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E se le varietà resistenti esistessero già? In Francia, parallelamente alla ricerca sui nuovi incroci, si riscoprono varietà quasi dimenticate dopo la fillossera, ma che potrebbero rivelarsi perfette per vincere la sfida del riscaldamento globale

Dall’Italia alla Francia, la creazione di varietà resistenti ai cambiamenti climatici, perlopiù tramite incroci tra varietà esistenti, è diventata una corsa contro il tempo, perché il riscaldamento globale non pare arrestarsi, e dal 1984 al 2015 il tasso alcolico in certe zone è già aumentato di 2,5 gradi, come in Languedoc-Roussillon, almeno secondo uno studio dei laboratori Dubernet, leader nell’analisi enologica della regione. La sperimentazione, come abbiamo raccontato più volte, va avanti, Oltralpe in maniera decisamente più spedita, ma non è certo l’unica risposta possibile. Al contrario, la soluzione potrebbe arrivare dal passato, da quelle varietà di cui si è quasi del tutto perso traccia dopo la fillossera, alla fine del XIX secolo, quando, dovendo ripartire quasi da zero, si puntò tutto sulle varietà capaci di garantire rese maggiori, abbandonando le altre.
Gli esempi arrivano proprio dalla Francia, da quello che è considerato un vero e proprio museo a cielo aperto della vite, a Loussous-Débat, piccolo comune dei Midi-Pirenei, dove sorge una delle più grandi cooperative del Paese, Plaimont, che produce 40 milioni di bottiglie l’anno, ma che dagli anni ’90 ha iniziato a riscoprire vitigni antichi, creduti scomparsi, e a prendersene cura. Tra questi, ad esempio, c’è il Manseng Noir, varietà di origine basca, tipica del Sud Ovest della Francia, che “alcuni documenti del 1783 - racconta Nadine Raymonde, direttrice Ricerca e Sviluppo di Plaimont a “Le Figaro” (www.lefigaro.fr) - definiscono “quello da cui si fa il buon vino”, ma dopo la fillossera è stato praticamente soppiantato dal Tannat, che garantisce rese migliori. Ma oggi sta tornando di moda, ne abbiamo recuperati alcuni ceppi, scoprendo che si adatta benissimo alle temperature in crescita costante”.

“Lo stress idrico dovuto al caldo ed alla siccità, infatti, blocca le maturazioni, l’acino cresce di meno, la concentrazione zuccherina è maggiore ed il grado alcolico cresce”, riassume Jean-Louis Escudier, ingegnere e ricercatore dell’Inra - Instituto Nazionale di Ricerca Agronomica, che gestisce 34 ettari sperimentali a due passi dal Mediterraneo, vicino Montpellier, dove incrocia varietà diverse di vitis vinifera ed uva da tavola, dando vita a varietà che maturano alla perfezione raggiungendo appena gli 11 gradi. “Dal 2000 - aggiunge Escudier - evapora più acqua di quante ne cada”. Ma ci sono anche varietà che, per loro stessa natura, non superano i 10 gradi, come la “vitis vinifera n° 5” riscoperta da Nadine Raymond, o varietà tardive che maturano una settimana o due dopo quelle più usate, riportando anche la vendemmia ai suoi tempi normali. Del resto, nel mondo esistono 6.000 varietà diverse di vitis vinifera, di cui 550 in Francia, e solo 1.200 in produzione: una miniera di possibilità e di variabilità ancora tutta da scoprire.

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