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Global warming: nel bacino del Mediterraneo la risposta è nelle varietà resistenti a stress idrico e alte temperature, ma non per tutti è un problema, come raccontano i protagonisti del mondo enoico, da Dubourdieu a Ernst Loosen e Miguel Torres

Italia
Gli enologi top del mondo a confronto sugli effetti del global warming a Bordeaux by American Association of Wine Economists

Il tema è, nel vero senso della parola, scottante e resta saldamente una delle minacce più immediate per tutto il mondo enoico: il clima ha infatti effettuato una decisa virata verso temperature più alte, praticamente in ogni dove, un processo iniziato con l’arrivo del nuovo millennio. Ecco allora che l’American Association of Wine Economists (www.wine-economics.org), riunita a Bordeaux dal 21 al 25 giugno per la Conferenza Annuale n. 10, ha messo insieme molti dei nomi di spicco dell’enologia mondiale, produttori, docenti ed enologi, per fare il punto della situazione.

Per la Francia parla Denis Dubourdieu, professore di enologia all’Università di Bordeaux e consulente per aziende di grido come Château Reynon, Château Doisy Daëne, Château Cantegril, Château Haura & Clos Floridène. “In 40 anni di consulenze in Francia ed in altri Paesi dove si produce vino di qualità - racconta Dubourdieu - ho costruito un’esperienza che mi permette di fare alcune osservazioni sul clima, le sue fluttuazioni e il suo impatto sulle diverse varietà di uva. Il clima è diventato, oggettivamente, più caldo nel decennio dal 2000 al 2010. Negli areali di Bordeaux, Borgogna, Hermitage, Loira e Champagne, tra gli altri, i vitigni a bacca rossa prodotti sono più dolci, hanno colori più profondi e tannini più fitti; i vitigni a bacca bianca non necessariamente sono inferiori in acidità, se lavorati con mestiere ed attenzione. Attualmente, le temperature più calde hanno portato anche ad un accrescimento senza eguali del grado alcolico. I viticoltori hanno già sentito gli effetti negativi del riscaldamento del clima sui loro vini ed hanno molto poco spazio di manovra. Ma c’è qualcosa che si può e si deve fare: prima di tutto compiere scelte diverse dei vitigni da impiantare - conclude Dubourdieu - privilegiando le varietà mediterranee, più abituate al calore e più simili geneticamente a quelle coltivate 7.000 o 8.000 anni fa, sulle rive del Mar Nero, in Armenia, Mesopotamia, Palestina ed Egitto”.

In Germania, il cambiamento climatico ha, invece, prodotto effetti interessanti, come sottolinea Ernst Loosen patron della cantina Dr. Loosen, una delle aziende più quotate della Mosella. “In passato, il clima continentale della nostra area di produzione era spesso troppo freddo, anche per il Riesling. Fino alla fine del 1980 - ricorda Ernst Loosen - abbiamo faticato a raggiungere un grado di maturazione media naturale accettabile. In passato, anche in annate buoni, le uve erano spesso appena mature. Inoltre, c’era sempre il rischio di pioggia o di gelate precoci, che riducevano sensibilmente la resa. Non è il cambiamento climatico che porta a temperature medie più calde quello che ci preoccupa, ma sono invece i cambiamenti imprevedibili del tempo che ci tiene sempre in allerta. Queste condizioni climatiche estreme rendono difficile pianificare ogni decisione nel lavoro in campagna. Una cosa che stiamo perdendo, però, sono gli Eiswein. La tendenza generale al riscaldamento ha sicuramente ridotto la quantità di questa tipologia. Tuttavia, almeno per ora, il riscaldamento climatico è stato vantaggioso per noi produttori della Mosella - conclude Loosen - Tutto sommato, il cambiamento climatico non è ancora un rischio enorme nelle regioni settentrionali, dove c’è ancora un sacco di acqua e notti fresche. Non c’è alcuna necessità di lanciare allarmi o proposte ridicole come espiantare il Riesling per fare posto al Syrah”.

Per Alois Lageder, produttore altoatesino tra i più celebrati, il cambiamento climatico più significativo in Italia è arrivato a partire dal nuovo Millennio, però “con diverse annate eccellenti. Nel breve periodo, i cambiamenti climatici in Alto Adige sono stati certamente a vantaggio della produzione viticola della zona. Tuttavia, siamo preoccupati per un ulteriore riscaldamento e possibili effetti a lungo termine e stiamo già preparando le condizioni viticole per affrontare questa sfida. Negli anni, abbiamo notato diversi cambiamenti legati al clima. La frequenza di giorni con temperature molto calde è aumentata. Abbiamo osservato un calo significativo delle escursioni termiche notturne e un generale aumento delle temperature medie e degli eventi estremi. C’è stato anche - conclude Lageder - un aumento delle fungine come la peronospora ed è giunto anche il momento di ricorrere all’irrigazione”.

Netta e decisa la posizione di Miguel Torres, del gigante del vino spagnolo, secondo cui “in generale, il cambiamento climatico è la più grande minaccia per il business del vino e per i viticoltori, perché le viti sono estremamente sensibili alle variazioni di temperatura. Con l’aumento delle temperature, molti prodotti agricoli continueranno ad essere coltivati senza alcuna differenza notevole per il consumatore, mentre nel caso del vino, la qualità sarà influenzata pesantemente. Non credo che questo significhi che la coltivazione della vite scomparirà dalla nostra area di Penedès (vicino a Barcellona), ma molto probabilmente dovremo reimpiantare vitigni che sono altamente resistenti alle alte temperature e allo stress idrico, o selezionare le singole viti che possono far fronte alle temperature più elevate. Siamo davvero ad un bivio - conclude Torres - il modello della nostra economia è troppo legato al “profitto ad ogni costo”, mentre dovremmo ragionare non più come individui, ma come gruppi, come Paesi e anche come aziende”.

Per Paul Draper, patron di Ridge Vineyards, azienda simbolo della California enoica “ ci sarà un aumento moderato delle temperature stagionali, ma non sarà affatto estremo. Tuttavia, stiamo lavorando per preparare al meglio la nostra azienda a sopportare ondate di calore anomale. Canalizzeremo l’acqua piovana in appositi serbatoi, scaveremo stagni di ritenzione per catturare l’acqua piovana prima che possa defluire. Possiamo riciclare tutta l’acqua di lavaggio della cantina, ma siamo dipendenti dalle nostre falde acquifere, e se le ondate di siccità diventeranno più frequenti, potrebbe sorgere un grave problema”.

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