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Non solo grandi griffe di Bordeaux, ma anche investimenti mirati, su solide cantine europee o promettenti territori d’Australia: la via per il primato mondiale, in termini produttivi, è lunga, ma la Cina ha sia idee che possibilità per raggiungerlo

Non solo grandi griffe di Bordeaux, ma anche investimenti mirati, su solide cantine europee o promettenti territori d’Australia: la via per il primato mondiale, in termini produttivi, è lunga, ma la Cina ha sia le idee che le possibilità per raggiungerlo. Anche dal punto di vista aziendale, perché ChangYu, ad esempio, è già il quarto produttore mondiale, con prospettive di crescita importanti, che partono proprio dall’Europa, dove, nel 2015, ha acquistato il 75% della cantina navarra Marqués de Atrio, attraverso la quale ha iniziato da sei mesi la commercializzazione della sua etichetta più importante, “Noble Dragon”, prodotto in 45° milioni di bottiglie l’anno e presente già nelle più importanti catene della grande distribuzione organizzata, dove sono state vendute 20.730 bottiglie.

Ma non è finita qui, perché “l’obiettivo è quello di far crescere il mercato straniero - spiega all’agenzia di stampa spagnola Efe (www.efe.com) il ceo di ChangYu, Zhou Hongjiang - e far sì che ci siano sempre più estimatori di vino cinese nel mondo. Ma non finiranno neanche le acquisizioni, da cui nasceranno nuove opportunità, coscienti di avere alle spalle un gruppo solido, con 124 anni di storia ed un connubio unico tra i saperi e le tradizioni enoiche occidentali e la tecnologia cinese”.

Diversa la strategia della Wei Long Grape Wine Co, società che si occupa di produzione commercio enoico, che dalla Cina è partita alla volta della vicina Australia per fare shopping di vigneti: 484 ettari vitati (più altri 605 vitabili), tra Mildura e Swan Hill nello Stato di Victoria, e New South Wales, per un investimento complessivo di 13,4 milioni di dollari, con l’obiettivo, rivelato dall’Australian Financial Review (www.afr.com), di costruire anche una cantina, capace di lavorare 60.000 tonnellate di uve l’anno.
Non è che l’ultima di decine di operazioni sulla rotta Cina-Australia, sostenuta dagli accordi di libero scambio firmati un anno e mezzo fa, da cui è nato un legame fortissimo tra produttori australiani e distributori cinesi. Rimane periferico, in questo senso, il ruolo dell’Italia, forte di un panorama produttivo solido e con tutta l’intenzione di conquistare commercialmente la Cina con le proprie forze, come dimostrano gli accordi siglati con “Alibaba”, il più grande e-shop del mondo.

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