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Vino & “sindacati”: 20 aziende, tra cui diversi big (per fatturato sul miliardo di euro), via da Uiv per restare (per ora) solo in Federvini. Antinori: progetto nuovo per rappresentanza più omogenea. Rallo (Uiv): noi continuiamo con nostra mission

Giusto un mese fa, l’11 novembre, WineNews scriveva di come, più o meno, sotto traccia ci fosse una frattura nel mondo della rappresentanza del vino italiano, con un “valzer” di cantine, da (e tra) le due organizzazioni più rappresentative del settore (https://goo.gl/InA8kX), ovvero Unione Italiana Vini e Federvini, nonostante il tavolo di lavoro a cui la filiera ha partecipato in modo organico e unitario, e che ha portato poi all’approvazione del “Testo Unico del Vino”, facesse quanto meno sperare in una nuova compattezza della filiera. E invece la divisione di umori e di vedute si è concretizzata, in queste ore, riporta “Il Sole 24 Ore” in un articolo a firma di Giorgio dell’Orefice, con l’uscita di oltre 20 cantine dai nomi (e dai fatturati) decisamente importanti da Uiv (che ne mette insieme 500, che rappresentano oltre la metà dell’export del vino italiano), del calibro di Antinori, Masi (che è guidata dal presidente di Federvini Sandro Boscaini, ndr), Ferrari, Santa Margherita, Cecchi, Sartori e non solo, che mettono insieme un fatturato vicino al miliardo di euro (su una filiera il cui business, nel complesso, è stimato introno ai 12 miliardi di euro).
Molte delle quali sono le stesse cantine che, in aprile, in vista delle elezioni dei vertici di Uiv, poi vinte da Antonio Rallo, avevano avanzato la candidatura di Ettore Nicoletto, ad Santa Margherita (https://goo.gl/ThQ9zq) e che, probabilmente, per ora punteranno sul rafforzare notevolmente il settore vino della Federvini, che con oltre 200 imprese associate rappresenta anche i settori degli spiriti e degli aceti. Di certo, tra le altre cose, non ha giovato il clima che si è creato anche dopo le ormai note vicende legate all’Ocm Vino Promozione (https://goo.gl/uvOa1F), e alla graduatoria prima approvata e poi, di fatto, invalidata dal Ministero delle Politiche Agricole che ne ha pubblicata una seconda estromettendo molti degli ammessi a finanziamento, e ammettendo alcuni degli esclusi (con alcuni ricorsi ancora pendenti in tribunale), arrivata con un bando pubblicato con notevole ritardo dopo un lungo lavoro di “trattativa” tra diverse anime delle filiera ed istituzioni.
“Abbiamo preso questa decisione presa dopo una lunga riflessione fatta con alcuni colleghi - commenta, a WineNews, Piero Antinori - sono 30 anni che, personalmente, cerco di arrivare ad una rappresentanza unica della filiera del vino, obiettivo che avevo anche quando ero presidente di Federvini, perchè questa frammentazione non giova agli interessi della categoria dei produttori. E se ognuno dice una cosa diversa non si riesce a far passare i messaggi che vogliamo a favore del vino, ed in questa confusione poi le istituzioni non ascoltano. È tanto che ci proviamo, tutti sono d’accordo in linea di principio, ma poi al momento di concludere - sottolinea Antinori - non si arriva mai al dunque per tanti motivi. E così abbiamo fatto questa scelta, insieme ad altri produttori, anche per una questione di etica: non potevamo stare un due organizzazioni che, su molti aspetti o provvedimenti, come successo anche per il “Testo Unico del Vino”, non avevano posizioni uguali. Così come sulla questione dell’Ocm, dove non c’è stata una presa di posizione univoca. E non è giusto, oltre che complicato, tenere il piede in due staffe. E così abbiamo scelto, per ora, di stare solo in Federvini, perchè c’è più omogeneità nelle aziende rappresentate. L’idea a lungo termine è di creare un qualcosa di nuovo, che rappresenti in maniera più coesa un certo tipo di aziende e di produttori legati da una stessa filosofia guidata prima di tutto dalla qualità. Intanto rafforzando la parte vinicola di Federvini, all’interno della quale potrebbe poi svilupparsi questo nuovo progetto, ma si vedrà. Una scelta difficile, comunque, e tengo a precisare che non c’è nulla di personale con l’attuale guida di Unione Italiana Vini: Antonio Rallo è un amico di famiglia da tempo, è un persona serie e competente. È una questione di impostazione - conclude Antinori - in Unione Italiana Vini ci sono tante anime, che vanno dai produttori di vino fino a chi produce le macchine, passando per imbottigliatori e per il commercio, e anche se si parla sempre di vino, ci sono interesse per noi troppo diversi. E poi abbiamo voluto anche fare una mossa che desse una scossa, un segnale”.
Sintetico il commento del presidente di Unione Italiana Vini (che, lo ricordiamo, è formata dalle federazioni nazionali degli Industriali Vinicoli, dei Viticoltori e Produttori di Vini e del Commercio Vinicolo) Antonio Rallo, che, a WineNews, dice: “ognuno, giustamente, fa la sua strada. Noi lavoriamo per dare rappresentanza a tutta la filiera, abbiamo tanti fronti aperti, come quello della Pac 2020, presto avremo anche il Cda e faremo delle deliberazioni, ma continuiamo per la nostra strada e con la nostra mission. 20 aziende sono 20 aziende, e possono fare un bellissimo percorso, ma gli interessi di 12 miliardi di euro (ovvero della filiera, ndr) sono un’altra cosa”.
“Comprendo che per molte di queste aziende sia stata una decisione non facile. Sono imprese strutturate, importanti - commenta, invece, il dg Federvini, Ottavio Cagiano - che hanno fatto il successo del vino italiano. Sono già nostre associate, e con questa scelta di campo, con questa decisione complicata, ci danno anche un messaggio chiaro e nitido: è una richiesta, un’esigenza di una maggiore rappresentanza di questa anima della filiera, alla quale noi cerchiamo di rispondere, da sempre, nel miglior modo possibile, e continueremo a farlo”.

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