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Vendemmia 2016: nel territorio dell’Amarone c’è aria di “guerra” delle rese: Il Consorzio ottiene dalla Regione un -40% delle uve destinate all’appassimento. Non ci stanno le “Famiglie dell’Amarone” e molte delle stesse aziende consorziate

Italia
I vigneti della Valpolicella

Anche per la vicinissima vendemmia, il Consorzio Tutela Vini della Valpolicella ha chiesto alla Regione Veneto e ottenuto la riduzione della percentuale di cernita delle uve atte a produrre i vini “Amarone della Valpolicella” e“Recioto della Valpolicella” per la campagna 2016 al 40%. “In una situazione mondiale del comparto difficile - spiega Christian Marchesini, presidente del Consorzio - i vini delle denominazioni Valpolicella danno soddisfazione. Il sistema Valpolicella funziona perché c’è una stretta interconnessione tra tutti gli attori della filiera. Proprio per tutelare questo successo si rendono necessari provvedimenti per governare l’offerta”. La posizione del Consorzio non prevede, però, nessun tipo di dialettica visto che la riduzione della percentuale di cernita è ritenuto l’unico strumento a disposizione del Consorzio stesso, che rappresenta tutta la filiera produttiva, l’ha votato all’unanimità.
“Il voto unanime - prosegue Marchesini - sta a significare che tutte le componenti, dai produttori di uva, alle aziende medie e grandi, fino agli imbottigliatori e alle cooperative, hanno compreso che ognuno deve rinunciare a qualcosa per tutelare la redditività. Nessuno può tirarsi indietro rispetto alla responsabilità di decidere”.

Tutti d’accordo, quindi? Non proprio, anzi una parte non piccola e decisamente importante delle aziende che producono Amarone non vede la questione ridotta solo in questi termini. “Il disciplinare di produzione dell’Amarone - spiega a WineNews Sabrina Tedeschi, a capo dell’azienda di famiglia e Presidente delle “Famiglie dell’Amarone d’Arte” - prevede il 65% di uve destinate all’appassimento e quindi alla produzione di Amarone. Dal 2009, il Consorzio obbliga tutti i produttori a ridurre questa percentuale al 50%. Nel 2014 siamo scesi al 35% ma dovevamo fare i conti con una vendemmia problematica. Non ci siamo mai opposti a questo provvedimento ma andare al 40% per la vendemmia 2016, che peraltro promette bene, ci sembra un po’ affrettato quanto meno. Le Famiglie dell’Amarone - prosegue Tedeschi - e altri produttori, peraltro, fanno osservare che la pratica introdotta nel 2009 dal Consorzio non ha ottenuto risultati. Allora forse è il caso che ci sia da lavorare in un altro senso. Noi vorremo che si intervenisse sul territorio e sul disciplinare di produzione e bisognerebbe riconoscere che i 7.600 ettari ad Amarone non possono produrre tutti la stessa qualità. In questo senso - conclude il Presidente delle Famiglie dell’Amarone - ci sembrerebbe opportuno lavorare ad una zonazione che riconoscesse le aree più vocate, i rischi e i costi di produzione più alti. Insomma, bisognerebbe pensare il territorio in un modo diverso”.

Il continuo incremento di ettari vitati ha determinato un conseguente aumento di potenziale vino Amarone e Recioto della Valpolicella, che il Consorzio ha definito “non sostenibile per le attuali quote di mercato disponibili”.
“Il Consorzio - sottolinea Olga Bussinello, direttrice del Consorzio - si muove in un perimetro delimitato da regole precise e da limiti imposti dalla Regione Veneto, che è l’interlocutore per le modifiche relative alle regole fissate dal Disciplinare di produzione. Le variazioni richieste non possono che essere uniche e trasversali su tutta la filiera produttiva”.
L’intervento consortile mira al benessere della denominazione Amarone di Valpolicella e al mantenimento della redditività ma, spiegano i detrattori del provvedimento, non si tiene conto che la ricaduta ha effetti non valutati sulle due altre Doc che insistono sullo stesso perimetro di produzione: Valpolicella e Ripasso della Valpolicella Doc. Quale sarà l’effetto di una aumentata disponibilità di Valpolicella dopo che la scarsità e i conseguenti alti prezzi ne ha ridotto la distribuzione negli anni? Lo stesso per il Ripasso che ha conquistato spazi di mercato a prezzi popolari, insostenibili quando la quantità sarà ridotta in relazione alla riduzione di disponibilità di vinacce di Amarone. Non si considera che operiamo su una delimitazione di zona frutto di un disciplinare datato 1968 l’Amarone all’epoca era una produzione da hobby, mentre il Valpolicella rappresentava l’offerta di largo consumo dal Veronese. Il Ripasso è nato addirittura dopo quasi 40 anni.

Ma quello che pare mancare al fondamento della decisione consortile è che la sua ineludibilità sia dettata soltanto da dati quantitativi. Nessun cenno alla qualità del vino e a come si potrebbe aumentarla, sostiene che si oppone alla misura, intervenendo a favore delle aree più vocate invece di procedere con tagli lineari se, come ammesso, la richiesta è conseguente a fatti di sistema (aumento ettari a vigneto,) è ammissibile un intervento riduttivo a ridosso della vendemmia, provocando gravi turbative nel mercato delle uve e dei vini? E questo reiterato per più anni?

Limitare la produzione indiscriminatamente anche di operatori che hanno negli anni dimostrato di poter vendere con profitto economico, costringendoli magari ad acquistare da terzi per poter soddisfare la clientela propria solo perché c'è esubero di produzione da parte di operatori evidentemente incapaci di vendere vantaggiosamente nel mercato non pare una operazione molto lineare.

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