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Enoteche in estate, su e giù per l’Italia: l’incertezza globale si fa sentire, ma l’enoturismo non manca, tra grandi classici (Piemonte e Toscana su tutti) e un’attenzione straniera in decisa crescita su vini di territorio e vitigni autoctoni

Italia
Come vanno le cose in enoteca in estate ... Un viaggio Winenews tra le tante enoteche italiane

L’estate 2016, anche se inserita in un contesto economico, sociale e politico pieno di incertezze e incognite, procede come da copione nelle città e nelle zone più belle d’Italia, con il turismo a riflettere però, nella sua composizione e nei suoi comportamenti, una situazione alla quale nessuno, bene o male, è immune. E quindi nemmeno il consumo del nettare di Bacco e il fenomeno rampante dell’enoturismo, a quanto emerge dai pareri di alcune delle enoteche più rappresentative dei loro territori raccolti da WineNews.

“La situazione è positivamente stabile, nella norma”, fa sapere Vera Buonanno dell’Enoteca Picone di Palermo, anche se “questo è dovuto alla presenza dei turisti, c’è un lieve calo durante tutto l’anno ma quello è fisiologico, è dovuto al momento storico” e alla situazione economica generale - e anche se la spesa per bottiglia è lievemente aumentata, i conti si pareggiano con un minor numero di etichette acquistate. I turisti si rivelano meno curiosi della clientela stanziale: i primi “comprano vini francesi e siciliani, mentre i palermitani comprano un po’ di tutto, a seconda di cosa gli serve”. Gettonatissimi i vini dell’Etna, seguiti dallo Champagne e dai rosé, con una piccola ma costante richiesta per i rossi italiani più famosi, dal Barolo al Brunello. Salendo poi in Campania, il punto di vista di Rosario Russo, dell’Enoteca Partenopea di Napoli, è simile: “le vendite vanno come sono andate negli ultimi cinque anni, e il turismo non si sente poi tanto”. I napoletani che decidono di fare scorta per le vacanze, magari in una casa al mare o in montagna, “si rivolgono principalmente a vini campani o trentini”, con le bollicine in prima fila.

Nella capitale, invece, la musica è ben diversa: “le cose vanno benissimo”, racconta Francesco Trimani, dell’omonima enoteca romana, “considerando il clima generale, Roma ha comunque tanti turisti, c’è un grande interesse sul vino e le cose sono anche molto divertenti, perché ogni anno c’è qualche novità. Dopo un po’ di anni si sta tornando a parlare di zone nuove, non classiche, c’è vivacità oltre la Toscana, il Piemonte e così via”. C’è la clientela turistica, “che si concentra sui nomi più famosi, dal Piemonte, alla zona di Siena, il Chianti eccetera, quelli di cui hanno sentito parlare”, ma dato che “in Italia si sta molto affermando questa diffusione del parlare di vino su molti canali”, la curiosità è tanta: “per esempio, oggi sono in negozio e un cliente mi ha chiesto la Croatina, che a Roma non è una cosa così consueta”. Una curiosità che si riflette anche sulle richieste dei vini più tipici dell’estate, come bianchi e bollicine, mentre per i rossi continuano a dominare i “soliti noti” - Barolo, Barbaresco, Brunello e così via. “Rispetto agli ultimi anni”, conclude Trimani, “i valori sono molto simili, la contrazione degli ultimi anni ormai ha cambiato il mercato, che comunque c’è. C’è poca vivacità sulla città, ma dipende dall’incertezza che si percepisce adesso”.

I vini di territorio la fanno da padrone all’enoteca La Loggia di Orvieto, dove però “fino ad adesso non c’è stato molto turismo, forse un poco meno degli anni scorsi. Si cerca più la qualità, chi compra tende a voler spendere un poco di più”, ci racconta Camilla Vittori, e a grandi linee anche i turisti sono disposti a fare lo stesso. “Noi cerchiamo di promuovere nuove etichette - ha proseguito - ma i vini locali sono i più cercati dai turisti, mentre questo punto di vista sono gli italiani ad essere più curiosi nelle loro richieste”. Nel Granducato enoico, si fa decisamente sentire una minore presenza di turisti a stelle e strisce, ma i grandi cavalli di battaglia della regione continuano a riscuotere grandi successi: “diciamo che le cose vanno bene, si mantengono gli stessi numeri. Il turismo, dal nostro punto di vista, ormai è tutto veicolato, e quindi è quasi marginale”, racconta Andrea Formigli della Vinoteca al Chianti di Impruneta, e “si vedono sempre meno extraeuropei, specialmente americani e russi. La clientela italiana regge, abbiamo uno zoccolo duro che il vino lo continua a comprare, ma la situazione economica è quella, si guarda molto al rapporto qualità-prezzo”. Per quanto riguarda i rossi, oltre ai sempreverdi toscani, “il Piemonte va molto, così come l’Etna”, e per i bianchi “sta uscendo fuori bene l’Irpinia, e anche l’Abruzzo può fare molto da questo punto di vista”. Se dal Chianti ci si sposta a Montalcino, nel cuore del Brunello, la mancanza di una presenza americana si fa ancora sentire: “gli americani sono spariti”, ci dice Bruno Dalmazio, “e anche se ci sono più presenze nel negozio, mediamente spendono meno, non ci sono più i clienti che comprano anche trenta bottiglie per volta”.

Per l’emiliana Il Cantinone, la situazione è “tendenzialmente un po’ calante” per i clienti italiani, per i quali “il target qualitativo è sceso”, ma la componente turistica è cresciuta: “se ne vedono di più, e cercano i vini nazionali quanto locali, si cercano sempre i nomi blasonati, quelli più conosciuti”. Se purtroppo dall’Emilia si volge lo sguardo a ovest, lungo la costa, l’effetto del periodo storico si fa sentire davvero molto, come all’Enoteca La Cave di Ventimiglia - a una manciata di chilometri dal confine, dalla Costa Azzurra e da Nizza. “Siamo a un 30-40% in meno negli ultimi quindici giorni, è un momento speciale: prima eravamo in linea con gli altri anni, anche come spesa media”. La vicinanza col confine genera tuttavia una clientela in gran parte straniera e con una forte componente nordeuropea, “che c’è di più e spende di più. Tanti all’estero ormai bevono abitualmente italiano, e ora si beve più Toscana e molto Sud Italia, sia Sicilia che Puglia e Campania, mentre il Piemonte perde un poco”. Insomma, decisamente “c’è più interesse sui vitigni italiani” da parte degli enoturisti stranieri.

Poco scostamento dalle medie annuali recenti anche per l’Enoteca Grandi Vini di Alba: come racconta Enrico Maccari, “le vendite vanno regolarmente, anche come cifre”, e la diminuzione negli anni scorsi del mercato nazionale sembra che si stia invertendo. Gli enoappassionati stranieri “sono sempre di più, e vengono non solo nel periodo autunnale, ma anche in primavera ed estate. Si spazia dagli Stati Uniti alla Corea, a Hong Kong, qualche cinese e tutta la clientela dei paesi nordeuropei”. Che tendono a prediligere, comprensibilmente, “il Barolo e gli altri piemontesi, le Langhe, Barbera, Dolcetto e così via”. Muovendosi a est, si arriva a Milano, dove da almeno 120 anni Cantine Isola continua a essere attiva sulla cosmopolita piazza meneghina: “abbiamo molti stranieri”, conferma Giovanni Sarais, “e le cose vanno bene da molti anni, facciamo molto vino al bicchiere. In questo settore crescono sia la qualità che la richiesta”. E oltre al Prosecco, che domina le richieste estive insieme a Traminer, Pecorino e Chardonnay, anche i rossi freschi e meno strutturati, “come la Schiava Gentile o il Pinot Nero” vanno molto bene.

Il Veneto vanta uno dei luoghi di riferimento per i wine lover del Nord Est, la mitica Bottega Vini di Verona che, con una carta di 4.300 etichette, è una vera e propria miniera, specie per la mescita, al tavolo o al banco, con qualche sorpresa anche nei mesi estivi, in cui, “nonostante le temperature che sfiorano i 35 gradi - racconta il direttore, Luca Nicolis - sono i vini della Valpolicella, Amarone su tutti, a trainare i consumi che, per noi, stanno andando meglio di un anno fa. Anche grazie all’exploit delle bollicine, ma di un certo livello: quasi spariti Prosecco e Franciacorta di basso prezzo, crescono gli Champagne, non solo le grandi griffe, come Krug o Salon, ma anche quelli dei piccoli produttori. Bene fanno anche i vini di Borgogna, sia i Pinot Nero che gli Chardonnay, dai prezzi decisamente alti ma che hanno ormai preso il posto, specie tra i premiere crus, di Bordeaux, diventata quasi inaccessibile a ceti livelli. Il prezzo medio, per chi decide di mangiare qui, è di 20-22 euro a bottiglia, ma i gruppi di amici che aprono una bottiglia al banco spendono molto di più, sui 45 euro a bottiglia. Tra la nostra clientela - conclude “l’Oste” della Bottega Vini - ci sono da sempre molti tedeschi che, in un clima di tensione come quello che stiamo vivendo, preferiscono fermarsi qui invece che andare troppo lontano da casa, e questo, in effetti, per noi è positivo”.

Arrivando infine in Trentino, è proprio la componente turistica a far sorridere Mario Demattè, dell’Enoteca Grado 12 di Trento: “le cose vanno molto bene, perché c’è più turismo in città rispetto all’anno scorso. La spesa per cliente è variabile, non è quel turismo che espressamente spende molto per una bottiglia” - e l’influsso turistico è sia italiano che straniero, con questi ultimi principalmente tedeschi e francesi. “La Toscana in particolare si vende molto”, ha concluso Demattè, “insieme ai vini del nostro territorio”.

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