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Legame con il territorio, “tradizioni di famiglia”, prospettive di lavoro, interesse per il settore e tanto altro: ecco perchè gli istituti agrari d’Italia sono sempre più gettonati in Italia, come raccontano studenti e professori a WineNews

Per il legame con il territorio, per continuare la “tradizione di famiglia”, perchè è quello che sognavano fin da bambini, perchè le prospettive di lavoro sono migliori che in altri settori, perchè il settore è interessante, perchè c’è la possibilità di fare esperienza in alcune delle più importanti aziende d’Italia e non solo: per tutti questi motivi, e molti alti, sempre più giovani scelgono l’agricoltura per il proprio percorso di studi e lavorativo. Una tendenza che si è consolidata, negli ultimi anni, con le iscrizioni ad Istituti Tecnici Agrari e Facoltà universitarie a tema in trend costantemente crescente. Nel 2014-2015, per esempio, sono stati 9.806 gli iscritti agli istituti tecnici ad indirizzo agrario, a cui vanno sommati i 5.046 immatricolati negli istituti professionali per i servizi dedicati all’agricoltura e allo sviluppo rurale, in entrambi casi in crescita sul 2013-2014, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Ed anche all’Università le Facoltà di Agraria attirano sempre più studenti, che ora sono il 3,4% del totale (sui 271.119 immatricolati in Italia nel 2015/2016), rispetto al 2,2% di 10 anni fa, secondo l’Anvur - Anvur-Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca. E se è vero che il futuro agricolo ed economico (ma anche sociale ed ambientale), soprattutto in un Paese come l’Italia, passa anche da questi giovani studenti che devono essere “un pò folli ma anche concreti”, hanno ricordato da Terra Madre il fondatore di Slow Food Carlin Petrini ed il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, in un focus a loro dedicato, come detto sono tante le motivazioni che spingo questi giovani a studiare agricoltura, come hanno raccontato loro stessi a WineNews.
“Nella nostra zona studiare agricoltura ed enologia - spiega Fabio dell’Istituto Umberto I di Alba - è una bellissima alternativa, visto che il mondo del vino sta diventando sempre più importante. Abitando nelle Langhe mi sembra una scelta intelligente, anche per chi viene da famiglie che non lavorano nel settore, perchè molti che fanno questa scelta hanno i genitori che hanno già una cantina. Non è il mio caso, ho scelto per interesse personale e perchè vedo opportunità di lavoro ed è un mondo interessante”. É, invece, il caso del compagno di Istituto, Elia: “ho intrapreso questa scuola da figlio di produttore, vorrei continuare a lavorare in azienda (la Ettore Germano di Serralunga, ndr), e comunque è una scuola che offre molti sbocchi, anche pensado all’Universit. Mi piace l’idea di fare vino, e poi fare questa scuola era fare lo stesso percorso di mio padre, che ha iniziato con la scuola enologica, ed ora la cantina è diventata una bella realtà”.
In molti, in realtà, scelgono l’indirizzo enologico. E non è un caso, visto che tra le tante filiere agricole, quella vitivinicola è, senza dubbio, quella più in salute. Ma le motivazioni possibili sono molte, come racconta Mauro dell’Istituto Caramia e Gigante di Locorotondo, in Puglia: “é un percorso di studi aperto, da ampia scelta per il futuro, sia per chi vuole andare all’Università che per chi vuol restare a lavorare in piccole aziende locali. Io ho scelto l’indirizzo enologico e vitivnicolo, mi piace l’idea di riscoprire antiche varietà e antichi sapori che ci legano alla nostra terra, anche attraverso questa scuola, che ci aiuta a valorizzare ancora di più quello che abbiamo qui in Puglia che è bellissima. Le nostre famiglie ci hanno insegnato ad amare i nostri territori ed i nostri valori, lavorare con la terra è bello. Ma ci sono anche tanti studenti che vengono da esperienze “non agricole”, e che riscoprono la passione per questo settore attraverso la scuola, è una bella scelta”.
“Ho scelto enologia perchè sono semrpe stato curioso - racconta Andrea dell’Istituto Giuseppe Pastori di Brescia - mio nonno imbottigliava il vino, da piccolo ho sempre cercato di assaggiarlo ma non me lo facevano fare, e allora mi sono incuriosito. Già dalle medie mi sono interessato a questo tipo di scuola, e mi sono appassionato a questa perché so che è molto riconosciuta sia livello italiano che internazionale, per essere una ottima scuola, e voglio imparare bene enologia e viticoltura. Poi vorrei fare l’università per diventare enologo, ma specializzarmi anche nelle vendite, ho parenti che fanno questo lavoro, mi piace anche l’aspetto commerciale”.
Ma ovviamente, non c’è solo il settore vitivinicolo, e non ci sono solo i maschi. Come dice Serena, anche lei studentessa al Pastori di Brescia: “fin da bambina volevo diventare veterinaria, mi sono sempre piaciuti gli animali. La scuola ha un’azienda con 100 capi di vacche, c’è zootecnia che ci insegna l’anatomia degli animali e tante altre cose. Tutto questo mi appassiona un sacco, spero che sia il mio lavoro da grande”.
Una delle peculiarità degli Istituti Agrari è di essere le uniche scuole d’Italia ad avere vere e proprie aziende agricole, dove gli studenti realizzano prodotti, dal vino alla birra, passando per i formaggi, che possono essere venduti sul mercato per finanziare la scuola. Realtà che, dunque, permetto da subito un’esperienza di lavoro in azienda, anche se “uno degli aspetti più interessanti di questo tipo di scuole è che ti mettono in contatto con alcune delle più importanti aziende agricole e vitivinicola d’Italia e non solo per fare stage e imparare sul campo, che è una cosa importantissima e bellissima”, commentano gli studenti dell’Istituto Ricasoli di Siena. Insomma, sono tanti i motivi che portano i giovani italiani a scegliere l’agricoltura per i loro studi, e per il loro futuro.

Ma come vede questa scelta, e anche questo successo, chi sta dall’altra parte della cattedra?
“Le scuole agrarie non sono tutte uguali - spiega Roberto Lamorgese, dovente di Viticoltura e Scienze Agrarie dello stesso Istiuto Ricasoli e responsabile della sua azienda “La Selva” - noi siamo una scuola enologica che beneficia anche dell’interesse delle famiglie degli studenti, perchè qui c’è un forte legame con il territorio c’è, l’aspettativa per un futuro legato a quello che vive intorno a loro, perchè il tessuto agricolo li circonda. Siamo in una struttura bellissima, che credo incida nella scelta, e come corpo docente ci viene riconosciuta una passione che è alla base dell’insegnare, condividiamo qualcosa che va oltre il lavoro, è una visione generale del futuro: negli Istituti Agrari c’è un qualche cosa che altrove è difficile trovare. Cerchiamo di essere professionali, ma anche una grande famiglia, perché dobbiamo trasmettere ai ragazzi piacere di quello che fanno. E questo si ripercuote in tutto, e il risultato si vede quando gli studenti e le aziende che li ospitano per degli stage sono contenti, vuol dire che siamo riusciti a restituire la passione che ci viene trasmessa dai ragazzi, ad aiutarli a vedere le cose non solo con gli occhi della loro età. E poi sicuramente una scuola enologica oggi è motivo di orgoglio, c’è un grande senso di appartenenza.
Noi lo viviamo: tanti studenti ed ex studenti ogni tanto tornano anche semplicemente a salutare, e ci si sente parte di un destino comune: è importante dare qualche cosa che va altrove la semplice competenza tecnica. Certo è che, in generale l’istruzione agraria è più trascurata rispetto ad altre, ma è cultura, tradizione, e soprattutto nei territori come il nostro, merita attenzione di primissimo piano. Vedere i ragazzi, quando escono, contenti di quello che hanno fatto, delle loro fatiche, è il motore di tutto: se non ci fosse questo saremmo una realtà autoreferenziale, e questo non lo siamo, per merito e per buona sorte”.

Un quadro positivo, nel complesso, eppure non tutto è rose e fiori, come ricorda Patrizia Marini, presidente di “Re.Ni.Sa”, la Rete Nazionale degli Istituti Agrari, e alla guida dell’Istituto “Emilio Sereni”: “questi ragazzi sono il futuro, porteranno avanti una rivoluzione verde legata alla loro capacità di innovare, di crescere, ma dobbiamo dargli gli strumenti per conoscere il mondo. Va bene che studino le materie tecniche, ma anche le lingue straniere, per esempio, perché siamo ormai cittadini del mondo. L’ultima riforma della scuola ha però distrutto, in parte, l’istruzione degli istituti agrari”, denuncia la Marini. “È diminuito il monte ore, ma sono sparite materie caratterizzanti come botanica, non c’è agraria dal primo anno, manca la meccanica agraria. Il mondo mondo del lavoro ci chiede ragazzi formati con competenze specifiche, ma i ragazzi non possono essere fagocitati come semplici risorse, devono dare loro innovazione alle aziende, e noi dobbiamo dar loro gli strumenti. Da Expo è arrivato un messaggio chiaro: non c’è futuro senza sostenibilità, senza un’innovazione che abbia un cuore verde. Noi vogliamo una una riforma epocale, ma serve supporto, unità, perchè c’è una “Terra Madre” da accudire, se la perdiamo, se perdiamo le risorse primarie, non ci sarà più vita per nessuno”.

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