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“Orgoglio Piceno”, il rilancio di una delle anime enoiche meno note delle Marche. Angela Velenosi, guida del “Consorzio Vini Piceni”: “in 2 anni risanato bilancio, crescita dell’export, delle quotazioni delle uve e della reputazione. E il futuro ...”

Italia
La presidente del Consorzio Vini Piceni, Angela Velenosi

Nelle Marche del vino dove domina il Verdicchio, vino bianco autoctono italiano più conosciuto secondo un’indagine di Nomisma-Wine Monitor per l’Istituto Marchigiano Tutela Vini (www.imtdoc.it), che molto ha investito in promozione e comunicazione per il principe dei vini regionali (senza dimenticare, però, altre espressioni importanti come il Rosso Conero, la Vernaccia di Serrapetrona, la Lacrima di Morro d’Alba e così via), c’è anche chi ha investito e investe risorse economiche e progettuali per il rilancio di un’altra importante anima vinicola ma poco conosciuta delle Marche, quella dei vini piceni. Sotto il claim “Orgoglio Piceno”, il Consorzio dei Vini Piceni (www.consorziovinipiceni.com), nato nel 2002 e guidato dal 2014 dalla produttrice Angela Velenosi, ha messo e sta mettendo in campo tante iniziative per rilanciare vini eccellenti come il Rosso Piceno (e Superiore), Falerio e Offida Docg (prevalentemente Pecorino e Passerina). Vini prodotti su 1.500 ettari vitati, per l’80% coltivati (o in fase di riconversione) a biologico, che, in 10 anni (2003-2013), hanno visto il proprio export crescere del 65%, a quota 68 milioni di euro, e per i quali ora si apre una nuova fase di sviluppo, anche grazie ad un nuovo dinamismo da parte del Consorzio, soprattutto sui mercati esteri.

In vista della fine del suo mandato (30 luglio 2016), a WineNews, Angela Velenosi traccia un bilancio del suo mandato, e qualche indicazione per il futuro: “abbiamo lavorato tanto su molti fronti, e i risultati credo che si vedano. I soci sono passati da 27 a 44, abbiamo oltre l’80% della rappresentatività di tutte le quattro denominazioni, e abbiamo riguadagnato credibilità agli occhi della critica, dei consumatori e anche delle banche, visto che in poco più di due anni abbiamo portato il bilancio del Consorzio da un rosso di 320.000 euro ad un attivo di 70.000, grazie ad un lavoro trasparente e certosino su molti aspetti. E la sostenibilità economica di quella che io considero un’azienda che risponde a 44 soci è fondamentale per progettare il futuro ed essere credibili con gli interlocutori. Altro aspetto importante: abbiamo portato i nomi più significativi del giornalismo enologico italiano a conoscere un territorio che molti non avevano mai visitato. Ma, grazie ai produttori che hanno investito in maniera intelligente sulle denominazioni del territorio, abbiamo anche portato la remunerazione per i coltivatori da 25 a 130-140 euro al quintale per le uve migliori. Su questo fronte, in futuro, ci sarà ancora molto da lavorare, ovviamente. Perché un obiettivo primario deve essere quello di far crescere il senso di appartenenza al territorio da parte di chi coltiva le uve, e questo è possibile farlo solo investendo e premiando anche economicamente chi lavora sulla qualità. Come del resto dobbiamo lavorare sul potenziale produttivo, che oggi è di 30 milioni di bottiglie ma può crescere. E anche sull’export, che ancora, nonostante una buona crescita, è ancora troppo poco”.
E su questo fronte qualcosa già si è mosso, come testimonia, tra le altre cose, il piano da 1,4 milioni di euro di investimento sui mercati come Usa, Cina e Canada, presentato, nei giorni scorsi, dal Consorzio Vini Piceni.

“Numeri che fanno capire che il futuro enologico del Piceno è nelle mani dei consorziati che hanno dato prova di un grande senso progettuale - spiega la presidente del Consorzio Angela Velenosi - questo è un investimento personale per loro e fa capire che l’importanza della promozione e del marketing è stata ben compresa. Credo che, con gli sforzi fatti fino ad ora, abbiamo portato il territorio ad avere le carte per essere un valido competitor sul mercato internazionale”. Un territorio che però deve ancora lavorare per scrivere il suo futuro.

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