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Da analisi di mercato ai comportamenti sui social dai dati aziendali a quelli degli istituti finanziari: a Wine2Wine si parla di numeri e mercati, con “Big data per l’industria del vino: come usarli per incrementare i ricavi e aumentare i profitti”

Italia
I Big Data al servizio del mondo del vino

Dalle analisi di mercato ai comportamenti sui social, dai numeri forniti dalle aziende a quelli degli istituti finanziari, passando per i dati raccolti dai portali più navigati, sono milioni i dati sensibili che, se analizzati nel modo giusto, non si limitano a raccontare dinamiche e tendenze di consumo del mondo del vino, ma creano i presupposti per strategie di marketing e scelte commerciali consapevoli e ponderate, aiutando così le aziende a creare valore e crescere sui mercati. Ma cosa sono i big data e da dove arrivano? Lo hanno raccontato Cathy Huyghe, co-fondatrice di Enolytics, società specializzata in big data per l’industria del vino, Felicity Carter, redattore capo della Meininger Wine Business International e Giampiero Bertolini, worldwide marketing and saled director di Frescobaldi, nell’incontro “Big data per l’industria del vino: come usarli per incrementare i ricavi e aumentare i profitti”, a “Wine2Wine”, il forum sul business del vino firmato Vinitaly di scena a Verona (www.wwine2wine.net).
Ma cosa sono i big data, e da dove arrivano? “La definizione più semplice e calzante - spiega Felicity Carter - è quella del direttore marketing di Kenshoo, Josh Dreller: “tutto ciò che è troppo grande per stare in un foglio Excel”. In effetti, è così, quando si parla di big data si parla di milioni di dati da prendere in considerazione, che possono arrivare dagli istituti di ricerca come Wine Intelligence, dal mondo del retail, come quelli della Nielsen, dalle istituzioni accademiche, dagli istituti finanziari, dalle stesse aziende, specie le più grandi. Ci sono poi altri big data difficile da ottenere, come quelli delle compagnie logistiche e di spedizioni, che hanno il polso dei mercati meglio di chiunque altro e quelli di mercati particolarmente “chiusi”, come la Cina e la Russia. Il mondo del vino - continua la capo redattore di Meinninger - usa i big data anche al di là delle dinamiche di marketing e commerciali, come ad esempio nella gestione automatizzata del vigneto, dall’irrigazione ai trattamenti. Così come nell’e-commerce, legato ai big data, banalmente, generati dai click raccolti da un determinato sito web. Allo stesso modo, anche l’industria del cibo usa i big data, che influenzano poi i menu dei ristoranti. Nella moda, poi, è tutto ancora più evidente, basti pensare ai dati in mano a catene come Zara, che ha sempre sotto controllo i colori che piacciono di più, i modelli, i materiali. Soddisfare le dinamiche raccontate dai big data, nel mondo del vino, può rivelarsi un lavoro ai limiti del possibile, pensiamo ai vitigni più di moda, come il Pinot Grigio: ci vogliono anni perché un’azienda si adegui a dinamiche del genere, senza considerare che - conclude Felicity Carter - ci sono, per tutti, difficoltà oggettive come la necessità di un intermediario tra produttore e consumatore, il bisogno di anonimato voluto dai consumatori e le leggi sulla privacy europee, molto più stringenti di quelle Usa”.
È un terreno complesso quello dei big data, in cui bisogna sapersi muovere, e non è un caso che Cathy Huyghe, co-fondatrice di Enolytics, società specializzata in big data per l’industria del vino, arrivi da tutt’altro mondo, “quello delle nuove tecnologie, ma io sapevo che sarebbe arrivato il momento dei big data anche per il mondo del vino. I dati sono empirici, quantitativi, esistono già non vanno creati, sono digitali, raccontano le dinamiche di consumo, ma vanno saputi interpretare, e finora non l’abbiamo fatto, non abbiamo sfruttato ciò che avevamo sotto i nostri occhi. La nostra abilità è proprio quella di capire cosa pensano i consumatori di un determinato brand attraverso i dati dei nostri partner, i grandi portali del vino, da www.vinepair.com a www.wine.com, da www.vivino.com a www.hellovino.com). Proprio attraverso Vivino, che ha 21 milioni di utenti nel mondo, raccogliendo 51 milioni di punteggi, 18 milioni di recensioni e 285 milioni di vini scansionati, possiamo dire cosa un consumatore pensa di un determinato vino in ogni angolo del mondo, possiamo sapere persino in che lingua se ne parla. E questo - continua Cathy Huyghe - è fondamentale, perché critici hanno grande potere, ma alla fine sono i consumatori a comprare le bottiglie. È attraverso questi dati che abbiamo aiutato Frescobaldi a capire meglio il mercato Usa, partendo da domande piuttosto semplici e sfruttando, in primis, la possibilità di geolocalizzare le interazioni degli utenti di “Vivino” sul tutto il territorio nazionale. Dove troviamo i vini di Frescobaldi? Principalmente sulle due Coste, specie a New York, con una grande concentrazione a Manhattan, ad Eataly. In percentuale, California, New York e Florida valgono il 35% di ricerche, ma l’area metropolitana principale è quella di New York. Ma abbiamo anche altri dati, che riguardano età e reddito dei consumatori di Frescobaldi, che abbiamo paragonato alle medie nazionali: il risultato - conclude la co-fondatrice di Enolytics - è che la fascia su cui puntare è quella dei 34-39 anni che guadagnano più di 80.000 dollari l’anno. Infine, se il vino più popolare per voti medi è il Brunello di Montalcino di Castelgiocondo, quello più scansionato è il Chianti Rufina”.
Ma come sono trattati i big data dalle aziende? “La nostra gestione - spiega Giampiero Bertolini, Worldwide Marketing & Sale director di Frescobaldi - è piuttosto complessa e poggia necessariamente su un’organizzazione molto precisa, che ruota intorno a dati BtoB. Dobbiamo analizzare dati che arrivano da tante fonti diverse, in maniera veloce ed affidabile, creando output semplici e strutturati che ci raccontino al meglio possibile il mercato, a partire da ciò che vendiamo e ciò che spediamo, perché anche l’analisi degli stock ha una sua rilevanza strategica. I primi big data che prendiamo in considerazione sono quelli sull’export del vino italiano in generale, da cui ricaviamo le quote di Frescobaldi, in volume e valore, ma anche il posizionamento di prezzo rispetto ai nostri competitor. Quindi ci sono i dati sulla distribuzione, della Nielsen, ed i nostri, che riguardano spedizioni, single Sku per mercato e quant’altro. I dati si dividono in interni, che servono ad analizzare le vendite ed il marketing, per migliorare valore e distribuzione, ma anche piani di investimento e programmi di marketing, ed esterni, per capire la nostra posizione sul mercato e il nostro livello di prezzi, ma anche per capire al meglio la nostra distribuzione, aspetto importante per gli importatori. La cosa importante - conclude Bertolini - è arrivare, attraverso i big data, a capire e conoscere il consumatore finale, e la disponibilità di big data BtoB strutturati ci permette una pianificazione più solida, un maggior livello di affidabilità, un livello maggiore di intraprendenza nelle nostre scelte commerciali e di marketing e la possibilità di focalizzarci sui key drivers, ossia i fattori preponderanti, di un determinato mercato”.

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