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Prima la Spagna, agli ottavi di finale, quindi, Germania ai quarti di finale, Inghilterra o Francia in semifinale e Portogallo o Croazia in finale: il cammino, del tutto ipotetico, dell’Italia, a Euro 2016, giocato da WineNews sul campo di Bacco

La prima fase di Euro 2016 è in archivio, da sabato inizia il bello, con gli ottavi di finale da dentro o fuori, fino alla finale del 13 luglio. L’Italia, dopo una partenza brillante e convincente contro il Belgio, la vittoria all’ultimo respiro contro il Belgio e la débacle nell’ultimo turno del Gruppo E contro l’Irlanda (con il primo posto girone già in cassaforte), sulla sua strada, lunedì, troverà un avversario a dir poco ostico, la Spagna, campione d’Europa in carica, con una rosa pieno zeppa di talento alla fine, però, di un lungo ciclo vincente, quindi, se dovessimo spuntarla, con ogni probabilità la Germania e, rimanendo nell’ambito delle possibilità, in semifinale potremmo trovarci di fronte Inghilterra o Francia. Sfide che, oltre al confronto sportivo, nascondono rapporti e rivalità di natura squisitamente enoica, tra partner commerciali fondamentali, e competitor da cui guardarsi le spalle.

A partire proprio dagli iberici, gli unici che affronteremo con certezza. La Spagna, infatti, è da sempre tra le potenze del vino mondiale, sotto tutti i punti di vista: prima per superfici vitate, con 1,021 milioni di ettari, terza forza produttiva del mondo, a 37,2 milioni di ettolitri, e terzo esportatore, a quota 2,671 miliardi di euro (dati Oiv 2015), è un avversario temibile, ma non imbattibile, anzi. L’Italia, dal canto suo, primeggia nella produzione, a quota 48,2 milioni e, con 5,35 miliardi di euro esportati, è saldamente al secondo posto tra i principali esportatori. E, se la visione del calcio è tanto differente, con l’estenuante tiki taka spagnolo che dovrà vedersela con la concretezza del catenaccio, il panorama enoico mostra più di qualche similitudine: noi abbiamo il Prosecco, che traina la nostra crescita sui mercati, la Spagna il Cava, un metodo classico che invece fa fatica; il Belpaese rossista ha tre Regioni di riferimento, la Toscana, con il Brunello, il Chianti Classico ed il Nobile, il Piemonte, tra Barolo e Barbera, ed il Veneto, con l’Amarone, e lo stesso succede in Spagna, con al top la Doc Rioja, la Ribera del Duero in Castilla y Leon, e la Doc Priorat, in Catalunya. Ma quali sono i fuoriclasse della sfida Italia - Spagna? Sul rettangolo verde è una sfida equilibrata, perché gli Azzurri non hanno stelle, almeno dalla cintola in su, ma la difesa è granitica, con il capitano Gianluigi Buffon e la linea Maginot interpretata da Leonardo Bonucci, Giorgio Chiellini e Andrea Barzagli, mentre la Spagna, davanti, vanta talenti assoluti, come il centrocampista del Barcellona, e vignaiolo in Castilla La Mancha, Andrès Iniesta, ma anche Cesc Fabregas, David Silva e Alvaro Morata.

E se la partita la giocassero le migliori etichette dei due Paesi? Beh, lì, forse, qualcosa cambia, in meglio, per l’Italia. Almeno secondo il ranking di “Wine Lister” (www.wine-lister.com), che sintetizza i giudizi di migliaia di etichette del mondo: se la Spagna, in attacco, schierasse il suo “campione”, l’Unico di Vega Sicilia, massima espressione della Ribera del Duero, con i suoi 963 punti, non avrebbe certo vita facile, trovandosi di fronte, tra i pali, il Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno, con 973 punti. E a poco, probabilmente, servirebbe una batteria di tre quartisti fantasiosi come il Pingus di Dominio de Pingus, sempre dalla Ribera del Duero, con 935 punti, L’Ermita di Alvaro Palacios, dal Priorat, con 911 punti, ed il Clos Mogador di René Barbier, ancora dal Priorat, con 894 punti, perché dovrebbero vedersela con tre fenomeni assoluti, tutti toscani: il Sassicaia di Tenuta San Guido, re dei super tuscan con 950 punti, il Brunello di Montalcino Case Basse (Soldera), con 950 punti, e Le Pergole Torte di Montevertine, tra le massime espressioni del Sangiovese di Toscana, a quota 949 punti.

Se dovessimo passare il turno, ai quarti di finale ci troveremmo di fronte un’altra corazzata, la Germania Campione del Mondo in carica, e secondo mercato di riferimento per l’export enoico del Belpaese (dietro agli Stati Uniti): nel Paese teutonico, nel 2015, abbiamo esportato 251 milioni di vino imbottigliato e 19 milioni di spumanti, per un totale, senza considerare lo sfuso, di 755 milioni di euro. Con un leggero calo sul 2014, ma una leadership ancora incontrastata. Insomma, un avversario da trattare con i guanti, anche se è difficile pensare di lasciare spazio ai vari Mario Goetze, Mesut Özil e Julian Draxler, un terzetto agile e sfuggente, un po’ come le acidità affilate dei migliori Riesling della Mosella, vera (ed unica ...) chicca enoica del Paese: tre nomi su tutti, sempre in base ai punteggi di “Wine Lister”, lo Scharzhofberger Riesling Auslese di Egon Müller, con 913 punti, lo Scharzhofberger Riesling Spätlese sempre di Egon Müller, con 831 punti, ed il Wehlener Sonnenuhr Riesling Auslese di Joh. Jos. Prüm, con 828 punti. Poco, troppo poco, per impensierire l’elegante muscolarità della nostra retroguardia.

A questo punto, se riuscissimo nell’impresa, difficilissima ma non impossibile, di arrivare tra le migliori quattro d’Europa, con ogni probabilità ce la dovremmo vedere o con la Francia o con l’Inghilterra. Sulla prima, che in campo mixa alla perfezione l’esplosività e la fantasia di N’Golo Kanté e Dimitri Payet (che, guarda caso, hanno fatto divertire i tifosi inglesi nell’ultima stagione), con la potenza di un “italiano” come Paul Pogba, sappiamo tutto: in campo l’ultima gioia, per i “Bleus”, risale al lontano Europeo del 2000, ma nel mondo del vino il dominio francese è indubbio. Nel 2015 le esportazioni hanno toccato gli 8,24 miliardi di euro: lo Champagne, a quota 2,6 miliardi di euro, il 4,9% in più del 2014, non sembra farsi impressionare dalle bollicine suadenti del Prosecco, e Bordeaux e Borgogna, nonostante una flessione nelle quantità, continuano a crescere in valore, rispettivamente del +2,7% e del 4,8% sul 2014. Insomma, una corazzata, che può schierare pedine dalla storia e dalla nomea roboante, dai crus di Borgogna di Domaine de la Romanée-Conti al top di Bordeaux, da Petrus a Château Haut-Brion, passando per le bollicine di Champagne come Salon Le Mesnil e Krug.

Bottiglie che non hanno certo bisogno di presentazioni, e che spesso prendono la via dell’Inghilterra, dove, nel 2015, sono finiti, da tutto il mondo, 1,37 miliardi di litri di vino, per 2,82 miliardi di sterline. Se l’Italia è prima in quantità, la Francia è di gran lunga il primo patner di Londra, con 524 milioni di sterline di imbottigliato che hanno attraversato la manica, contro i 355 milioni del Belpaese. Che, però, ha un asso nella manica: il Prosecco che, nel crollo generalizzato delle importazioni, ha spinto le spedizioni degli sparkling tricolore al +25,3% a 77,28 milioni di litri per 168 milioni di euro (+16%). Un mercato storicamente fondamentale, ma ormai maturo, talmente maturo da avere difficoltà a crescere. L’esatto contrario della nazionale guidata da Hodgson, fatta sì di esperienza, ma anche di talento e gioventù: una “carta” dei giocatori equilibrata come un menu dei vini, con il veterano Wayne Rooney, nelle vesti di un grande Bordeaux, che guiderà la freschezza, tipica del Prosecco, di talenti ancora da sgrezzare come Raheem Sterling e Marcus Rashford.

A questo punto, superato ogni ostacolo, la finale del 13 luglio. Ad arrivarci, guardando l’altra parte del tabellone di Euro 2016, potrebbe essere la vincente dell’unico ottavo di finale davvero in equilibrio, quello tra Croazia e Portogallo. Da una parte un centrocampo di enorme qualità, con Luka Modric, Ivan Rakitic e Mateo Kovacic, dall’altra il più grande talento della Vecchia Europa, Cristiano Ronaldo. In termini vinosi, da una parte una nazionale emergente, con la quale l’Italia si è confrontata, aspramente, già nel 2013: quando il Paese balcanico entrò in Europa, infatti, portò con sé il Prosek, un vino dolce da dessert, dal nome eccessivamente evocativo, vista l’assonanza con il ben più famoso Prosecco. Due prodotti ben diversi, ma l’1 luglio la Ue si espresse in favore dell’Italia: chissà che non vogliano vendicare lo sgarro. Il Portogallo, invece, dopo secoli vive ancora sui fasti del Porto, uno dei primi vini a prendere la via dell’Inghilterra, ancora al top della produzione lusitana che, tra i vini fortificati, non ha davvero rivali, mentre in campo ha serie difficoltà a rifornire adeguatamente “CR7”. Che, se fosse un vino, sarebbe senza dubbio un Vintage Port di Taylor’s, 955 punti per “Wine Lister”, che potrebbe scendere in campo con il Porto Vintage Port di Fonseca (943 punti) ed il Porto Vintage Port di Dow’s (921 punti), per una partita molto più aperta di quanto sarebbe una finale allo Stade de France di Saint-Denis contro Italia, Germania, Inghilterra o Francia ...

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