spende meno, mentre nelle aziende del Sudafrica non c’è grande differenza”. Come comportarsi? “Dipende da quanta fiducia avete nel vostro prodotto - conclude il professor Back - ma far pagare la degustazione non altera, in assoluto, il comportamento di acquisto”.

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