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I vitigni Grillo e Nero d’Avola potranno essere utilizzati soltanto nei vini Doc Sicilia. Una modifica che per i presidenti Doc Sicilia Rallo e Assovini Ferreri “mira a proteggere vitigni autoctoni più rappresentativi ed a accrescerne il loro valore”

Finalmente il Nero d’Avola, il vitigno a bacca rossa più importante della Sicilia, e il Grillo, anch’esso, tra i vitigni a bacca bianca, fondamentale elemento della particolarità enoica della Sicilia, hanno ricevuto il meritato riconoscimento formale (e sostanziale) diventando protagonisti della Doc Sicilia. Un passo importante per proteggere questi vitigni di antica coltivazione siciliani è stato compiuto: il Comitato Nazionale Vini ha infatti approvato la modifica del disciplinare della Igt “Terre Siciliane” che esclude la possibilità, dalla vendemmia 2017, di produrre ed etichettare vini Igt Grillo e Igt Nero d’Avola, varietà che potranno essere destinate soltanto alla produzione esclusivamente a Denominazione di Origine Controllata.
“L’obbligo di imbottigliamento in Sicilia della Doc Sicilia, ottenuto nel 2015, e la modifica approvata oggi sulla Igt “Terre Siciliane” - sottolinea Antonio Rallo, presidente del Consorzio Doc Sicilia - completa un percorso che mira a proteggere i nostri vitigni autoctoni più rappresentativi e ad accrescerne il loro valore. Avere condiviso queste modifiche con tutta la filiera, il mondo della cooperazione, delle piccole e grandi aziende, ci permette di continuare a tracciare una strategia unica per il vino siciliano che come primo scopo ha quello di dare il giusto valore all’uva prodotta dai viticoltori della nostra regione”.
La decisione del ministero delle Politiche Agricole è stata presa a seguito della richiesta presentata da 3.000 viticoltori della Igt “Terre Siciliane”, riunitisi in associazione e appartenenti a più di 15 cantine cooperative, e a tante aziende piccole e grandi del mondo del vino siciliano.
Tra le modifiche approvate anche l’aumento, per la sola Igt, della resa massima uva/vino dei vini rosati, (uniformata all’80%, in linea con quanto già previsto per i vini bianchi e rossi della stessa Igt) e la possibilità di produrre vini “abboccati” (cioè un po’ più dolci) per alcune tipologie di vino previste per la Igt. Modificato anche il disciplinare della Doc Sicilia. Per chi produrrà Doc Sicilia Grillo la resa massima sarà di 140 quintali ad ettaro (era 180 quintali per la Igt Grillo) e per la Doc Nero d’Avola la resa massima sarà di 140 quintali per ettaro (era 160 quintali per la Igt Nero d’Avola). Il Consorzio di tutela vini Doc Sicilia garantirà di più i consumatori grazie alla sua attività di vigilanza, svolta in collaborazione con gli uffici della Repressione frodi, sia in Italia sia all’estero”.
“Le modifiche decise dal Comitato Nazionale Vini - spiega Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio Doc Sicilia - valorizzano i vitigni siciliani autoctoni più rappresentativi: con le Doc si garantisce una migliore qualità del vino e un maggior controllo dell’intera filiera di produzione”.

Francesco Ferreri, consigliere del Consorzio Doc Sicilia e presidente di Assovini, aggiunge: “Penso che questo percorso sia l’evoluzione naturale di un lavoro fatto dal Consorzio di tutela per garantire sempre di più il consumatore sui prodotti che portano il marchio dell’isola. La Sicilia diventa più forte, e il consumatore acquistando Doc Sicilia è tutelato maggiormente. La tutela delle varietà Nero d’Avola e Grillo era una conseguenza diretta di ciò che è stato fatto sino ad oggi, la Doc prende un’identità sempre più forte, soprattutto garantendo al consumatore che il prodotto che trova sul mercato nasce in Sicilia, è garantito e ha una sua tracciabilità”.

Focus - Il Nero d’Avola
Il Nero d’Avola è probabilmenteil vitigno a bacca rossa siciliano più noto e amato. Il suo luogo d’elezione si trova in provincia di Siracusa, tra le località di Eloro, Pachino e Noto, tuttavia è coltivato praticamente in tutta l’isola, ma non rappresenta la varietà più allevata. La superficie vitata coltivata a Nero d’Avola si aggira agli attuali 14.000 ettari, sui 107.000 di superficie vitata totale della regione. Esistono diverse differenze di carattere fra i Nero d’Avola prodotti nella parte occidentale della Sicilia e quelli delle zone orientali: i primi risultano quasi sempre più bruschi e intensi; i vitigni a Nero d’Avola coltivati nella zona orientale, invece, sono decisamente più fini, con spiccati sentori di frutta. Il Nero d’Avola è tradizionalmente chiamato anche Calabrese, ma oltre lo stretto non vi è traccia di una sua presenza storicamente accertata. Il Nero d’Avola è noto anche come Calabrese (Calabrese Pizzuto, Calabrese Nero, Calabrese Dolce, Calabrese d’Avola). Pare che il nome originario del Nero d’Avola fosse “calaulis”: “cala” (“caleu”, o “calea”) sono sinonimi del termine siciliano “racina” (uva). “Aulisi” invece viene da “Aula”, il termine dialettale per Avola. Il termine Calabrese è stato poi spesso utilizzato nell’Ottocento per motivi commerciali. I vini calabresi, infatti, venivano acquistati dai francesi, che li ritenevano particolarmente adatti per dare corpo e colore ai lori rossi. Il Nero d’Avola ha un grappolo piuttosto grande, con acini dal colore blu molto scuro, con buccia abbastanza sottile e pruinosa. Per la sua sensibilità alle muffe, predilige le esposizioni asciutte e ben ventilate. Esprime al meglio le sue qualità su suoli poveri, che limitano naturalmente la sua esuberante produttività. Il vino che si ottiene ha un colore rosso rubino molto intenso, che con l’invecchiamento vira al granato. Il Nero d’Avola giovane, soprattutto se vinificato in acciaio, conserva un aroma piacevolmente fruttato d’amarena, prugna e more. Con l’affinamento in legno, il bouquet si arricchisce di profumi. Ha un buon corpo, un grado alcolico piuttosto elevato, con trama tannica morbida e un’acidità, che ne garantisce un buon potenziale d’invecchiamento. Negli ultimi decenni, il Nero d’Avola ha saputo progressivamente cambiare la sua identità. Da semplice vino da taglio si è affermato come uno dei rossi siciliani più interessanti, unendo alla tradizionale intensità e struttura, un profilo più elegante e un’interessante capacità di evolvere nel tempo.

Focus - Il Grillo
Il Grillo è un vitigno a bacca bianca presente soprattutto in Sicilia occidentale ed in particolare nel marsalese. Il raccolto è normalmente abbondante, ma non tutti i terreni sono adatti a questo vitigno che ha la particolarità di avere un grado zuccherino molto più elevato rispetto alle altre uve bianche, oltre a particolari proprietà organolettiche. La sua origine è forse pugliese, anche se ormai si può considerare siciliano a tutti gli effetti, anche se riferimenti sicuri sulla presenza in Sicilia del Grillo sono datati solo a partire dalla fine dell’Ottocento, quando veniva chiamato “Riddu”. Il Grillo è presente nella provincia di Trapani da moltissimo tempo come vitigno base per la vinificazione dei Marsala. Viene coltivato anche in provincia di Agrigento e con piccole estensioni anche nelle provincie di Palermo e Siracusa. Nel 1930 rappresentava quasi il 60% dell’estensioni vitata complessiva della Sicilia, ma nel 1995 si contavano 6.500 ettari concentrati soprattutto trapanese. Si presenta come un vitigno vigoroso, con grappoli conici, alati e chicchi di dimensioni medio-grandi. La maturazione avviene in epoca media, nelle ultime due settimane di settembre. Ha rese medie e costanti, grazie ad allevamenti con potature corte. Si trova a suo agio con climi caldi ed ha sensibilità nella norma rispetto ai parassiti, alle malattie e alle variazioni del clima. Oltre che per il Marsala, il Grillo può essere vinificato in purezza dando vini di grande spessore organolettico, sapidi, profumati, e soprattutto con un buon potenziale di longevità, superiore a tutti i bianchi siciliani, ad eccezione di quelli dell’Etna.

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