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I vitivinicoltori del Languedoc-Roussillon, nel sud-ovest della Francia, suonano l’allarme: la competizione di vino spagnolo a basso prezzo nella gdo francese potrebbe rovinarci. Ma è tutto perfettamente legale ...

E’ stato un anno senz’altro vivace nella regione enoica del Languedoc-Roussillon, al confine tra Francia e Spagna: l’area, dove da decenni sono attivi i curiosi quanto famigerati “terroristi enoici” del Comité Régionale d’Action Viticole (Crav), è da tempo al centro di una disfida enoica che vede l’un contro l’altro armati i produttori dell’area contro quelli della confinante Spagna, e nel solo corso di quest’anno si sono verificati prima dei dirottamenti di autocisterne contenenti vino spagnolo da parte dei vigneron dell’area (con conseguenti sversamenti del vino trasportato), e poi, ad agosto, degli sversamenti, da parte dello stesso Crav, delle taniche del merchant Biron di Sete, allagando le strade della città di nettare di Bacco - spagnolo anch’esso.
La tensione è da tempo alta nell’area, e da un certo punto di vista comprensibilmente, vista la competitività del vino spagnolo nei confronti di quello della regione - e adesso i produttori dell’area, come riportato da “Decanter” (www.decanter.com), hanno pubblicamente lamentato il fatto che la competizione spagnola tra gli scaffali della grande distribuzione di Francia potrebbe mandare più di uno di loro fuori mercato. L’argomento del contendere, nello specifico, è il vino bag-in-box spagnolo, che, secondo i produttori francesi, dovrebbe riportare in maniera più chiara (e ovviamente più visibile) la provenienza del prodotto: secondo Florence Barthés, direttrice dell’associazione di categoria dei produttori dell’Igp Pays d’Oc, “c’è stata una crescita vertiginosa della presenza di vino spagnolo in Francia negli ultimi due anni. I supermarket francesi”, ha proseguito, “hanno una reputazione di qualità grazie al vino francese”, prima di sottolineare il fatto che i rivenditori, pur etichettando in maniera perfettamente aderente alle normative il vino spagnolo in bag-in-box, dovrebbero renderne la provenienza più visibile, lamentando una (non immediatamente chiara) forma di “competizione sleale”. Se la cosa perdurasse, ha concluso Barthés, “quasi il 12% del vino prodotto nell’Igp potrebbe scomparire: queste importazioni sono legali, ma chiediamo che i consumatori ne vengano informati visibilmente in modo che possano fare scelte ragionate”.
Per le associazioni di categoria e dei produttori dell’area risuonino alti e da tempo, comunque, al pari degli atti terroristici e vandalici non rari nella regione francese, non si vede proprio su quali basi le loro proteste possano essere appoggiate. Le regole del mercato unico - le stesse che consentono al vino francese, così come a quello spagnolo e a quello tricolore, di godere di accesso libero ai paesi membri, oltre che di godere della tutela delle proprie denominazioni - sembrano essere tutte rispettate nell’ambito di questa vicenda, e quindi risulta piuttosto ostico capire quali ragioni oggettive le lamentazioni dei produttori del Languedoc-Roussillon abbiano alla prova dei fatti. A meno che non si pretenda di godere dei vantaggi del mercato unico negandoli a piacimenti agli altri paesi membri - ma da questo punto di vista la storia non offre molti esempi praticabili di questo tipo di accordi “à la carte”...

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