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Mentre i Dem e il Gop tengono le loro Convention per le presidenziali Usa, le industrie vitivinicola e agroalimentare osservano, ascoltano e soprattutto fanno lobbying, approfittando del gotha dei partiti riuniti, in vista del voto di novembre

In un modo o nell’altro, l’alcol è un tema sempre presente nella politica statunitense moderna, e a tratti assai pressante da ben prima che arrivassero il Proibizionismo e il Ventunesimo emendamento: non stupisce, quindi, che i rappresentanti di alcune delle maggiori associazioni di categoria del beverage siano presenti alle Convention dei partiti che esprimeranno, di qui a novembre, il prossimo Presidente degli Stati Uniti.
Come riportato da “Decanter” (www.decanter.com), sebbene il settore abbia versato solo 700.000 dollari in contributi elettorali in totale - una goccia nel mare - a seguire le Convention ci sono entità come il Distilled Siprits Council, l’associazione nazionale dei produttori e venditori di superalcolici
- per la quale il punto focale è quel 56% di ogni bottiglia che rappresenta la quota del valore dovuta a tasse locali, statali o federali. E parimenti, a seguire gli eventi a Cleveland ed a Philadephia ci sono anche le associazioni dell’agroalimentare, con un colorito food truck a ospitare rappresentanti della campagna di sensibilizzazione (e di lobbying) “Plate of the Union”.

D’altro canto i temi sui quali è possibile influenzare le opinioni dei futuri membri del Congresso degli States, e dello staff del Presidente, non mancano: motivo per il quale l’associazione dei grossisti di vino e superalcolici dell’Unione, la Wine and Spirits Wholesalers of America, ha un “Political Action Committee”, ovvero una sotto-organizzazione a questo espressamente dedicata, che finora ha generato più di un milione di dollari in contributi da distribuire. Altrettanto interessata all’attenzione dei membri della classe politica statunitense, poi, è senz’altro l’industria vitivinicola in quanto tale, dato che le leggi sull’etichettatura e sulle zone di produzione, denominate American Viticultural Areas, sono federali e non statali, e che attualmente permettono, ad esempio, di comprare uve della Napa, usarle per produrre vino anche sulla costa opposta e etichettare il prodotto finito con la dicitura “Napa Valley”. Per non parlare dei molti riflessi che temi politici “tout court”, come immigrazione e paga minima oraria garantita, possono avere sull’intero settore del beverage a stelle e strisce.

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