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Ripresa economica, millennials, crescita dei vini di qualità: ottimismo tra i big del vino per il futuro del mercato Usa. Le criticità? Concentrazione della distribuzione e climate change: così sondaggio della Uc Davis Graduate School of Management

Italia

C’è grande ottimismo, tra i big del vino americano e mondiale, sul futuro del business enoico negli States, ad oggi il più grande mercato del mondo, e primo partner per le cantine d’Italia. Tra una ripresa economica solida e che sembra destinata a durare nel tempo, i celeberrimi “Millennials” che sembrano sempre più orientati al consumo di vini premium e di qualità, anche grazie ad una sempre maggiore voglia di condividere esperienze ed informazioni. A dirlo un sondaggio condotto dalla Uc Davis Graduate School of Management, presentato nel Wine Industry Financial Symposium, in California, nei giorni scorsi. E che ha messo insieme i pareri di alcuni dei più importanti ed autorevoli operatori del settore, tra cui i Ceo di 27 realtà di primissimo piano, come Robert Trone (Total Wine & More), John Mariani (Banfi Vintners), Bill Newlands (Costellation Brands), Joe Gallo (E. & J. Gallo Winery), Bob Torkelson (Trinchero Family Estates), Mel Dick (Southern Wine & Spirits of America), Ted Baseler (Chateau Ste. Michelle) e Rick Tigner (Kendall-Jackson), solo per citarne alcuni. Secondo i quali, inoltre, i principali temi da affrontare nei prossimi anni saranno il consolidamento e la concentrazione di poche realtà nella distribuzione, la crescita del direct-to-consumer marketing, ma anche il cambiamento climatico, la disponibilità di acqua, l’approvvigionamento delle uve, e persino la reperibilità (ed i costi) della manodopera: tutte tematiche, quest’ultime, che in molti stanno affrontando investendo su portinesti più resistenti a malattie e scarsità idrica, ma anche piantando vigne in Paesi e latitudini dai climi più freschi per far fronte all’inesorabile riscaldamento del pianeta.
Ma, in generale, in big dell’industria vinicola guardano al futuro con positività, e secondo qualcuno le cose non solo non peggioreranno, ma miglioreranno ancora. Fondamentale, però, una sempre maggiore diversificazione del portfolio prodotti, che deve avere un bilanciamento efficacie tra vini di lusso e prodotti più economici.
Secondo Robert Smiley, docente e “decano emerito” della Uc Davis, l’industria del vino è stata “chiaramente rivitalizzata dalla millennial generation: questi giovani sono i nipoti di una generazione che beveva soprattutto spiriti, e i cui genitori sono stati la prima ad iniziare a bere vino a tavola con regolarità. I millennials, molti dei quali sono anche “foodies”, sono sempre in cerca di nuove esperienze legate al cibo e al vino, e vogliono condividerle sui social media. L’industria del vino ha catturato la loro attenzione, e ora deve essere capace a tenerla alta, a continuare a rendere il vino interessante per loro, attraverso un marketing ed una comunicazione più sofisticati che in passato”.

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