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Se un vino ha o non ha successo, è anche (o soprattutto) questione di emozioni. Che oggi possono essere misurate direttamente, senza filtro, dal “Neuromarketing”. A Wine2Wine lo ha spiegato il professor Vincenzo Russo dell'Università Iulm

Italia
Tante possibilità, nel settore enologico, dal neuromarketing: lo dice Vincenzo Russo, professore di neuromarketing Università Iulm di Milano

Misurare la valenza emozionale di un’etichetta, del packaging, di una scritta o uno spot per valutare se un vino, così come un qualsiasi altro prodotto, avrà successo tra i consumatori. E’ una delle molte possibilità del neuromarketing applicate al settore enologico, tema di cui si parla da qualche tempo, ed approfondito a Wine2wine, il forum di Veronafiere, da Vincenzo Russo, professore di psicologia dei consumi e neuromarketing dell’Università Iulm di Milano.
“Il neuromarketing è una nuova tecnica di misurazione delle emozioni - ha sottolineato Russo - in maniera diretta: siamo sempre stati abituati a utilizzare questionari e domande per misurare l’emozione ma in questo caso riusciamo a misurare solo quello che la persona “pensa” essere un’emozione. Se c’è un’emozione c’è un’attivazione fisiologica, perché ad esempio il battito cardiaco cambia, oppure ci sudano le mani, e anche il cervello si attiva in maniera diversa. Avere delle attrezzature che ci permettono di misurare questa attivazione fisiologica, permette di avere la valenza e l’intensità dell’emozione, indipendentemente da quello che la persona pensa”.
Questo, ha aggiunto Russo, “apre un filone importante per valutare la comunicazione, perché è possibile misurare quella che è la sua efficacia attraverso la misurazione diretta dell’emozione. Queste tecniche ereditano strumenti dal mondo della medicina”, come gli encefalogrammi, le risonanze magnetiche, o gli Eye tracker per l’analisi del movimento oculare, “e le si applicano alla comunicazione”.
I campi di applicazione, anche per il vino sono infiniti: ad esempio le etichette, la sua grandezza, i colori, il posizionamento o anche le parole che si usano possono attivare aree del cervello che hanno a che fare con il gusto ma anche con la sensorialità. Illustrando i principi del neuromarketing, Russo ha spiegato che anche i colori utilizzati, ad esempio, in un’etichetta, “devono essere opportunamente valutati: devono essere coerenti con quello che andrò a sentire al gusto, e non respingenti. Non posso usare un’etichetta con una striscia azzurra e trovarmi un grande vino rosso perché quel colore ricorda la freschezza. Devo creare una coerenza tra quello che si dice con un colore o un’immagine e quello che sentiremo con la sensorialità”.
Un’altra frontiera “è quella di misurare l’emozione provocata dai vini e quindi cerchiamo di misurarne l’impronta emozionale. Un altro impiego del neuromarketing è quello di capire quali siano i fotogrammi che funzionano all’interno di uno spot pubblicitario. Grazie a queste tecniche siamo in grado di misurare l’efficacia di una pubblicità e permettiamo alle aziende di risparmiare perché se hanno un prodotto sbagliato dal punto di vista emozionale allora hanno fatto o stanno per fare un investimento che va a perdere”.
Solitamente “solo il 33% dei prodotti che vengono immessi sul mercato poi hanno successo, eppure nei focus group o nei test le persone dicono che sicuramente compreranno quel prodotto. Ma non c’è stata la misurazione emozionale di quei prodotti”.

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