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Il giro del mondo dei vigneti nei luoghi più suggestivi, bizzarri o impervi, con WineNews: dalle montagne alle città, dall’equatore a Capo Nord, dall’Oceano al Mediterraneo, da Pompei al vigneto nucleare, fino a quello coltivato in un cimitero ...

Siamo a abituati a vedere i vigneti arrampicati nei terrazzamenti liguri, altoatesini o trentini, o quelli della Mosella a picco sul fiume Reno, e ancora quelli a picco sul mare dell’isola del Giglio, piuttosto che di Salina, Lipari o Santorini. Ma anche lo Zibibbo di Pantelleria, coltivato a fusto cortissimo per proteggerlo dal vento, o le vigne alle pendici dell’Etna. E ancora, i vigneti nell’arida Israele o in Libano, e cominciamo ad abituarci anche ai vigneti di Cornovaglia, Kent, Hampshire, West Sussex e East Sussex, e dell’isola di Wight, ma in realtà si tratta di veri e propri “unicum”, che si consegnerebbero da soli a questo elenco dei vigneti piantati nei luoghi più insoliti.

E non ci sorprendono più neanche i vigneti cinesi e indiani, e la vite sta cominciando ad essere coltivata persino in Tailandia. Il vigneto Hua Hin Hill, piantato nel 2004 e di proprietà della Siam Winery, si trova sulla costa orientale del Golfo di Thailandia e, in un bizzarro mix di tradizioni, per la sua lavorazione si avvale degli elefanti al posto dei trattori. Già, perché la vite, grazie alla sua adattabilità e anche grazie al supporto della viticoltura moderna, può crescere quasi in ogni dove. Ecco allora un viaggio con WineNews sui luoghi più strani dove sono allevati dei vigneti.

Rivivono le vigne a Pompei dal 1994, su un’area degli scavi fra i più famosi al mondo, grazie all’Università di Napoli e all’azienda campana Mastroberardino. Per restare in luoghi di inestimabile valore, ci sono i vigneti di Venezia: sembra impossibile ma a partire dall’isola di Sant’Erasmo, da sempre considerata l’orto di Venezia, passando dall’isola di San Michele, sede del cimitero di Venezia, sono presenti vigne e si produce vino all’interno della Serenissima. Lo stesso vale per il Convento delle Zitelle della Giudecca, dove all’interno del chiostro c’è spazio anche per un vigneto. Anche nel cuore di Venezia possiamo trovare dei vigneti, alla Corte Sconta e alla Vigna della Tana, nelle vicinanze della Biennale. Non ultimo poi il caso di Bisol, che nell’isola di Mazzorbo coltiva un vitigno tradizionale veneziano quasi estinto, la Dorona. Anche a Siena, città medioevale capace di conservare quasi completamente il suo volto dell’epoca, compresi gli “orti” dentro le mura, è in corso un progetto di recupero dei vigneti “intra moenia”. A Roma, lo sappiamo, non manca nulla. Nella Città Eterna, a Trinità dei Monti, appena sopra Piazza di Spagna, si trova un vigneto nei giardini del Convento francese del Sacro Cuore, regolarmente allevato e curato dai ragazzi della scuola enologica Emilio Sereni.

In Francia, al di là delle zone storiche e celeberrime, esiste un caso molto particolare, quello di Parigi. Nella capitale francese c’è il vigneto di Montmartre, circondato da belle case e con gli autobus che vi passano vicini, dove, dal 1933, viene prodotto il “Clos Montmartre”.

Negli Usa, lo sappiamo, qualcosa di estremamente suggestivo e un po’ scenografico non manca mai. A Los Angeles, precisamente a due passi dalla nota località di Bel Air, di fonte all’Oceano si trova la Tenuta Moraga, tra le altre cose, una delle più antiche degli Stati Uniti, essendo stata la prima ad essere costruita dopo la fine del proibizionismo. Dove poi non è proprio possibile pensare ad un vigneto come siamo abituati a pensarlo è New York: i millennials della Grande Mela hanno creato il primo vigneto commerciale sui tetti di Brooklyn, con vista sull’Empire State Building, sperando in una prima annata nel 2017.

Ma torniamo fuori dai panorami urbani, anzi davvero lontano da loro, in mezzo al mare. Nelle isole Hawaii, altitudine e terreno vulcanico aiutano a crescere alcuni vigneti produttivi da cui dal 1986 ottiene i suoi vini Lynn “Doc” McKinney. Padre Ottavio Fasano, missionario piemontese doc, vive da 50 anni a Capo Verde sull’isola di Fogo, da dove, nel 2013, sono uscite dalla cantina Monte Barro le prime bottiglie di “Maria Chaves”, prodotte sui 23 ettari vitati. Forse si tratta dell’esempio più noto, ma è sempre molto suggestivo. Nell’isola di Lanzarote, nelle Canarie, esiste una tradizione vinicola che parte dal Settecento, e che produce vini anche eccellenti. Le viti sono coltivate all’interno di una sorta di “pozzo sommerso” (circa tre metri di profondità e cinque di larghezza), che rende il paesaggio di quest’isola unico. Anche a Tahiti, nella Polinesia francese, e precisamente nell’isola di Rangiroa ci sono 8 ettari di vigneto collocati proprio sulla spiaggia, davanti al mare tropicale, da cui si producono 40.000 bottiglie tra vino bianco e rosé. Da ultimo, è notizia di pochi giorni, ci saranno vigneti anche nella Repubblica Domenicana, nei Caraibi per intendersi, con il progetto “Ocoa Bay”.

È possibile produrre un vino di qualità al di fuori della zona tra il 30° e il 40° parallelo? Rio Sol è l’azienda brasiliana che coltiva i suoi vigneti all’8° di latitudine a sud dell’equatore, in un terroir che consente di fare addirittura due vendemmie all’anno. Ma c’è anche un caso opposto. In Norvegia l’azienda Lerkekasa che produce bottiglie regolarmente in commercio dai suoi vigneti fin dal 2008, che si trova nel villaggio di Gvarv (59 ° 40’Nord, 09 ° 19’Est). Si coltiva la vite anche in Patagonia, sulla punta più meridionale del Sud America. L’azienda e i vigneti della cilena Casa Silva, in produzione commerciale, sono quelli più a meridione, sulle rive del Lago Ranco, 600 miglia a sud di Santiago a 40 gradi di latitudine. C’è spazio per la vite anche nel deserto. Situato nei pressi di Luxor, in Egitto, Sahara Vineyards ha piantato un vigneto soggetto a sbalzi di temperatura incredibili dal giorno alla notte, una completa mancanza di precipitazioni e sabbia del deserto priva di sostanze nutritive. Ovviamente irrigazione e concimazione d’obbligo per ottenere qualcosa. Poi c’è pure una sperimentazione estrema e fantascientifica: il vigneto “nucleare”. La centrale nucleare finlandese di Olkiluoto ospita un vigneto (meno di un ettaro) che produce qualche grappolo di uve Zilga ogni anno grazie alla diffusione nel terreno dell’acqua riscaldata dal reattore nucleare.

Se il vigneto più alto del mondo non è in discussione (si tratta del vigneto biodinamico “Altura Maxima” dell’azienda argentina Bodega Colomé, con i suoi 3.111 metri di quota, ma ne possiede altri due El Arenal a 2.700 metri e Colomé a 2.300 metri), più fluida è la definizione del vigneto più alto d’Europa. Si candida Cortina, con un vigneto produttivo a 1.300 metri (realizzato da Federico Menardi e l’enologo Fabrizio Zardini con il Centro di Ricerca dei Vivai Cooperativi di Rauscedo), ma c’è anche la Valle d’Aosta con la Cave du Vin Blanc de Morgex et de la Salle, che possiede un vigneto alle falde del Monte Bianco, ma la cantina più alta d’Europa sarebbe la valdostana Cave du Mont Blanc, a 2.173 metri di quota.

Per concludere, forse il luogo più strano di tutti per piantare un vigneto: naturalmente succede negli Stati Uniti, in California e precisamente nella East Bay dove non ci sono altri vigneti se non questo. Un enologo di origine ebraica e un Padre cattolico, Jayson Landeza, coltivano e benedicono un vigneto che cresce in un cimitero. Amen.

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