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Dai monaci benedettini, nel 1400, alla Curia di Trento, nel 2016 (attraverso la sua finanziaria Isa - Istituto Atesino di Sviluppo): è il curioso percorso di Villa Cafaggio, realtà storica del Chianti Classico, nella “Conca d’Oro”, a Greve in Chianti

Dai monaci benedettini, nel 1400, alla Curia di Trento, nel 2016: è il curioso percorso di Villa Cafaggio, realtà storica del Chianti Classico, immersa nella “Conca d’Oro”, a Greve in Chianti (http://cafaggio.wine) che, all’inizio dell’anno, è sta ceduta da La-Vis all’Istituto Atesino di Sviluppo (http://isa-tn.it/), ovvero quella che è considerata la finanziaria della Curia trentina, che ha tante partecipazioni in molti settori, dall’energia al credito, dalle assicurazioni alle banche (il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 era di 136 milioni di euro, ndr).

Le origini di Cafaggio hanno radici nel Medioevo, ma il primo documento che ne attesta la presenza è del 1408, come risulta da una preziosa pergamena conservata nell’archivio dell’azienda. Allora la tenuta si chiamava “Cahago”, che significa campo recintato.

Un percorso che ha attraversato la storia e varie proprietà, quello di Cafaggio: dai monaci benedettini di Siena passò nelle mani di vari proprietari, tra i quali la nota famiglia fiorentina Niccolini. Sempre in età moderna la proprietà fu venduta all’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova ed i documenti attestano che già allora il podere produceva una grande varietà di generi alimentari, tra i quali vino ed olio. Si arriva così all’Ottocento, quando Cafaggio passò alla famiglia Boddi. Alla fine degli anni Sessanta la tenuta fu acquistata dalla famiglia Farkas, originariamente come casa di campagna, ma nel 1967 la proprietà era in uno stato di abbandono tale che i Farkas decisero non solo di restaurare le cantine, ma anche di reimpiantare vigne ed ulivi. Dal 2005 al 2015 Villa Cafaggio è stata controllata dal Gruppo La-Vis, e dal 2016, dunque, è al 100 nella disponibilità di Isa.

Oggi, Tenuta Cafaggio conta 60 ettari, di cui 30 a vigneto specializzato e 10 ad uliveto, ha una capacità produttiva che oscilla tra le 300-350.000 bottiglie all’anno, “che finiscono per il 90% all’estero, dove il brand è molto conosciuto, consolidato e ben posizionato” spiega a WineNews l’ad Marco Zanoni, ex commissario di La Vis e ora alla guida della Tenuta. “Per fortuna, per ora, abbiamo più richiesta di quanto riusciamo a produrre. Il mercato sta rispondendo bene, ci sta riconoscendo la qualità sui prodotti, che hanno il Chianti Classico al centro, ovviamente e di cui oltre al Chianti Classico “base” - nel 2014 l’annata 2011 è stato l’unico rosso servito alla cena di Gala dei Premi Nobel, ndr - e alla Riserva produciamo anche due “single vineyards”, il Basilica Solatìo Chianti Classico Riserva, e il Basilica San Martino Chianti Classico Riserva, a cui si aggiungono due “supertuscan”, il Basilica del Cortaccio Cabernet Sauvignon ed il Basilica del Pruneto Merlot. In questo anno abbiamo mantenuto e sviluppato i mercati, che per noi sono principalmente Usa, Canada, Regno Unito, Paesi Scandinavi e l’Asia, che cresce molto bene”.

Alla guida enologica e agronomica della Tenuta ci sono due prime firme del panorama italiano, ovvero l’enologo piemontese Beppe Caviola, e l’agronomi Ruggero Mazzilli, tra i massimi conoscitori del territorio e fondatore della Stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile di Panzano in Chianti.


“Ora siamo in fase di conversione, ma dal 2017 saremo anche certificati a biologico”, aggiunge Zanoni, che sottolinea come quello Isa in Villa Cafaggio e nel mondo del vino sia “un investimento a lungo termine. C’è un ragionamento molto serio alle spalle, molto consapevole dello straordinario luogo in cui è Cafaggio, con una politica di sviluppo nel medio lungo periodo, con gradualità, assicurando anche quelli accorgimenti tecnologici, commerciali e di marketing che magari in passato non erano in primo piano. E c’è grande attenzione per un settore che sembra garantire prospettive di sviluppo per chi non ha fretta, anche per cogliere tutto il potenziale che i vini di Cafaggio ed il territorio del Chianti Classico possono ancora sviluppare”.

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