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L’Italia del vino “Paese d’onore” a Vinexpo Hong Kong (24-26 maggio) cerca il cambio di passo per crescere in Asia e recuperare terreno sui competitor. Con oltre 270 cantine, seminari e degustazioni per conquistare i palati di Cina e non solo

Paese d’onore, e secondo espositore più grande (16% di 60.000 metri quadrati totali, dietro alla Francia con il 39%), l’Italia del vino, confortata da un avvio importante delle esportazioni in Cina nel 2016 (+7% in volume e +15,3% in valore secondo i dati della dogana cinese), a Vinexpo Hong Kong 2016 (24-26 maggio, www.vinexpohongkong.com), con oltre 270 cantine da tutto il Belpaese, cerca non solo di consolidare questa crescita, ma anche di cambiare marcia per recuperare posizioni sui competitor (Francia, Australia, Cile, Spagna su tutti), che,nei mercati asiatici, sono piuttosto avanti rispetto all’Italia, e corrono ad velocità nettamente superiori. Ecco perché, nello spazio della fiera francese (oltre 1300 espositori da 33 Paesi e più di 17.000 tra buyer, importatori, distributori e sommelier da tutto il mondo) coordinato dall’Italian Trade Agency (Ice), ci sono pressoché tutti nomi più importanti dell’enologia del nostro Paese: da Adami a Barone Ricasoli, da Antinori ad Allegrini, da Argiolas a Caprai, da Biondi Santi a Bisol, ad Alois Lageder a Badia a Coltibuono, da Braida a Cantina di Soave, da Le Monde a Santadi, da Cantina Valpolicella Negrar a Cantina Valpantena, da Cantine Riunite e Civ a Settesoli, da Carpineto a Castello di Fonterutoli, da Caviro a Domenico Clerico, da Cusumano a Donnafugata, da Elio Altare a Felsina, da Ferrari a Feudi di San Gregorio, da Frescobaldi a Gaja, da Lungarotti a Gruppo Italiano Vini, da LaVis a Masciarelli, da Marchesi di Barolo a Masi, da Michele Chiarlo a Fontanafredda, da Mionetto a Piccini, da Omina Romana a Provinco, da Pio Cesare a Rocca delle Macie, da Santa Margherita a Schenk Italia, da San Felice a Tua Rita, da Tasca d’Almerita a Tenuta San Guido, dal Gruppo Terra Moretti (Bellavista, Contadi Castaldi e Petra) a Terre del Barolo, da Tommasi a Umani Ronchi, da Umberto Cesari a Vie di Romans, da Velenosi a Villa Sandi, a Zonin, passando per i consorzi, dal Chianti Classico alla Valpolicella, dal Prosecco Conegliano Valdobbiadene a Piemonte Land of Perfection (che mette insieme tutti i più importanti consorzi del vino della Regione), fino ai più importanti raggruppamenti di aziende, dall’Istituto Grandi Marchi ad Italia del Vino Consorzio, dall’Associazione Italiana Export (di Business Strategies) all’Italian Wine Signature Academy (Iswa), solo per citarne alcuni.
Tanti produttori ambasciatori del vino made in Italy, come tante sono le degustazioni ed i seminari dedicati al Belpaese, tra cui spiccano quelle guidate da Ian d’Agata e dedicate al Chianti Classico Gran Selezione (vertice qualitativo di un territorio, che festeggia quest’anno i suoi 300 anni), ai vitigni autoctoni italiani e alle potenzialità d’invecchiamento di Barolo e Barbaresco; quelle firmate dal duo più autorevole della critica francese, Bettane e Desseauve, incentrate sugli “Italian Classics at their Best”, in due sessioni dedicate una al Nord e una al Centro-Sud Italia. Senza dimenticare quelle firmate “Gambero Rosso”, dalla “Masterclass on top Italian Wine - 2016 Special Award” al walk-around tasting con i “Top Italian Wine & Spirits Selected”, a quelle dedicate a Ornellaia (con gli enologi Axel Heinz e Michel Rolland, insieme al Wine Director Shangri-La Group Yang Lu), all’Amarone della Valpolicella e al Valpolicella Ripasso (di Enjoy Gourmet Incorporated), al “Conegliano Valdobbiadene, the original expression of Prosecco” (con Enjoy Gourmet Greater China), quella dei vini della Italian Wine Signature Academy (by Marco Polo Experience), quelle dedicate ai vini della Toscana, alla freschezza dei bianchi, agli aromi da scoprire, agli autoctoni e ai vini classici dell’Italian experience dell’Associazione Italiana Export, tutte guidate da Sam Chen, sommelier certificato Wset e insegnante della “Taste Italy! Wine Academy”, la prima wine school italiana interamente dedicata agli enoappassionati cinesi, firmata da Business Strategies di Silvana Ballotta a Shanghai in aprile 2016, alla “Piccola Colazione con James Suckling”, dove il celebre critico, intervistato dal Ceo di Vinexpo Guillame Deglise, parlerà delle regioni emergenti del vino italiano, e delle sfide che i produttori del Belpaese devono affrontare per promuovere meglio i loro vini in Asia.

Tutto questo per contribuire a far fare il passo decisivo al vino italiano, in mercato enorme, come quello dell’Asia, sul quale vengono dirottati tanti degli investimenti per la promozione, ma che per il Belpaese, a differenza di altri competitor, non ha ancora dato i frutti sperati.
Mercato su cui continuare ad investire, comunque, perché sarà sempre più fondamentale per il mercato del vino mondiale, come spiegano i numeri di uno studio, firmato International Wine & Spirits Research per Vinexpo. Se a livello generale l’area Asia-Pacific ha raggiunto un consumo di 264,3 milioni di casse di vino nel 2014 (+18,4% sul 2010), le cose miglioreranno ancora in una parte del mondo che oggi vale l’11% del consumo di vino mondiale, che crescerà di un ulteriore 5,2% entro il 2019. E non solo in Cina, che è il mercato più grande, ma anche in Vietnam, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Filippine e India.
E anche Hong Kong, mercato da molti considerato una porta di accesso privilegiata per gli altri Paesi asiatici e che, al di là di qualche difficoltà nel 2013, ha mostrato un trend di crescita negli ultimi anni (le importazioni di vino a Hong Kong sono passate da 366,5 milioni di dollari nel 2008 a 1,35 miliardi di dollari nel 2015, ndr).
Guidato soprattutto dagli sparkling wine +51,3% tra il 2010 ed il 2014, Prosecco e Cava in testa, e con una previsione di un ulteriore +20,7% entro il 2019, quando il consumo dovrebbe arrivare a 320.000 casse da 9 litri), e dai vini fermi leggeri ed entry level, cresciuti a discapito dei premium wines. Anche se, ovviamente, il bersaglio grosso rimane la Cina, già oggi mercato n. 5 del vino mondiale, ma dove le cose si fanno sempre più complesse. Nel 2015, per la prima volta dopo anni di crescita a doppia cifra, i consumi di vino rosso sono diminuiti di 7,2 milioni di casse sul 2014 (a quota 131,9 milioni di casse), ma a far pensare in positivo i produttori è la crescita della classe media cinese, che da qui al 2020 vedrà il numero di consumatori in età legale per bere alcolici crescere di 32 milioni di persone. Mercato del vino cinese che oggi è occupato, per l’80%, dalla produzione nazionale che però, secondo Iwsr, vedrà diminuire progressivamente il proprio peso, a favore dei vini di importazione. Ed è qui che l’Italia deve giocare meglio la sua partita, perché se il primato francese tra i vini di importazione (42%) sembra oggettivamente inattaccabile, di certo qualcosa in più si può fare rispetto a Paesi come Australia e Cile (che, però, godono di regimi fiscali agevolati) e Spagna, oggi nettamente davanti al Belpaese tra gli importatori in Cina in volume e valore e la cui crescita, ad oggi, è molto più rapida di quella dei vini tricolore.

Partendo, però, da delle consapevolezze su come funziona questo mercato, dove “vanno per la maggiore prodotti che possono essere compresi facilmente dai consumatori - spiega Demei Li, docente di Enologia alla Beijing University of Agriculture, consulente e giornalista per “Decanter” - e, a prezzi accessibili, due caratteristiche fondamentali per il mercato cinese. Poi viene la provenienza geografica. Altri elementi, come vitigno, annata, tipologia e anche gusto, sono aspetti secondari che non hanno la stessa influenza sulle scelte di consumo come prezzo e origine”.
Uno scenario complesso per l’Italia, dunque, che nella varietà di vitigni e di territori ha proprio il suo carattere distintivo. E che però, come spiegato a WineNews dal Ceo di Vinexpo, Guillame Déglise, “ha un grande potenziale di mercato, e per questo l’abbiamo scelta come Paese d’onore di questa edizione. L’Italia sta imparando a fare sistema è un Paese sempre di moda, per la gastronomia, per il vino, ma anche come destinazione turistica. Ha ancora molte cose da dire, genera interesse, come lo generano, e sempre di più, però, i vini del Nuovo Mondo, dagli Usa alla Nuova Zelanda, passando per Sudafrica ed Australia. Ma i vini del Vecchio Mondo, su tutti Italia e Francia, rimangono una forza a parte”.

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