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Le strade di Gianni Zonin e di Zonin1821, realtà privata più importante del vino italiano, si dividono definitivamente: con un “patto di famiglia”, riporta il “Corriere della Sera”, Gianni Zonin ha ceduto tutte le sue quote di proprietà ai figli

Il passaggio generazionale di una delle più importanti aziende del vino italiano la Zonin1821 (oltre 2.000 ettari di vigneto in 9 tenute in 7 regioni del Belpaese, dal Piemonte alla Sicilia, oltre alla americana Barboursville Vineyards in Virginia, export in 110 Paesi nel mondo, che vale l’85% del fatturato, nel 2015 a 186 milioni di euro, +16% sul 2014, ndr), in atto da tempo, si è concretizzato nella sua completezza il 23 marzo, giorno in cui la stessa azienda ha comunicato il nuovo assetto della governance che vede Domenico Zonin diventare presidente Zonin1821 al posto del padre Gianni, con i fratelli Francesco e Michele, e Giuseppe Zonin, vicepresidenti, e Massimo Tuzzi nuovo amministratore delegato, come annunciato in una lettera inviata dalla famiglia Zonin ai collaboratori dell’azienda, è solo l’ultima tappa di un percorso iniziato nei primi anni 2000 (www.zonin1821.it). Così, ha riportato il “Corriere della Sera” del 25 giugno, nelle pagine economiche, in un pezzo a firma di Mario Gerevini, le vicende dell’azienda vinicola, fino ad allora guidata da Gianni Zonin, e quella della Banca Popolare di Vicenza presieduta dallo stesso Gianni, si sono scisse in maniera completa, come si evince dal documento, riportato dal quotidiano “Corriere della Sera”, depositato dal notaio Giovanni Rizzi di Vicenza: ““il sig. Zonin Cav Lav. dr. Giovanni - è scritto - dichiara di trasferire ai propri figli la propria quota di partecipazione sia per la piena proprietà che per il diritto di usufrutto vitalizio, e ciò mediante la stipula di un patto di famiglia”, istituto giuridico disciplinato dal Codice Civile. Sulle quote delle due società viene stabilito un valore di 12,5 milioni che però resta sulla carta, non è una contropartita. Di fatto è come una donazione e Gianni Zonin garantisce che le sue azioni sono “libere da pegni, oneri, sequestri, pignoramenti e vincoli di qualsiasi genere”.

Il destino del colosso vinicolo, fondato da Domenico Zonin nel 1921, è su un cammino che sembra definitivamente separato da quello di Gianni Zonin, che ne è stato presidente dal 1967. Un percorso di crescita, quello della Zonin, partito dal Veneto, dalla tenuta storica di Gambellara, e che ha iniziato a svilupparsi in maniera organica nel 1970, con l’acquisto della Tenuta Ca’ Bolani, in Friuli Venezia Giulia, proseguito poi in Toscana, nel 1979 con Castello d’Albola, nel Chianti Classico, e poi con Abbazia Monte Oliveto a San Gimignano, terra della Vernaccia. Senza dimenticare, nel frattempo, l’acquisizione di Barboursville, in Virginia (Usa), nel 1976. A cui poi sono seguite il Piemonte, nel 1985, con Castello del Poggio ad Asti, la Lombardia, nel 1987, con la Tenuta il Bosco, nell’Oltrepò Pavese. Poi la Zonin ha guardato al Sud Italia, prima con Feudo Principi di Butera, in Sicilia, nel 1997, e poi in Puglia, nel 2000, con Masseria Altemura, nel Salento, con in mezzo l’acquisto della terza realtà toscana del gruppo, Rocca di Montemassi, in Maremma. E oggi è la prima realtà privata del vino italiano.

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