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La metà dei turisti del mondo sono “Food Traveller”, con l'esperienza enogastronomica che è la prima motivazione di viaggio. E dall'“Autentico” all'”Eclettico”, dal “Locale” al “Social”, il “Food Travel Monitor 2016” ne ha tracciato i profili

L’enogastronomia è la prima motivazione di viaggio per il 49% dei turisti di tutto il mondo, che da un “turismo dei luoghi” guardano sempre di più ad un “turismo di esperienze”. È il dato principale che emerge dal “Food Travel Monitor 2016”, presentato oggi a Milano in anteprima mondiale dalla “World Food Travel Association” (www.worldfoodtravel.org), che ha sondato oltre 2800 persone che hanno viaggiato nell’ultimo anno provenienti da Australia, Cina, Francia, Germania, India, Irlanda, Italia, Messico, Spagna, Uk e Usa. Insomma, metà di chi viaggia per piacere, i cosiddetti “leisure travellers”, sono in realtà “food travellers”, ovvero coloro che quando viaggiano lo fanno soprattutto per cercare esperienze “del gusto” indimenticabili in ristornati importanti e famosi, per partecipare ad eventi dedicati allo street food, partecipare a corsi di cucina, tour enogastronomici, festival dedicati al cibo, al vino e alla birra, visitare fattorie, mercati, aziende agricole, cantine, birrifici e distillerie dove sia possibile imparare qualcosa, oltre che degustare i prodotti. Fenomeno che riguarda oltre la metà (52%) della “X Generation” e dei “Millennials”, ed il 42% dei “Baby Boomers”. In generale, l’esperienza enogastronomica quando si visita un luogo, è considerata più importate rispetto al passato dal 59% di tutti coloro che viaggiano per piacere, percentuale che sale al 72% per i “food travellers”. Di cui , peraltro, il 46% sono “beverage travellers”, ovvero persone che scelgono la destinazione in base all’offerta di esperienze legate al vino o alla birra. Una passione, quella del turismo enogastronomico, che ha anche ovvie ricadute economiche: i “food travellers” sono più propensi a spendere di più per cibo e vino e a partecipare ad iniziative, e anche in base a quello che mangiano e bevono sono più propensi dei viaggiatori normali nel condividere le loro esperienze e a consigliare destinazioni. E sono più spendaccioni, come dimostra, per esempio, il dato sugli americani: i “food travellers” Usa sono il 47% degli americani che viaggiano per piacere, ma valgono il 61% di tutta la spesa dei viaggiatori, con una spesa media di 123 al giorno per il wine & food in vacanza, contro gli 80 dollari dei semplici viaggiatori. Ancora, il 71% dei viaggiatori “del gusto” a livello mondiale compra prodotti enogastronomici per riportarseli a casa, ed il 69% come dono per amici e parenti. Per l’82% di loro, inoltre, quelli legati al wine & food sono i ricordi del viaggio più importanti e significativi da conservare.
E da condividere, con il passaparola che conta moltissimo: i pareri di amici e conoscenti è la prima fonte di informazione motivazione nella scelta di un luogo, di un ristorante o di un’esperienza gastronomica da visitare per il 70% di chi ha risposto al sondaggio. Seguono programmi tv sul cibo (46%), siti e riviste specializzate (44%), magazine dedicati al turismo (38%) e social media (34%), dove un ruolo decisivo è giocato dalla condivisione di foto di piatti, bottiglie e così via.
Ma i “food travellers” non sono tutti uguali, e così il “Food Travel Monitor”, ha tracciato anche i 13 profili “Psico culinari” del turista enogastronomico internazionale, basati sulle autodefinizioni date da chi ha risposto al sondaggio (con molti che si riconoscono i più categorie). E così, ecco gli “Autentici” (46%), che vanno in cerca di cibi e bevande preparati secondo le ricette e le tradizioni del posto, per un’ esperienza gastronomica “autentica”, gli “Eclettici” (44%), quelli ce cercano una grande varietà di esperienze, scegliendo un caffè italiano una sera e un ristorante tailandese in quella successiva, o i “Locali” (35%), che puntano su ristoranti, bur e pub che siano rigorosamente “del posto”. Ancora, ci sono i “Social” (30%), che mirano ad esperienze legate al cibo per incontrare amici e trascorrere del tempo con la propria famiglia seduti a tavola, e gli “Innovativi” (23%), sempre in cerca di cose nuove e di sperimentazione, scarsamente propensi a tornare negli stessi posti. Ma c’è anche chi si definisce “Budget” (22%), in cerca di opzioni low-budget, senza il desiderio di un cibo in particolare, ma attento alla spesa, e chi “Avventuroso” (19%), a caccia di cibi e bevande unici, con il desiderio di assaggiare di tutto, anche piatti inconsueti e lontani dalle proprie abitudini alimentari. Poi vengono i “Gourmet” (18%), che puntano solo sui grandi ristoranti, e i “Biologici” (17%), per cui l’origine degli ingredienti delle ricette ha la stessa importanza del menu. Ma c’è anche chi si dice “Esteta” (15%), e cerca un’esperienza dove l’ambiente ha la precedenza sul cibo, ad esempio un ristorante romantico o a tema, o “Abitudinario” (14%), che punta su ciò che già conosce, evitando sorprese. Ma c’è anche ci è “Trendy” (11%), e cerca esperienze legate al cibo che siano alla moda, perchè essere “cool” è di primaria importanza e, infine, i “Vegetariani” (8%), dediti ad un turismo enogastronomico ovviamente senza carne.
Ma se questi sono i profili psicologici, dall’indagine emerge anche che la percentuale di “food travellers” su chi viaggia per piacere in generale, varia da Paese a Paese.
Per esempio, in Cina il 69% si dichiara “food travellers” ed il 47% “beverage travellers”, in Messico il 63% ed il 52%, in India le percentuali sono 52% e 39%. Ancora, in Australia il 48% dei viaggiatore è un “food travellers” ed il 45% un “beverage travellers”, in Usa la percentuale è la stessa per le due categorie, 47%, mentre in Australia si parla di 48% e 45%, nel Regno Unito del 45% e del 36%.
E poi ci sono Paesi dove i “beverage travellers” sono di più dei “food travellers”: è il caso dell’Irlanda (46% vs 44%), della Francia (51% vs 46%), della Germania (43% vs 40%) e della Spagna (51% vs 37%).
E anche dell’Italia che, paradossalmente, vista la ricchezza della sua cucina e l’importanza che il cibo ha per gli italiani, vede la percentuale più bassa in assoluto di “food travellers” (21%), mentre si difende bene sul fronte dei “beverage travellers” (49%).

Questo non vuol dire che per chi nasce e vive nel Belpaese l’enogastronomia non sia importante in un viaggio, al punto che il 92% degli italiani che viaggiano hanno preso parte almeno ad una esperienza enogastronomica “unica o memorabile”, e il 40% addirittura a 4 diverse. E l’81% dice
di imparare qualcosa sul cibo e sul vino quando visita un luogo, e che mangiare e bere aiuta a comprendere la cultura locale. Non è un caso se tra gli italiani, storicamente legati al tema delle origine e dei “campanili”, il profilo più gettonato sia quello “Autentico” (66%), seguito a distanza
dall’“Innovativo” (34%) e dall’ “Eclettico” (30%).
Nondimeno, il report conferma l’appeal del Belpaese enogastronomico come meta turistica: l’Italia è percepita in modo molto positivo come destinazione per l’enoturismo, entrando in quasi tutte le top ten dei Paesi intervistati, e superando - da questo punto di vista - Paesi competitor come la Francia e la Spagna. Ad esempio la Cina, bacino immenso di potenziali nuovi food traveller, indica solo l’Italia come unica meta enogastronomica al di fuori dell’Oriente. Mentre per gli Stati Uniti, il nostro Paese è la sola destinazione estera citata dagli intervistati. Si conferma al primo posto anche per i tedeschi, che addirittura segnalano a parte la Toscana e Roma tra le prime 10 mete enogastronomiche d’eccellenza.
“Il food è oggi un elemento fondamentale dell’esperienza turistica, non solo perché contribuisce significativamente al suo gradimento, ma anche perché è in forte crescita come motivazione primaria di viaggio - commenta Roberta Garibaldi, esperta a livello nazionale ed internazionale di marketing applicato al turismo enogastronomico, e “Ambassador” per l’Italia della “World Food Travel Association” - e il fenomeno andrà a rafforzarsi nei prossimi anni perché particolarmente interessati all’elemento cibo sono i giovani “Millenials”, e i turisti di paesi come Cina e India, i grandi turisti di domani. Il turista “Food and Beverage” è inoltre ad alto valore aggiunto con una propensione alla spesa più alta: sia per la spesa in food & wine nel viaggio, sia perché tende a partecipare ad altre attività quando viaggia, che perché acquista volentieri prodotti tipici da riportare a casa dopo il viaggio. Inoltre condivide maggiormente le proprie esperienze di viaggio sui social media, ed è probabile che a casa propria acquisti i prodotti che ha assaggiato nel corso della sua vacanza. L’Italia è la destinazione più desiderata: ecco che quindi diventa per noi molto interessante rafforzare l’elemento food & wine all’interno delle nostre offerte ed esperienze turistiche”.

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