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I diritti di impianto da rivedere, “ma solo dopo il 2020”, gli accordi internazionali, la specificità dell’Ocm vino da mantenere: Domenico Zonin (Comité Européen des Entreprises Vins) a tu per tu con il Commissario Ue all’Agricoltura Phil Hogan

Italia
Domenico Zonin, vice presidente Ceev

Il tema dei diritti di impianto, sistema da ritoccare “ma solo dopo il 2020”, i grandi accordi internazionale, dal Ttip, “lontano dalla sua conclusione”, a quelli più vicini alla firma con Giappone e Canada, fino al mantenimento delle specificità di una Ocm ad hoc per il vino “che dovrebbe essere mantenuta anche dopo il 2020, ma su cui dobbiamo lavorare”: ecco, in estrema sintesi, i temi di cui ha discusso il Commissario all’Agricoltura dell’Ue, Phil Hogan, insieme al Ceev - Comité Européen des Entreprises Vins, che mette insieme più di 7.000 imprese ed il 90% dell’export del vino europeo, che vede alla vicepresidenza l’italiano Domenico Zonin. Che a WineNews spiega: “c’è grande apertura e disponibilità da parte di Hogan ad ascoltare la filiera. Uno dei punti più sensibili che abbiamo trattato è il tema della autorizzazioni di impianto, che così come è non funziona”.
Nel caso dell’Italia, ricorda Zonin, sono stati assegnati 6.000 ettari di possibile aumento (ovvero l’1% della superficie vitata consentito per ogni Paese membro come prevede il regolamento Ue, ndr), contro i 60.000 richiesta. È troppo poco. Stiamo perdendo vigneto, e se avessimo necessità di piantare qualche migliaio di ettari per rispondere a qualche trend o esigenza di mercato, con il sistema attuale non è possibile. Quindi abbiamo chiesto al commissario di poter modificare la percentuale verso l’alto, e la disponibilità c’è stata data. Ma Hogan è stato chiaro: se ne parla dopo il 2020, prima non è possibile. E in vista di quella data è opportuno e necessario lavorarci fin da oggi”.
Anche perchè se l’esigenza di allargare le maglie è stata manifestata in maniera forte dall’Italia, anche gli altri Paesi, come Spagna, Francia e Germania, sono concordi sul tema: “è una necessità condivisa. Un’idea possibile sarebbe quella di aumentare il massimo percentuale ad ogni Paese, che poi può decidere se concederlo tutto o meno. In ogni caso, sul tema e sulla possibilità di una modifica in questo senso c’è apertura e una visione abbastanza concorde tra tutti”.
Altro tema al centro dell’incontro, fondamentale per un vino italiano ed europeo che vivono sempre più di esportazioni, è stato quello dei grandi trattati internazionali. Il più atteso, che ad un certo momento sembrava vicino alla conclusione, e che ora invece vede la fine del percorso più lontana che mai, anche i vista delle politiche che Donald Trump metterà in atto, è il Ttip, ovvero il trattato transatlantico tra Italia e Usa. “Ora dipenderà tutto da come evolve la situazione negli Stati Uniti, di certo chi era addentro ai lavori capiva che non sarebbe stato facile - dice Zonin - anche sul fronte delle denominazioni. In Usa alcune sono registrate come marchio privato, e questo ha un forte peso. In ogni caso, al di là degli States, ci sono altri accordi significativi che stanno andando avanti - spiega Zonin - come quello con il Giappone (che per l’Italia è il primo mercato asiatico in assoluto, ndr), che secondo Hogan è vicino alla chiusura, e che è importante se si pensa che il vino cileno, per esempio, arriva nel Paese praticamente senza tasse. Altro accordo in dirittura di arrivo è quello con il Canada (tra i primi 5-6 mercati per il Belpaese enoico, ndr). Ma in ogni caso i trattati come questi, che riguardano tanti prodotti, sono al centro dell’attenzione anche del Commissario all’Agricoltura, e questo è importante”.
Come importante, forse più di tutto, è il tema della specificità dell’Ocm Vino, che è l’unico settore agricolo europeo a godere di una Organizzazione Comune ad hoc, che, pare, dovrebbe essere mantenuta anche nella Pac post 2020: “è una delle cose su cui il Ceev ha spinto di più - spiega Zonin - con la concordia di tutti gli Stati membri del Comitè. Da parte di Hogan anche su questo c’è apertura. Si deve tenere conto, però, che gli stati membri produttori di vino sono in minoranza in Ue, e che qualcuno probabilmente spingerà in senso contrario. Ma su questo penso che Hogan abbia le idee abbastanza chiare. Il nostro settore ha beneficiato moltissimo di questo trattamento che è giustificato dal fatto che è il primo nelle esportazioni, e che traina molti altri dell’agricoltura anche a livello di reputazione. E quindi anche per Hogan non ci sono motivi per togliere questa specificità, e noi lavoreremo per questo, anche perché ci sono misure come quella della promozione che sono fondamentali per il settore, e che non possiamo permetterci di perdere”.

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