02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Con 300 anni di storia alle spalle intrecciata a quella d’Italia, conosciuto e amato nel mondo, il Chianti Classico candida ufficialmente il suo territorio a Patrimonio Unesco, con la “benedizione” del Premier Renzi. Martina: “pronti a sostenervi”

Con 300 anni di storia alle spalle intrecciata a quella d’Italia, oggi conosciuto ed amati nel mondo, il Chianti Classico candida ufficialmente il suo territorio a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Unico territorio del vino italiano ad aver ottenuto l’importante riconoscimento sono i Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, e domani ci sarà anche la firma di un protocollo d’intesa tra Comuni e Regione Veneto a sostegno della candidatura delle Colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Intanto, la conferma del cammino intrapreso dal Gallo Nero, con la candidatura del Chianti, il territorio dove nasce il Chianti Classico, come previsto ed atteso, è arrivata ieri da parte del presidente del Consorzio del Vino Chianti Classico Sergio Zingarelli con la “benedizione” del Premier Matteo Renzi, a Firenze nelle celebrazioni dei 300 anni dal bando del 24 settembre 1716 con cui il Granduca di Toscana Cosimo III dei Medici decretava per la prima volta i confini dei territori di produzione del Chianti, corrispondente all’attuale territorio del Chianti Classico, Pomino (Chianti Rufina), Valdarno di Sopra e di Carmignano. Al Teatro dell’Opera del Maggio Musicale Fiorentino, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha assicurato il pieno sostegno al settore, augurando un “buon compleanno, non a nome personale, ma per l’importanza che il Governo dà al vino, e all’agroalimentare, settore chiave per il nostro futuro e per il quale l’obbiettivo dei 7,5 miliardi di euro di export entro il 2020 è ampiamente alla portata”. Sostegno ribadito, in un video messaggio, dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Maurizio Martina, per il quale la candidatura “credo sia un atto doveroso, che possiamo fare insieme per rappresentare al massimo livello una storia di eccellenza come quella del Chianti. Prendersi questo impegno per celebrare i 300 anni di questa esperienza è una scommessa sul futuro che dobbiamo vincere insieme”.

E mentre l’Unesco è anche al centro di uno storico “gemellaggio” stretto tra il Chianti Classico e lo Champagne, due delle più importanti Denominazioni enoiche al mondo, simbolo dei loro Paesi, che collaboreranno insieme nella governance dei territori, tutela e promozione dei marchi, il direttore del Consorzio Giuseppe Liberatore ha ricordato come “il Chianti classico è partito da lontano e vuole arrivare lontano, perché 300 anni sono tanti, è un primato importantissimo grazie alla lungimiranza di Cosimo III dei Medici che stabilì i principi fondanti di quelli che oggi sono le denominazioni. È stato un grande precursore. Oggi il Chianti Classico vuole continuare ad andare avanti e oggi presentiamo tante novità”. Tra queste, ha annunciato Liberatore, anche l’affermazione del Chianti Classico come distretto, con la nascita del Distretto Rurale del Chianti con la firma da parte dei sindaci dei suoi Comuni, forte dei numeri di un territorio che, oltre al vino produce olio extravergine di oliva e turismo, e che complessivamente è in grado di generare un fatturato annuo globale stimabile in 700 milioni di euro. “È uno strumento in più - ha spiegato - che ci permette di valorizzare non solo il vino, ma tutte le attività che vi ruotano intorno. Avevamo tentato nel 2000 e non eravamo riusciti a trovare un accordo con le Amministrazioni, mentre oggi lo abbiamo fatto. Questo è veramente un giorno che definirei storico”.

Trecento anni dallo storico bando celebrati da tutti presidenti dei Consorzi, come Fabrizio Patresi, alla guida del Consorzio di Tutela dei Vini di Carmignano, che ha ricordato come la propria Denominazione “ha una storia che risale a prima al bando mediceo. In un archivio a Prato, è citato Ser Lapo Mazzei che acquistava vino di Carmignano da esportare già nel 1416. Nel nostro territorio sono poi presenti due Ville Medicee ed era un territorio ambito per i Medici. Del resto il Carmignano era il vino di corte di Leopoldo di Lorena. Nel 1500 all’epoca di Caterina dei Medici furono inoltre piantate le prime uve di Cabernet da unire al Sangiovese. Questo è un particolare storico delle nostre Doc e Docg. E wuesto è il giorno di partenza per la valorizzazione storica delle nostre quattro zone, che, guardando al futuro è sempre più importante”. Il presidente del Chianti Rufina Federico Giuntini ha osservato come “la storicità di 300 anni è una garanzia di qualità di ieri, oggi e domani. Oggi non è difficile fare buoni vini, ma creare vini con grande identità e grande legame con la loro terra”. Secondo Luca Sanjust, presidente del Consorzio Valdarno di Sopra Doc, “oggi è una giornata storica per la Toscana, l’Italia e l’Europa tutta. Il bando è di una chiarezza scientifica, rinascimentale, e ci porta direttamente alle porte dell’Illuminismo. È difficile trovare una chiarezza così moderna. Qualcosa di veramente epocale. La tutela del territorio fa parte della nostra identità nazionale. Noi siamo gli ultimi arrivati - ha aggiunto - perché il nostro Consorzio ha solo 5 anni, ma siamo antichissimi perché nel primo catasto fiorentino del 1427 si parla già dei vini del Valdarno. Anche qui c’è una storia molto antica”.

E dalla storia, si è passati direttamente al futuro, perché, come sottolineato dallo stesso Premier Renzi, un anniversario non va vissuto al passato, visto che è quello di un pezzo importante dell’economia futura dell’Italia, che, in un mondo sempre più globale e interconnesso che va verso la qualità, e quindi guarda all’Italia, ha molte chance. Dal web ai mercati, ha ricordato Manfredi Minutelli, business development manager e responsabile del settore agroalimentare per l’Italia di Alibaba, la piattaforma di ecommerce citata dallo stesso Renzi “dove è bastato mettere qualche bottiglia di vino per il lancio del “9/9” in Cina per vedere 100 milioni di clienti cinesi acquistare almeno una bottiglia”, che ha indicato le grandi potenzialità per il vino italiano in Cina, anche attraverso i canali del colosso cinese del business on line asiatico che conta 434 milioni di clienti attivi. Oggi, ha spiegato Minutelli, “le vendite di vino su Alibaba valgono circa 550 milioni di euro, e l’Italia rappresenta il 6% circa, che equivale a circa 30 milioni di euro. Chiaramente è un prodotto che è destinato a crescere, perché sta diventando popolare tra i consumatori cinesi specie tra le nuove generazioni che guardano con sempre maggiore interesse ai prodotti di importazione e in particolare per il made in Italy, che anche in Cina gode di buona fama”. Per il rappresentante di Alibaba “la Cina va approcciata in maniera seria, come un mercato emergente, non si ci può aspettare ritorni immediati ma nel medio periodo. Oggi Alibaba è il canale di ingresso privilegiato perché consente di raggiungere un potenziale di 434 milioni di clienti attivi”. Secondo Minutelli “naturalmente non basta aprire uno store o vendere prodotti sulle nostre piattaforme ma bisogna anche svolgere un’attività di marketing e comunicazione. Su Alibaba abbiamo infatti 10 milioni di venditori e un miliardo di prodotti. L’importante è dunque farsi trovare”. Nel complesso, ha ricordato, “quando parliamo di vino in Cina si parla quasi esclusivamente di vino francese, che pesa per il 55%, e di vino rosso che rappresenta 80% degli acquisti”. Attualmente, ha concluso, “i volumi sono fatti soprattutto da vini di prima fascia, più economici, intorno ai 7 euro e che dall’Italia partono da 2,5 euro, insieme ai vini di fascia alta per i quali è importante la marca”.

Del ruolo della “banca di territorio” a sostegno della crescita futura del mondo del vino, ha parlato Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Chianti Banca. “Il ruolo della banca del territorio oggi - ha evidenziato - è anche quello di aiutare la cultura del territorio e noi ci sentiamo pienamente a suo sostegno. Per questo abbiamo omaggiato il grande enologo Giacono Tachis, e abbiamo avuto la fortuna di ricevere il suo grande archivio. Tra qualche mese lo apriremo, proprio nell’ottica della cultura del territorio. A questo sostegno si aggiunge naturalmente quello economico anche se è legato alle tante problematiche italiane. Una di queste è certamente la dimensione delle varie realtà, e l’altra è quella di un sistema bancario che si sta esso stesso ristrutturando. Se le banche si aggregano, il cervello decisionale si allontana dal territorio e le prime a soffrirne sono le piccole aziende. Noi invece vogliamo restare con il cervello nel territorio, in Toscana, nel Chianti. Perché per sostenre un’azienda bisogna conoscerne il progetto, l’impenditore, la storia e il territorio di appartenenza”.

A tracciare un quadro delle importanti innovazioni apportate dal bando del Granduca Cosimo III è stato lo storico Zeffiro Ciuffoletti, membro dell’Accademia dei Georgofili, autore, tra l’altro, del recente volume “Terre Uve Vini. La denominazione dei vini di qualità nella Toscana Medicea e il contesto europeo”. “Il Bando Sopra il Commercio del Vino del 18 luglio 1716 - ha spiegato - e specialmente quello Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro Regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra, emanato dal Granduca Cosimo III dei Medici il 24 settembre dello stesso anno, costituisce un provvedimento unico ed originale nella plurisecolare storia del vino nel mondo. La storiografia ha ignorato o sottovalutato l’importanza dei due provvedimenti che oggi, a distanza di trecento anni, vanno giudicati come antesignani della viticoltura moderna (concetti di origine e regole di produzione) in quella “rivoluzione” che tra la fine del XVII e l’inizio del XX secolo trasformò non solo il modo di produrre ma anche la cultura stessa del vino e la sua commercializzazione”. Oggi, “che il vino rappresenta uno degli alfieri del made in Italy nel mondo e contende alla Francia anche il primato nella qualità, occorre sottolineare l’importanza della Toscana nella lunga storia della vitivinicoltura italiana”. Secondo Ciuffoletti “per tre volte in tre secoli (1700-1800-1900) la Toscana ha rappresentato un grande stimolo nell’evoluzione vitivinicola dell’intera Penisola: la prima con i provvedimenti di Cosimo III che già rivelano una cultura vitivinicola eccezionale, capace di collegare la qualità dei prodotti ai territori più vocati e a difenderne la qualità in vista della loro esportazione. La seconda nell’Ottocento, dopo l’Unità d’Italia, con la vera e propria rivoluzione del Chianti grazie alla quale Bettino Ricasoli, accompagnato da altri illuminati produttori ed in primis Vittorio degli Albizi, indicò la strada per produrre “vini perfetti”, in grado di fronteggiare il dominio mondiale dei vini da pasto francesi. La terza, infine, con la rivoluzione che vide protagonisti i Consorzi dei vini a Denominazione di Origine Controllata sorti nel secondo dopoguerra, e poi il magistero geniale di un enologo di fama mondiale come Giacomo Tachis, che proprio in Toscana operò presso Antinori, i più antichi e stimati “vinattieri” della Toscana nel mondo. Indubbiamente questa storia, per molti aspetti gloriosa, si è potuta verificare perché nella vitivinicoltura Toscana, come ormai in gran parte delle regioni italiane, si sono congiunti una serie di fattori speciali per caratteristiche ambientali, conoscenze tecniche, saperi antichi, capacità di lavoro e d’impresa, ma anche creatività. Oggi, però, da questa vicenda così apparentemente lontana, ma nello stesso tempo vicina, possiamo trarre anche un altro insegnamento, cioè il fatto che il successo dei vini, dipende da tanti fattori, ma in definitiva lo sviluppo dipende, come avevano intuito Cosimo III ed i suoi collaboratori, con in testa i membri della Congregazione sopra il commercio di cui Antonio Antinori fu Depositario generale, sempre più dai mercati esteri. Per questo occorre garantire la qualità con le Denominazioni più prestigiose, ma anche con l’opera di vigilanza degli organi preposti e in primo luogo dei produttori singoli o associati, nonché dello Stato. Un ruolo cruciale nel mercato attuale del vino - ha concluso - è riservato alla promozione, al marketing e alla distribuzione. Per questo anche la storia, le diverse storie dei diversi vini, possono fare la differenza. Bere un vino che racchiude in sé una storia plurisecolare è un fatto di cultura ed è per questo che dobbiamo “celebrare” la storia dei Bandi di Cosimo III”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024