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“L’Italia deve muoversi insieme, costruire un brand forte (come Bordeaux), investire sulla cultura e sulla cucina, per cogliere le grandi opportunità che il vostro Paese ha in Asia e in Cina”: a WineNews, da Hong Kong, il dg Vinexpo Guillaume Deglise

Italia
Il dg Vinexpo Guillame Deglise

Le buone notizie sono che l’Italia del vino inizia a fare sistema e a muoversi più compatta in Asia, e che l’interesse dei consumatori del Continente, e della Cina in particolare, è sempre più alto per i vini del Belpaese. Quelle meno buone sono che ancora manca, nella percezione degli asiatici, una regione-brand ai livelli di Bordeaux, e che gli altri competitor come Australia, Cile e Spagna, già molto avanti rispetto all’Italia, corrono più forte. Ma le potenzialità sono tante, soprattutto se si lavorerà sulla diffusione della cultura e della cucina italiana, che ad eccezioni di mercati più maturi ma piccoli, come Hong Kong o Singapore, non è poi così diffusa, soprattutto in Cina, che è nettamente il mercato più importante di tutta l’area. Ecco, in estrema sintesi, la lettura del direttore generale di Vinexpo Guillaume Deglise da Vinexpo Hong Kong (24-26 maggio, www.vinexpohongkong.com), dove l’Italia è il “Paese d’onore”, e secondo espositore più grande (il 16% dei 60.000 metri quadrati totali, dietro alla Francia con il 39%), con oltre 270 cantine di ogni tipologia e dimensione, dalle piccole griffe alle grandi cooperative, da tutto il Belpaese.
“Grazie a questa attenzione particolare all’Italia - dice Deglise - abbiamo avuto molti più espositori rispetto a 2 anni fa, e sono contenti perchè abbiamo fatto tante cose mirate per il vostro Paese: seminari, degustazioni, masterclass e convegni con nomi molto importanti, come Ian d’Agata o James Suckling, con il quale proprio oggi abbiamo fatto una conferenza sulle potenzialità del vino italiano in Asia. Da cui sono emerse considerazioni importanti. Siamo partiti - spiega Deglise - dal fatto che l’Italia è l’esportatore n. 1 di vino nel mondo, ma solo il n. 5 in Cina ed Asia, dove c’è tanto da fare. E secondo Suckling, per esempio, bisogna lavorare di più sulla ristorazione italiana, che non è molto presente, ad eccezione, di Hong Kong o Singapore, che sono mercati già più maturi. Ma in Cina, per esempio non è lo stesso, ci sono pochi ristoranti italiani, la cultura italiana non è ben capita dai cinesi, e su questo bisogna lavorare: sull’immagine complessiva dell’Italia, sul far capire che è un Paese con una cultura importante a livello di cucina, arte turismo. Perchè per molti cinesi l’Italia era una sorta di “provincia” della Francia, perchè il vino francese è molto più famoso e conosciuto”.
Un lavoro difficile da fare, che il Belpaese può vedere realizzato solo se si muove unita. “E credo che qui a Vinexpo Hong Kong l’Italia abbia finalmente giocato di squadra, in maniera collettiva. Era la prima volta che proponevamo un Paese d’onore, i visitatori l’hanno vista al centro della fiera, con tante iniziative ed un progetto di insieme che di certo non ha fatto mancare la visibilità. È stato interessante per tutti”. Un lavoro che non si ferma, e che guarda al futuro, anche con partnership come quella stretta tra Vinexpo e il “Gambero Rosso”, realtà tra le più importanti della critica, dell’editoria e della promozione del wine & food made in Italy.
“Quello che si è concretizzato ad Hong Kong spero sia stato solo l’inizio di una grande collaborazione tra noi e il Gambero Rosso - spiega Deglise - con il quale c’è un rapporto molto piacevole, e spero che anche se l’Italia non sarà più Paese d’onore nelle prossime edizioni, riusciremo comunque a fare tante cose per il vostro Paese. È una partnership che nelle mie intenzioni non è stata solo per una volta.
Accordo che spero sia stato solo l’inizio di una grande collaborazione tra noi, c’è un partnership e una relazione molto piacevole, spero che anche se l’Italia non sarà più il Paese d’onore nelle prossime edizioni riusciremo a fare tante cose insieme grazie a questa partnership, che nelle mie intenzioni non è stata solo per una volta. Qui insieme abbiamo fatto masterclass e degustazioni sul Chianti Classico, sulle Regioni “emergenti” dal punto di vista dell’export, sui vini selezionati tra i “3 Bicchieri” presentati direttamente dai produttori, e anche sui distillati italiani, che in Asia, continente che è il primo consumatore al mondo della tipologia, non sono conosciuti. Oltre all’“aperitivo italiano”, a chiusura di giornata, dove abbiamo voluto raccontare anche lo stile di bere all’italiana. Ma si può fare molto di più, in quella che una partnership mirata alla promozione del vino italiano”.
In ogni caso, per un Paese come l’Italia il che ha nella complessità e nella varietà di vitigni e territori di origine la sua caratteristica più importante, la Cina, che è un mercato che ad oggi ancora preferisce prodotti semplici da capire, dall’origine celebre e dal prezzo accessibile, rimane davvero difficile da conquistare.
“È vero.
La Francia ha avuto dalla sua un marchio forte come Bordeaux, che l’Italia, qui, ancora oggi non ha. Neanche con la Toscana, che è la Regione più conosciuta, ma che non ha lo stesso impatto di Bordeaux. Qui la gente quando pensa al vino italiano, pensa all’Italia come unicum, e nulla di più. Ma le opportunità per crescere ci sono, anche perché il mercato sta cambiando realmente rispetto a pochi anni fa. Oggi c’è un consumo più “sano”, vero, reale, perché prima il vino era legato soprattutto ai regali, chi comprava la bottiglia non era la stessa persona che poi la beveva. Oggi questo sta cambiando, e i cinesi sono aperti, non guardano più solo ai vini di Bordeaux, ma anche ad altre Regioni di Francia, e ad altri Paesi, come Australia e Cile, che sono molto forti. Ma di certo anche all’Italia”.

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