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“Il vino è quotidianità più che cultura, e gli esperti sono tutti imbroglioni, devono imparare a prendersi meno sul serio ...”. A WineNews, il filosofo britannico Roger Scruton, autore di “Bevo dunque sono” e Premio Masi per la Civiltà del Vino n. 35

Italia
Il filosofo Uk Roger Scruton, autore di “Bevo dunque sono”

Personaggio fuori dagli schemi, accademico e filosofo britannico di fama mondiale, Sir Roger Vernon Scruton, “polemista” Senior Research Fellow al Blackfriars dell’Università di Oxford, nel 2009 ha dedicato un saggio alla storia ed alle implicazioni filosofiche rappresentate dal vino nella civiltà occidentale: “Bevo dunque sono” che, tra i tanti riconoscimenti, gli è valso il Premio Masi per la Civiltà del Vino n. 35, con tanto di firma sulla storica botte di Amarone, nella cantina della griffe della Valpolicella, dove l’ha incontrato WineNews, per un’intervista che corre sul filo della provocazione ma anche della schiettezza. Scruton sostiene che il vino accompagni benissimo il cibo, ma ancor meglio il pensiero. Concorda con Platone, il grande filosofo greco autore del Simposio, sul fatto che il vino sia il più grande conforto dato agli uomini dagli Dei, ben oltre il piacere di berlo, ma per le riflessioni a cui induce, utili alla società. In particolare nel mondo frenetico di oggi, in cui l’attenzione si sposta velocemente da una cosa all’altra, il vino porta a rallentare e a riflettere su ciò che facciamo.

“Il vino italiano - osserva Scruton - è strettamente connesso ai paesini, ai territori da cui proviene e a varietà particolari che rappresentano l’intensità di una vita “localizzata” e, quindi, ha un grande significato filosofico”. Andando nello specifico, la prima questione riguarda il rapporto tra soggettività ed oggettività, inconciliabili nel regno della degustazione. “Un binomio difficile da risolvere - spiega Scruton - perché il gusto, naturalmente, è soggettivo ma se ne può discutere, e per il vino stabilirlo non è poi così importante come è in altri campi, come per esempio nell’architettura. Se viene costruito un edificio che non piace nel centro storico di una città, la gente si può anche arrabbiare per questo motivo. È in questi casi che bisogna stabilire quale è il criterio oggettivo di giudizio”.

Scettico, invece, sul concetto di “cultura del vino”, perché “credo che il vino faccia e debba fare parte della quotidianità. Quando si elabora troppo sul vino - continua il filosofo britannico - e quando si sottilizza sulle sue caratteristiche si distrugge il suo significato. In realtà il vino è la porta per la vita spirituale a portata di tutti. Certo, come di ogni buona cosa, anche nel caso del vino si può abusare, ma se ne comprende il significato quando si usa nel modo più appropriato”. Duro, invece, il giudizio sugli esperti di vino, compresi i Masters of Wine, istituzione britannica per eccellenza, che contano tra le proprie fila anche un nutrito numero di donne: “sono molto scettico sugli esperti del vino. Secondo me sono tutti degli imbroglioni e in particolare le donne: il movente di questa “frode” è il denaro. Quello che conta è se piace o non piace. Quando facevo il critico del vino per un giornale quotidiano di Londra, ero solito darlo da sorbire al mio cavallo e lui era il critico migliore!”.
Una diffidenza, che, probabilmente, nasce dal volersi prendere troppo sul serio, mentre l’arma giusta, per Scruton, è l’ironia, usata abbondantemente anche in “Bevo dunque sono”: “sono sempre ironico perché è soltanto con l’ironia che si può prendere distanza dalle cose. Rispetto la verità e prendendo distanza dalle cose riesco a distinguere il vero dal falso. L’ironia, però, non è compresa dai giovani, né ha spazio nel mondo dei digitale e dei social e, quindi, non è uno strumento utile per raggiungerli”.
Ma il vino non è solo cultura e gusto, ormai è anche investimento, specie sulla piazza di Londra, con l’indice di riferimento per tutto il mercato dei fine wines, il Liv-ex che, con la Brexit, potrebbe perdere la propria credibilità. “Questione complicata, il grande vantaggio dei vini di pregio è quello di far spendere un mucchio di soldi agli stupidi, in modo che noi comuni mortali possiamo acquistare e bere vini di seconda scelta a prezzi ragionevoli. È la prima volta in duemila anni che la Cina trova una giustificazione nell’investire denaro nel vino e così facendo forza verso l’alto i prezzi. Non credo che la Brexit faccia nessuna differenza a questo proposito”.
Più interessante il parallelismo tra l’approccio al vino e all’amore, con il primo incontro con il vino raccontato così: “l’aroma di una grande vendemmia aleggia sopra il bicchiere e le labbra tremano per l’attesa, come sul punto di un bacio fatale”. “Quella tra l’approccio all’amore, al sesso e il vino è sicuramente una buona comparazione - racconta l’accademico britannico - si perde la verginità e queste cose diventano meno magiche man mano che si invecchia”.
Ma quali sono le bottiglie preferite da Scruton? “Conosco poco i vini italiani, quindi i miei tre vini preferiti sono francesi: il primo è un Borgogna bianco Montrachet, il secondo è lo Chateau Lafite e il terzo è un Nuits-Saint-Georges, rosso borgognone della Còte de Nuit.
Clementina Palese

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